La riforma pensioni del 2022 prende finalmente una forma, dopo che il governo Draghi ha deciso di non includerla nella presentazione del def il 7 aprile scorso, gettando il resto del paese e le classi sociali nel panico.

Riforma pensioni 2022: un problema di priorità

Tra chi temeva di andare in pensione a 67 anni, con il ritorno della riforma pensioni della Fornero che, dopo l’abolizione della quota 100, sarebbe inevitabilmente subentrata. Ma poi si è fatta largo l’idea che la riforma pensioni sarebbe stata rielaborata soltanto dopo aver trattato le misure di emergenza nel primo semestre dell’anno. Quindi le bozze sarebbero poi state introdotte nella nota di aggiornamento del Def, a settembre 2022. Del resto il governo Draghi aveva già espresso la volontà di superare la legge Fornero, quindi un ritorno al passato sarebbe stato un ennesimo fallimento. Purtroppo però la guerra ha cambiato l’ordine delle priorità: tra il caro carburanti e il caro energia che pesano sulle famiglie sulle imprese, l’inflazione che galoppa e la contrazione dei consumi che si determina infatti, il pensionamento a 62 anni sarebbe costato troppo alle casse dello stato.



Riforma pensioni 2022: la proposta dei 64 anni

La proposta che più si sta facendo largo sui tavoli delle trattative è una pensionamento a 64 anni con un taglio del 3% per ogni anno di anticipo. La pensione scatterebbe almeno con 20 anni di contributi. La riforma pensioni 2022 tuttavia scontenta alcuni sindacati: infatti Paolo Capone, segretario generale del UGL aveva fatto notare che da 10 anni in Italia si va in pensione a 67 anni di età, ma in altri paesi europei la media raggiunge i 63 anni, ben un anno prima della riforma 64 anni.



Riforma pensioni 2022: chi è penalizzato

Tuttavia la proposta di quota 41 avvantaggia davvero tutti? Attualmente il corpus integrale dei lavoratori è caratterizzato da una vita lavorativa discontinua. La discontinuità contributiva quindi rischia di penalizzare chi 41 anni di lavoro non li potrà mai raggiungere ad esempio coloro che hanno numerosi anni di disoccupazione è solo 5 anni di contribuzione nella fascia 20 – 30 anni. Per questa categoria ci si aspetta l’integrazione e la normativa concernente la previdenza complementare, sempre sperando che basti.

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