Il Governo Draghi è nato per affrontare le emergenze che sono davanti all’immediato futuro del Paese. Mentre le misure per affrontare la crisi sanitaria con la campagna di vaccinazione di massa e le misure indispensabili per contenere i costi sociali della pandemia possiamo ritenerle difensive, la riscrittura e attuazione del Pnrr determinerà largamente la capacità italiana di tornare ad avere un ruolo centrale nella nuova fase di sviluppo economico e di integrazione europea.
Perché i progetti di investimento previsti abbiano il miglior impatto possibile è indispensabile che vengano attuate le riforme utili per avere un’impennata nella produttività complessiva del sistema Italia. Come viene spesso ripetuto, il nuovo sviluppo sostenibile richiede che ci sia un ecosistema sociale complessivo che permetta alle misure economiche di produrre tutte le loro potenzialità.
È fondamentale per ottenere i migliori risultati che vengano migliorati i sistemi giudiziario, degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro, della formazione professionale con il potenziamento del sistema duale scuola-lavoro e che i sistemi di protezione sociale siano adeguati ai mutamenti intervenuti nella società.
Centrale è pertanto anche il cambiamento che deve interessare il modo d’essere della Pubblica amministrazione. Troppo spesso il ruolo della Pa è di freno alle decisioni economiche. Non ha al suo interno le competenze tecniche in grado di applicare le nuove tecnologie. È ancora retta da principi che tutelano maggiormente formalismi arcaici dei percorsi decisionali rispetto a verifiche di trasparenza ed efficacia che abbiano al centro il risultato da ottenere. In questi gangli disfunzionali si innestano poi gli abusi di potere e le vere e proprie illegalità che spesso tengono lontani dai nostri territori scelte di investimento da parte di gruppi economici internazionali.
La questione della Pa è pertanto centrale se vogliamo che gli investimenti programmati abbiano pieno successo. Per questo il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale è stato giustamente affrontato come uno dei primi provvedimenti dal Governo Draghi. La sua utilità è proprio quella di affrontare i nodi che rendono obsoleta la macchina pubblica e metterla al servizio di una nuova fase di potenziamento della capacità di resilienza del nostro sistema socio-economico.
Tre sono i passaggi affrontati dal testo dell’accordo siglato fra Governo e organizzazioni sindacali. Con la riapertura delle assunzioni e la decisione di procedure al rinnovo contrattuale bloccato da tempo vengono tolte di mezzo le misure che, introdotte nel periodo più profondo della crisi economica, erano servite a bloccare la crescita della spesa pubblica. L’attuazione e la durata delle misure di blocco avevano però generato un impoverimento complessivo delle competenze presenti nelle amministrazioni pubbliche, spesso con squilibri notevoli fra settore e settore dettati semplicemente dalla composizione anagrafica dei componenti degli uffici. Fissati i due paletti di riapertura nelle assunzioni e nei contratti diventa centrale il passaggio che salda assieme modernizzazione della rete dei servizi pubblici e la valorizzazione delle competenze degli occupati nella Pa.
Questo passaggio vede da un lato l’impegno per operare un piano di investimenti nella digitalizzazione della Pa, per superare le fragilità che il sistema dei servizi pubblici ha dimostrato in tutta questa fase di emergenza sanitaria, insieme all’investimento sugli skills professionali. La debolezza dei servizi collettivi e del sistema informativo della Pa non ha riguardato solo il settore medico-ospedaliero territoriale, ma ha interessato tutti i settori in rapporto con la cittadinanza. Perché il nuovo impianto di servizi digitali abbia successo servono competenze in grado di utilizzare tutte le potenzialità dei nuovi sistemi.
Per i lavoratori della Pa, così come per i lavoratori di molti settori produttivi, è indispensabile un piano di formazione che metta tutti in grado di partecipare alla nuova fase di ridisegno dei servizi. Accanto alla formazione è indispensabile che le nuove assunzioni introducano nelle piante organiche professionalità oggi inesistenti nelle Pa. Per accelerare questi ingressi si ricorrerà a concorsi on line in tempi rapidi e si prevedono anche cospicue immissioni di figure specialistiche con contratti professionali privatistici.
L’attuazione del Patto sottoscritto è adesso compito del ministero per l’attuazione delle misure centrali e poi di tutte le amministrazioni territoriali per la sua attuazione. Il Patto lascia tra le righe la svolta principale che tutti attendiamo per poter valutare positivamente il cambio della Pa. È quello che possiamo chiamare il ridisegno dei servizi intorno alla centralità della persona. Oggi troppi servizi pubblici hanno sistemi di valutazione per cui il dipendente ha fatto bene se ha rispettato la procedura anche se il risultato è la negazione delle ragioni per cui il suo servizio è stato creato e spesso il sindacato ha nascosto questo problema. Abbiamo bisogno che i servizi pubblici vengano ripensati mettendo al centro la soddisfazione del bisogno per cui vengono predisposti e la loro efficacia.
Se vogliamo passare all’uso di massa delle app per i servizi e per le relazioni con i cittadini con soddisfazione e successo vi è bisogno di operare questa rivoluzione culturale con la centralità della persona. Il fallimento di Immuni e di tante app regionali per prenotare i vaccini sono lì a indicarci cosa avviene se si mette al centro il funzionario invece del cittadino.
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