Cresce l’attesa per l’Ecofin di domani in cui si discuterà della riforma del Patto di stabilità e crescita. Come ricorda l’economista Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, sul tavolo ci sarà la proposta di compromesso messa a punto dalla Spagna, presidente di turno del Consiglio dell’Ue, «che, rispetto alla proposta originaria della Commissione europea, cerca di mantenere un equilibrio tra gli obiettivi di crescita e di sostenibilità fiscale tramite un sentiero di aggiustamento fiscale lineare per i singoli Paesi, in un periodo compreso tra i 4 e i 7 anni. Vengono anche previste due clausole di salvaguardia, una nazionale e una europea, che permetterebbero di deviare dal percorso concordato, attivabili in caso, rispettivamente, di circostanze eccezionali che colpiscono le finanze pubbliche di un singolo Stato e di grave recessione economica nell’Unione».



Rispetto alle richieste italiane, manca qualunque tipo di golden rule per gli investimenti pubblici o le spese nella difesa…

Non ha trovato accoglimento la richiesta che era venuta da parte italiana e di altri Paesi finalizzata a considerare in modo differenziato alcuni investimenti pubblici e le spese per la difesa: queste ultime vengono semplicemente ritenute un fattore mitigante qualora vi sia una deviazione dal percorso di aggiustamento concordato con Bruxelles.



Sembra anche che la Germania spinga per introdurre dei vincoli più stringenti per la riduzione di debito e deficit in rapporto al Pil.

C’è la richiesta di inserire dei paletti numerici quantitativi riguardanti la riduzione annuale dei rapporti debito/Pil e deficit/Pil. In merito, l’Italia, insieme ad altri Paesi, chiede che venga mantenuto un approccio alla riforma improntato alla semplicità, com’era quello della proposta originaria della Commissione, e che la sostenibilità delle finanze pubbliche si valuti lungo tutto l’arco del piano concordato e, conseguentemente, sia consentito un aggiustamento che si concentri nella seconda parte del periodo concordato con Bruxelles, se appropriato. Del resto, è interesse di tutti che i Paesi ad alto debito raggiungano un sentiero di sostenibilità per le proprie finanze pubbliche.



Il nostro Paese rischia di trovarsi isolato nella trattativa?

L’Italia si muove in stretto contatto con la Francia, la quale pure vorrebbe una considerazione speciale per gli investimenti e le spese per la difesa. Tra l’altro è interessante rilevare che all’interno del Governo tedesco sembra esserci una posizione differente tra il Cancelliere, propenso a chiudere il dibattito sulla base di valutazioni politiche di tipo olistico, e il ministro delle Finanze, allineato su posizioni più rigoriste e apertamente antagonistiche nei confronti di alcuni Paesi membri.

L’ultima parola spetta comunque al Consiglio europeo, quindi al Cancelliere, non all’Ecofin dove siedono i ministri delle Finanze…

Dalle informazioni che trapelano sembra difficile che all’Ecofin di questa settimana si possa raggiungere un accordo, anche se la discussione sarà importante ai fini del negoziato. Dal momento che l’impasse non è tanto su questioni tecniche, ma su valutazioni di tipo politico – quale deve essere l’equilibrio tra crescita economica e rigore fiscale di breve termine – è più naturale che il compromesso venga raggiunto tra i capi di Governo. E a tal proposito non va dimenticato un particolare.

Quale?

L’Italia e altri Paesi hanno fornito il loro assenso a un allentamento della disciplina sugli aiuti di Stato di cui la Germania ha beneficiato: una posizione che, a suo tempo, si diceva che avrebbe trovato una compensazione nell’ambito della riforma del Patto di stabilità. Alla fine questa discussione sta assumendo una dimensione sempre più politica e anche per questo, credo, il compromesso verrà raggiunto a livello di capi di Governo. A metà dicembre o più avanti.

Non sembra esserci molto tempo: un accordo va trovato entro la fine dell’anno, prima che scada la sospensione delle attuali regole del Patto di stabilità.

Il tempo si sta assottigliando ed è anche normale che gli attori in gioco cerchino di conservare le proprie carte fino all’ultimo momento. In questo senso si continua a dire che un accordo va raggiunto entro il 31 dicembre, ma, pur non essendo un giurista, credo che nulla vieti che l’accordo venga raggiunto successivamente a tale data e con eventuali effetti retroattivi.

Nel caso dell’Italia, quali sarebbero le carte che si potrebbero giocare all’ultimo momento?

Un’eventuale ratifica parlamentare della riforma del Mes, condizionata a una riforma del Patto di stabilità che sia compatibile con gli interessi dell’Italia, credo che possa essere sul tavolo.

La prossima settimana si terrà l’ultima riunione del Consiglio direttivo della Bce del 2023. Cosa dobbiamo aspettarci?

Tutti gli indicatori puntano su una sostanziale disinflazione in atto, sia nell’Eurozona che negli Stati Uniti. Stiamo, inoltre, assistendo a una diminuzione dei rendimenti di mercato dei bond in quanto gli investitori cominciano a prezzare un taglio dei tassi. Dopo che per mesi ci si era concentrati su quando ci sarebbe stata un’interruzione nel rialzo dei tassi, ora la discussione si va spostando sul momento in cui comincerà la loro discesa. In questo contesto i falchi cercheranno di mantenere l’attuale regime di alti tassi per il maggior tempo possibile.

Quando ci potrà essere un taglio dei tassi da parte della Bce?

Verosimilmente la Bce taglierà i tassi dopo che avrà cominciato a farlo la Fed. In ogni caso, va tenuto in considerazione il fatto che agli occhi dei falchi la permanenza di uno schema di politica monetaria non convenzionale, quale il reinvestimento dei titoli giunti a scadenza nell’ambito del Pepp, tende a posticipare il momento di riduzione dei tassi. Potrebbero, quindi, chiederne la rimozione prima di dare il loro assenso a una graduale discesa dei tassi. È possibile, pertanto, che, in una sorta di scambio, la scadenza di questo programma di riacquisto dei titoli di stato, attualmente prevista a fine 2024, venga anticipata in modo da favorire, tra qualche mese, una decisione di riduzione dei tassi da parte del Consiglio direttivo della Bce.

(Lorenzo Torrisi)

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