IL DLGS SUL PEPP
Come scrive Italia Oggi, “è in arrivo ‘Pepp’ (prodotto pensionistico individuale paneuropeo), un piano di previdenza individuale caratterizzato dalla piena portabilità tra tutti i paesi europei.
Sarà un prodotto previdenziale ad adesione e contribuzione volontaria (cioè appartenente al pilastro delle pensioni integrative), al quale però non sarà consentito versare il trattamento di fine rapporto lavoro (tfr). Lo prevede la bozza di dlgs che recepisce la direttiva Ue n. 1238/2019, all’esame del preconsiglio dei ministri”. Il Pepp sarà quindi “un prodotto aggiuntivo alle forme pensionistiche ad adesione individuale (di cui agli artt. 12 e 13 del citato dlgs n. 252/2005: fondi pensione aperti ad adesione individuale e Pip, piani pensionistici individuali realizzati dalle compagnie di assicurazione), senza incidere sugli schemi pensionistici nazionali, obbligatori o aziendali o professionali”. Inoltre, “per quanto concerne le prestazioni, viene prevista anche la Rita” e i contributi “saranno deducibili fino a 5.164,57 euro all’anno”.
I DATI COVIP SULLE PENSIONI COMPLEMENTARI
Mentre la politica resta ancora sul “chi va là” per attuare le prossime importanti (e molto attese) decisioni sulla riforma pensioni 2022-2023, restano ovviamente alquanto battute le strade “alternative” ad una pensione di vecchiaia o anche ad un anticipo pensionistico.
Il presidente della Covip (la Commissione di vigilanza sui fondi pensione) in audizione alla Commissione Bicamerale di controllo sugli Enti Previdenziali ha spiegato come per l’anno appena concluso l’offerta di strumenti di previdenza complementare in Italia è stata nettamente in aumento. «Alla fine del 2021, l’offerta di strumenti di previdenza complementare, nel nostro Paese, si compone di 349 forme pensionistiche», spiega il n.1 della Covip, Mario Padula: «33 fondi negoziali, 40 aperti, 72 Piani individuali pensionistici (Pip) “nuovi”, 204 fondi preesistenti ed il numero delle forme pensionistiche operanti nel sistema è andato progressivamente riducendosi, per effetto di operazioni di concentrazione, soprattutto nel settore dei fondi preesistenti». Questo fenomeno, chiarisce il presidente della Commissione è da considerare «con favore, in quanto consente di realizzare miglioramenti di efficienza ed economie di scala, che possono tradursi in riduzioni dei costi e in innalzamento della qualità della gestione e dei servizi offerti agli iscritti». Sulla base di stime ancora preliminari, il dato complessivo di italiani iscritti alla previdenza complementare ha raggiunto lo scorso anno quota 8.8 milioni di cittadini: «il numero di iscritti ai fondi pensione nel nostro Paese corrisponde un totale di posizioni in essere a fine anno di circa 9,7 milioni, comprendendo anche le posizioni doppie o multiple che fanno capo allo stesso iscritto, posizioni che è necessario monitorare per avere un quadro più preciso della effettiva partecipazione alla previdenza complementare», ha concluso Padula nella sua relazione. (agg. di Niccolò Magnani)
OPZIONE DONNA, NESSUN CUMULO GRATUITO
Come ricorda la Fondazione Studi Consulenti del lavoro rispondendo a un quesito posto da un lettore del sito di Repubblica all’esperto pensioni, “per accedere al metodo sperimentale cd. opzione donna non può essere utilizzata né la totalizzazione ex D.Lgs. n. 42/2006 né il cumulo contributivo come modificato dalla Legge n. 232/2016. Dal momento che tali opzioni gratuite non sono percorribili, l’unica possibilità, per potere maturare il requisito contributivo al 31.12.2021, è rappresentata dalla ricongiunzione onerosa ai sensi della Legge n. 45/1990 con la quale tutti i contributi maturati” in altre gestioni “saranno portati in Inps, previo pagamento di un onere di ricongiunzione, variabile in base all’entità dei contributi e al beneficio determinato sull’importo lordo di pensione. La pensione finale sarà comunque calcolata con metodo di calcolo contributivo”. La Fondazione evidenzia quindi che “risulterebbe meno dispendioso riscattare la laurea con formula agevolata”, sempre che sia possibile e non si sia già provveduto in tal senso.
IL BILANCIO DELL’ENPACL
L’assemblea dei delegati ha approvato nei giorni scorsi all’unanimità il bilancio consuntivo 2021 dell’Enpacl, l’ente di previdenza e assistenza per i consulenti del lavoro. Come riporta Labitalia, “l’Enpacl nel 2021 ha erogato oltre 11.000 assegni pensionistici. Va sottolineato che l’Ente riconosce ai fini pensionistici, unico nel panorama della previdenza dei liberi professionisti, ben il 75% della contribuzione integrativa versata dagli iscritti”. Il presidente Alessandro Visparelli spiega che “il bilancio 2021 conferma la sostenibilità dei conti dell’Enpacl e il nostro impegno per garantire pensioni adeguate agli iscritti, i quali hanno saputo reagire alle difficoltà generate dalla pandemia, anche grazie all’aiuto concreto del loro ente di previdenza. Nei due anni di emergenza epidemiologica, l’Enpacl ha riversato agli iscritti, oltre ai sussidi a carico dello Stato, ben 30 milioni di euro, sia sotto forma di sostegni economici sia di interventi orientati allo sviluppo della professione”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI ALOISI
Maria Antonietta Aloisi, Segretaria generale della Fnp-Cisl Romagna, ricorda, come riporta ravennanotizie.it, che “le pensioni hanno registrato anche negli anni della pandemia una tenuta maggiore rispetto ai redditi dei lavoratori, anche se l’aumento del costo della vita, specialmente del gas, hanno inciso tantissimo sui pensionati, che stando più tempo a casa hanno sempre tenuto accesi i termosifoni ricevendo delle bollette molto alte”.
A preoccupare, però, “è la prospettiva di lungo periodo: bassi redditi porteranno certamente a pensioni più basse nei prossimi decenni e sappiamo bene come ad oggi siano i pensionati ad essere la struttura portante delle famiglie, soprattutto a livello economico. Sono i pensionati ogni giorno i veri ammortizzatori sociali del nostro Paese”.
RIFORMA PENSIONI, LA MISURA PER EVITARE PENSIONATI POVERI DOMANI
La sindacalista evidenzia poi che “l’aumento dei prezzi incide ovviamente anche sulle pensioni, la cui rivalutazione avvenuta da gennaio 2022 dell’1,7% certamente non compensa i tanti anni in cui nemmeno un euro è stato dato per adeguare le pensioni all’aumento del costo della vita”. Anche per questo la richiesta che viene dal sindacato “è rendere obbligatoria la pensione complementare, per evitare che i nostri figli e nipoti vadano in pensione con meno della metà dell’ultima retribuzione.
Inoltre sappiamo che sono principalmente i pensionati e i lavoratori dipendenti a contribuire al sistema fiscale italiano. È quindi fondamentale far sì che si ottenga una riforma fiscale che dia più risorse a lavoratori e pensionati, favorendo i consumi e combattendo l’evasione fiscale, per una equa distribuzione delle ricchezze”.
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