PENSIONI, AUMENTANO I COEFFICENTI DI TRASFORMAZIONE
Come spiega Il Sole 24 Ore, “chi si pensionerà nel prossimo biennio beneficerà di un importo di partenza più alto rispetto a quello che, a parità di condizioni, è stato determinato nel 2011-12. Conseguenze dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo che saranno applicati nel prossimo biennio e che risentono della riduzione della speranza di vita registrata di recente, anche a causa dell’epidemia di Covid-19. Poiché secondo le regole del nostro sistema previdenziale c’è la prospettiva di vivere meno a lungo, il metodo di calcolo contributivo determina un assegno più generoso, in quanto sarà corrisposto per meno tempo, con effetti che iniziano a farsi sentire sui pensionandi del 2023”. Il quotidiano di Confindustria aggiunge che i coefficienti del prossimo biennio “sono più vantaggiosi del 2-3%, in base all’età, di quelli immediatamente precedenti (ma non solo, dato che sono molto simili a quelli del 2016-18)”. Tra due anni si potrà capire se si tratta di una “parentesi” oppure di un’inversione di trend.
AUMENTI PENSIONI DAL 2023: LE FASCE DELL’INPS
Con la circolare n. 135 del 22 dicembre 2022, l’Inps ha reso noto le tabelle sugli aumenti delle pensioni dal 3 gennaio (primo giorno di pagamento degli assegni nel nuovo anno): in attesa dell’approvazione della Manovra 2022 e del possibile inserimento della riforma pensioni di Opzione Donna con nuove modifiche in Milleproroghe, l’Inps illustra quali saranno le novità per gli aumenti pensionistici nel 2023 a fronte della rivalutazione effettuata al 7,3%. Nel nuovo modello approvato dal Governo sono previste 6 fasce generali: si parte dai 2.100 euro lordi al mese per chi avrà adeguamento all’inflazione al 100%, si scende poi all’85% per gli assegni pari o inferiori a 5 volte il minimo, ossia 2.626 euro.
Più strette le altre 4 fasce decise dall’Inps dopo la riforma aumenti pensioni del Governo Meloni: adeguamento del 53% previsto per gli assegni fino a 3.150 euro (5-6 volte il minimo); 47% per gli quegli assegni fino a 4.200 euro (6-8 volte il minimo); 37% per gli assegni fino a 5.250 euro (8-10 volte il minimo); rivalutazione al 32% infine per tutti gli assegni pensioni superiori a 10 volte il minimo. (agg. di Niccolò Magnani)
DURIGON SU OPZIONE DONNA
Intervenendo alla trasmissione 24 Mattino, in onda su Radio 24, Claudio Durigon ha parlato anche di riforma delle pensioni, spiegando che “sulla manovra purtroppo non ci sono più margini per Opzione Donna, speravo di riuscire a gestire questa fase ma le varie coperture della Ragioneria ci ha bloccato dal dare questa risposta. Abbiamo ancora qualcos’altro per poter cambiare nel decreto Mille Proroghe, stiamo lavorando, la nostra volontà è dare risposte se troviamo le coperture. È solo una questione di trovare le coperture per rinnovare Opzione Donna, il problema è pluriennale, servono 80 milioni nel 2023 poi aumenta a 250 milioni nel 2024”. Il sottosegretario, dunque, non esclude che ci possa essere un ritorno alla “vecchia” versione di Opzione donna tramite il Decreto milleproroghe che verrà discusso in Parlamento a gennaio. In quel mese, ha annunciato Durigon, è previsto anche un decreto relativo al Reddito di cittadinanza.
LE PAROLE DI GRIMALDI (AVS)
Intervistato dal Manifesto, Marco Grimaldi, capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra italiana in commissione Bilancio alla Camera, evidenzia, a proposito della Legge di bilancio, che “Giorgetti fin dal primo momento ha parlato solo di ‘prudenza’. E così è stato: la Fornero è ancora lì, gli extraprofitti sono stati diminuiti nonostante sette aziende siano sotto inchiesta per aver truffato gli italiani cambiando i contratti sull’energia. È una manovra che mette le mani nelle tasche dei pensionati e colpisce i più poveri e non interviene sulla pandemia salariale. Anche l’aumento delle pensioni minime solo per un anno per gli over 75 avviene tagliando un mese di Reddito di cittadinanza”. Grimaldi parla di una nota di speranza a proposito del “congedo di maternità di 5 mesi che volevamo trasformare in congedo di genitorialità. Rispondendomi il governo ha ammesso l’esistenza di un gender gap di 600 euro mensili. Poi ha trovato la copertura sul 6° mese: potrà assentarsi dal lavoro l’uomo. In questo modo non togliamo la ricattabilità verso le donne, ma c’è più parità”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI DAMIANO
Secondo Cesare Damiano, con la Legge di bilancio “non è stato prodotto un intervento incisivo” in materia di riforma delle pensioni. L’ex ministro del Lavoro, intervistato da pensionipertutti.it, spiega infatti che “la legge Fornero non è stata assolutamente cancellata in quanto chi non raggiunge quel traguardo contributivo sarà costretto a stare dentro i termini di quella normativa: anche con un minimo di 20 anni di contributi, potrà andare in pensione, per vecchiaia, a 67 anni. Dunque, al contrario di quanto ripetuto ossessivamente da Salvini, la legge Fornero non è stata né riformata né, men che meno, abolita. È in piena vigenza con tuttora sua indiscriminata ‘porta’ d’uscita a 67 anni. Flessibilità zero”.
LA CRITICA AL GOVERNO
Per Damiano, la Legge Fornero si può superare davvero “semplicemente introducendo un principio di flessibilità del sistema. Un principio generale che riguardi tutti i lavoratori. Sia che svolgano lavori usuranti o gravosi, per i quali esiste già una disciplina di legge, sia che esercitino mansioni ‘normali’”. L’esponente dem fa anche notare che “il Governo, affermando di voler aiutare la parte più debole della popolazione, a partire dai pensionati, in realtà, ancora una volta, utilizza le pensioni come un ‘bancomat’ al quale attingere”. lnfatti, “il taglio della rivalutazione all’andamento dell’inflazione che il Governo ha proposto, soltanto in questo 2022, farà risparmiare una cifra che ruota attorno ai 2 miliardi di euro”. E solo la metà circa verrà utilizzata per interventi sulla previdenza.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.