I BENEFICIARI DI QUOTA 100

Il Sole 24 ore ha riportato questa mattina gli ultimi dati dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (ente a sé stante dai partiti e dalle maggioranze parlamentari, ndr) in merito alle previsioni sull’utilizzo della riforma Quota 100 per poter accedere alle pensioni nel 2020: ebbene, i beneficiari saranno circa  246mila soggetti, un netto 19% in meno rispetto ai 300mila previsti dal governo Lega-M5s che ha partorito. Di questi però che usciranno dal lavoro nell’anno che viene tramite la riforma pensionistica gialloverde, bene 121mila sono dipendenti privati, 58mila sono autonomi mentre 67mila sono lavorati nel settore del pubblico: anche su questo l’UpB, riporta il Sole 24 ore, riporta la spesa “indicativa” di 5,4 miliardi, valore intermedio tra quelli di Inps e governo. Una volta però arrivati a consuntivo i numeri – segnala l’Ufficio – potrebbero anche essere superiori: infatti potrebbe aumentare l’uscita in pensione di chi ha i requisiti minimi, «oppure scendere il tasso di rigetto delle domande da parte dell’Inps (nel 2019 al 14%)», riportano i colleghi del quotidiano milanese. (agg. di Niccolò Magnani)



INPS, IL COSTO “RIVISTO” DELLA RIFORMA QUOTA 100

Nell’ultimo Bilancio preventivo, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps ha approvato una nuova stima – al ribasso – per la riforma pensioni di Quota 100: si ha di fatto una frenata cospicua alla legge approvata dal primo Governo Conte, con il bilancio che scende a 5,2 miliardi di stima spesa per il 2020. Si tratta di fatto di circa 600 milioni di euro in meno rispetto a quanto indicato nella relazione del Ddl di Bilancio alla voce “Quota 100”: meno uscite con Quota 100, meno copertura del fisco, ma purtroppo non l’equivalente (e sperata) minor spesa sulle pensioni. Come spiega lo stesso bilancio Inps, «Le prestazioni «mutualizzate» passeranno da 231,3 a 233,1 miliardi (+0,8%). E nonostante le oltre 834mila pensioni che saranno eliminate, a fine 2020 ci ne saranno 59mila in più da sostenere, per un totale di 17.885.513». (agg. di Niccolò Magnani)



GNECCHI, IL RILANCIO SULLE PENSIONI

La prossima vicepresidente dell’Inps Maria Luisa Gnecchi (manca ormai solo l’ok della Corte dei Conti, ndr) è stata una delle protagoniste principali della riforma pensioni targata Cesare Damiano della scorsa legislatura e nei prossimi anni potrebbe, dal ruolo privilegiato di numero 2 dell’Istituto, tracciare le linee per una necessaria nuova svolta previdenziale per il nostro Paese. In una lunga intervista a Repubblica l’ex parlamentare del Pd ha ribadito i punti cardine e le urgenze su cui intervenire al più presto: «bisognerà dare maggiore importanza ad alcune categorie di lavori particolarmente gravosi. D’altronde, operai e macchinisti dei treni non hanno certamente la stessa aspettativa di vita di un dirigente», spiega la Gnecchi. Non solo, la prossima vicepresidente Inps si dice del tutto concorde con il presidente Tridico nel dotare il sistema previdenziale di «misure flessibili che tengano in considerazione le differenti tipologie di professioni ed attività». Dando poi una “stoccata” al M5s (e al “papà” di quella riforma, nonché lo stesso Tridico) la Gnecchi annuncia di voler rivedere Quota 100 «deve essere più sostenibile», con l’ipotesi che vedrebbe l’età passare da 62 a 64 anni e con il limite contributivo che potrebbe scendere fino a 36 anni. (agg. di Niccolò Magnani)



RIFORMA PENSIONI, LA PROPOSTA DI RAITANO

Da più parti si parla di una revisione della riforma pensioni con Quota 100 da far partire anche prima della sua scadenza, in virtù anche della volontà dell’esecutivo di aprire un confronto sulla previdenza. Per Michele Raitano è l’occasione per tornare “a parlare di pensione contributiva di garanzia per i giovani”. Il Professore di Politica economica alla Sapienza di Roma ha spiegato a Repubblica che bisognerebbe fissare “un livello – ad esempio nessuno può avere una pensione inferiore a 900 euro a 66 anni e 42 di contributi – e poi calcoliamo tutte le combinazioni per età e versamenti. Se sei sotto quel tetto, lo Stato integra la differenza. Oltre a riconoscere sconti di contributi, ad esempio alle donne per la maternità o il lavoro di cura e ai lavoratori precari”.

LE PAROLE DI TRIDICO

Dal suo punto di vista occorre poi considerare “che i giovani di oggi non avranno l’integrazione al minimo. E che potranno anticipare la pensione solo se il futuro assegno sarà superiore, a seconda dei casi, di 1,5 o 2,8 l’assegno sociale”. Una norma “che ora va eliminata”. Sul tema Pasquale Tridico, in un’intervista al Messaggero, ha spiegato che “il ministero del Lavoro sta pensando ad una legge delega nella quale inserire un fondo che sostenga, in modo anticiclico, le pensioni del futuro. Soprattutto quelle dei giovani con carriere non continue. L’idea è permettere a chi ha redditi bassi o instabili oggi di avere anche una pensione integrativa domani, con defiscalizzazioni maggiori, e strumenti che vadano ad integrare la pensione obbligatoria proprio per i periodi in cui si è versato di meno”.