Come sappiamo il governo Draghi a dovuto abbandonare l’ipotesi di attuare anche per l’anno 2022 una riforma pensioni che sarebbe stato attiva a partire dal gennaio 2023 e rivolta tutti lavoratori che avrebbero potuto usufruire per poter uscire fuori dal mercato del lavoro e godere di un assegno mensile.
Riforma pensioni 2022: i motivi dello stallo
Purtroppo, durante la conferenza stampa di presentazione del documento di economia e finanza il 7 Aprile 2022, il governo Draghi non ha minimamente citato la riforma pensioni, gettando tutte le parti sociali e i sindacati nel panico, dal momento che erano ormai mesi che si discuteva se introdurre una norma che garantisse il pensionamento a 62 anni. Poi è stata la volta dell’abolizione della quota 102 che è seguita dalla bocciatura di quota 100. Abolite anche le proposte di pensionamento a 62 o 64 anni finché non è intervenuta la Lega proponendo la quota 41 che, in realtà, era già prevista dalla riforma pensioni della Fornero. Sicuramente quota 41 avrebbe garantito la flessibilità in uscita per tutti coloro che erano in grado di raggiungere i 41 anni di contributi, Ma tagliava definitivamente fuori le donne con discontinuità contributiva, come anche molti giovani.
Riforma pensioni 2022: la proposta di Tridico
A seguito delle ipotesi di riforma pensioni come quella di Tridico che mette insieme il positivo di ciascuna proposta avanzata dalle singole parti sociali in questi mesi, sembra che sia definitivamente tramontando la quota 41 per tutti. Quota 41 avrebbe garantito di recuperare un anno e 10 mesi per le donne e soltanto 10 mesi per gli uomini. Per cui sembrava, almeno all’inizio, meno onerosa di quota 100 che invece avrebbe necessitato di una spesa di 23 miliardi oltre ai 18 miliardi entro il 2025. Ma l’INPS ha bocciato l’ipotesi di quota 41 per tutti oltre alla flessibilità in uscita a 64 anni in cambio del ricalcolo contributivo benché quest’ultima ipotesi costerebbe meno di quota 41.
L’unica speranza che rimane è la proposta della pensione divisa in due quote di Pasquale Tridico, che permetterebbe di ottenere una flessibilità in uscita senza gravare fortemente sui conti dello Stato. Questa proposta costerebbe circa 3 miliardi di euro rispetto ai 9 miliardi che l’Inps ha considerato per quota 41.