LA POSIZIONE DEL MEF
Il Governo ancora non si è espresso chiaramente sulle misure che intende adottare in tema di riforma pensioni per il post-Quota 100. Secondo Il Sole 24 Ore, si continua “a guardare con un certo distacco alle varie ipotesi circolate nelle ultime settimane con l’obiettivo di attivare dall’inizio del 2022 un meccanismo di uscite flessibili”. Questo perché tutte comportano comunque un costo per le casse dello Stato che potrebbe non essere indifferente in un momento in cui il Mef sente che l’Europa continua a vigilare “con attenzione sui costi del nostro sistema pensionistico e sulla sua sostenibilità nel medio periodo”. Al momento, quindi, parrebbe essere preferibile “il ritorno in toto alla ‘Fornero’ aprendo varchi d’uscita anticipata per i lavori gravosi e prorogando, in versione rafforzata, altri strumenti come l’Ape sociale e Opzione donna”. Questa è però la posizione del Mef e non è da escludere che da alcuni partiti della maggioranza arrivino pressioni per ulteriori misure che consentano pensionamenti anticipati.
CAZZOLA: “IRRESPONSABILE ABBASSARE ETÀ PENSIONI”
«La politica, dice, ha consapevolmente sacrificato il sostegno alla famiglia per finanziare il sistema pensionistico»: così su “Formiche.net” Giuliano Gazzola attacca la politica e le possibili richieste di riforma pensioni che abbassino ulteriormente l’ingresso nel mondo pensionistico. Per il giuslavorista e professore, il tema della natalità resta primario per capire il grado di emergenza che incorre anche nel sistema pensioni italiano: «quanto le politiche per la famiglia, in Italia siano state sacrificate sull’altare sacrilego delle pensioni […] é da irresponsabili pensare di abbassare l’età media di pensionamento. Al sostegno dei figli e della famiglia il welfare all’italiana dedica circa il 4% dell’intera spesa sociale che é la metà di quella media europea». Come documentò la Cei in un saggio pubblicato da Laterza, conclude Cazzola citando i dati della Chiesa italiana «dal 1996 al 2010 la riallocazione di risorse destinate alla famiglia, in senso lato, ha finanziato il sistema pensionistico per un ammontare che, a prezzi 2008, mobilitò e trasferì un volume finanziato pari a circa 120 miliardi di euro». (agg. di Niccolò Magnani)
L’USO DELLE RISORSE RISPARMIATE DALL’INPS
In un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Milena Gabanelli e Simona Ravizza focalizzano l’attenzione sul tortuoso iter necessario per essere dichiarati invalidi non autosufficienti dall’Inps e avere diritto a prestazione assistenziali che troppo spesso vengono scaricate sui familiari. Secondo gli autori, “senza spendere un euro in più, ma solo riorganizzando il sistema si possono assistere meglio 590.000 anziani in più. Ma dal totale restano sempre esclusi un milione di non autosufficienti. Sarebbe, dunque, giusto indirizzare verso l’assistenza quel miliardo di euro in pensioni all’anno che l’Inps sta risparmiando sui morti Covid”. Bisogna infatti ricordare che “la riduzione della spesa pensionistica calcolata per il 2020 è di 1,11 miliardi di euro” e se si proietta tale cifra “sul decennio 2020-2029 sulla base delle aspettative di vita rilevate dalle tavole di mortalità Istat 2019, arriviamo ad un totale di circa 11,9 miliardi di pensioni che nei prossimi 10 anni non verranno erogate”.
I NUOVI TEMPI DI LAVORAZIONE DELL’INPS
Come spiega Avvenire, l’Inps ha aggiornato il proprio Regolamento che definisce i tempi di lavorazione delle diverse prestazioni. È dunque utile sapere che, a valle di tutte le recenti misure di riforma pensioni, nel “nuovo” Regolamento “sono stati elencati 57 ‘prodotti’ che spaziano dai contributi alle pensioni e che rappresentano altrettante richieste degli utenti da definire entro tempi prestabiliti. Così, una pensione di vecchiaia oppure di anzianità (vecchiaia anticipata) deve essere definita in 55 giorni, ma in 85 giorni se interviene una convenzione internazionale. La pensione ai superstiti impiega 50 giorni, l’assegno ordinario di invalidità 85 giorni e la pensione di inabilità 85 giorni comprendendo gli accertamenti sanitari, ecc.”. Vittorio Spinelli, autore dell’articolo, evidenzia che “tutti i tempi si allungano in caso di cumulo o totalizzazione di contributi. In ogni caso ogni domanda deve essere già presentata con tutti i dati necessari, altrimenti, dopo aver inviato i documenti mancanti, inizia di nuovo il conteggio dei giorni standard”.
RIFORMA PENSIONI, 10 PROPOSTE DI PLUS24
Plus24, inserto del Sole 24 Ore, ha presentato 10 proposte su misure utili a convincere i giovani a iscriversi alla previdenza complementare. La prima è quella di consentire ai genitori di dedurre dall’imponibile tutto quel che versano nel fondo pensione dei figli fino a 18 anni. La seconda e la terza constano di un versamento che lo Stato si impegnerebbe a effettuare nei fondi pensioni di giovani autonomi o professionisti o lavoratori dipendenti che portino il Tfr alla previdenza complementare. La quarta si realizzerebbe con il raddoppio del contributo datoriale al fondo nei primi anni di lavoro. La quinta prevede lo storno della commissione di gestione per i giovani. La sesta passa da un credito di imposta pari al contributo versato al fondo pensione per gli under 35.
IL FUTURO PREVIDENZIALE DEI GIOVANI
La settima proposta passa da benefici fiscali per i giovani che scelgono linee di investimento legate alla sostenibilità. L’ottava consiste nell’innalzare l’ammontare della deducibilità fiscale ad almeno 10.000 euro. La nona proposta è rappresentata dallo stop all’applicazione di un’aliquota del 20% (12,5% sui titoli di stato) sul risultato netto maturato dai fondi. Infine, si chiede di abbinare garanzie collettive caso morte, invalidità e Ltc all’adesione alla previdenza complementare. Come si vede queste dieci proposte vanno ben oltre quelle finora ipotizzate nel dibattito sulla riforma pensioni e sembrano guardare al futuro dei giovani a tutto tondo se pensiamo all’ultima proposta che guarda anche alle tematiche più ampie del welfare.