LE PAROLE DI LICHERI
Secondo Ettore Licheri, “il Governo che sulle pensioni sta dando i numeri, neanche stessimo giocando a tombola, si dimentica totalmente dei giovani. Da tempo il Movimento 5 Stelle ha lanciato la proposta di istituire un fondo per finanziare la pensione di garanzia per i più giovani con carriere discontinue e precarie. Ciò perché, secondo il Censis, 5,7 milioni di precari, neet e working poor, rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà”. Il Senatore pentastellato evidenzia che “in questi mesi abbiamo più volte sentito esponenti della maggioranza, a iniziare proprio da Giorgia Meloni, parlare dei giovani. Non solo nei primi provvedimenti del Governo non c’è nulla per loro, ma il fatto che dal dibattito sul superamento della Legge Fornero sia totalmente scomparso il tema della pensione di garanzia la dice lunga su qual è l’orientamento di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia”. Licheri però rassicura sul fatto che “il M5S è già al lavoro per colmare questo vuoto”.
DAMIANO CRITICA LA RIFORMA PENSIONI IN MANOVRA
In attesa di conoscere nel Consiglio dei Ministri convocato per questa sera alle 20.30 cosa entra in Manovra sul fronte riforma pensioni, le forze politiche si dividono sull’ipotesi formulata dal Governo Meloni di una Quota 103, “mix” tra la Quota 102 attiva fino a fine 2022 e la Quota 41 (che entrerà poi a regime dal prossimo anno). Sentito da “Il Manifesto” sulla bozza finora emersa, l’ex Ministro del Lavoro in quota Pd Cesare Damiano contesta l’impianto messo in piedi dal Governo sul fronte pensioni.
«Richiedendo 62 anni d’età, penalizza i lavoratori precoci», spiega l’ex Ministro dem, aggiungendo «Ad esempio coloro che hanno iniziato a lavorare a 15 anni, invece di andare in pensione a 56 anni di età, dovranno attendere almeno altri 5 anni a meno che non siano stato licenziati, siano invalidi o accudiscano un coniuge, potendo rientrare nell’Ape sociale: una vera iniquità». Non convinta appieno sulla riforma pensioni di Quota 103 anche la Cisl, tramite il proprio segretario confederale Ignazio Sganga: «Non risulta coerente con le richieste del sindacato portate al tavolo con Meloni e Calderone, serve evitare lo scalone di 5 anni da Gennaio. Leggiamo di incentivi per rimanere al lavoro mai discussi con noi e questo rimanda all’esigenza urgente di una trattativa». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LA SCELTA NECESSARIA PER IL 2023
Mauro Marino è piuttosto deluso dalle scelte di riforma delle pensioni del Governo. In un articolo pubblicato su pensionipertutti.it, l’esperto previdenziale spiega che sarebbe “assolutamente necessario quest’anno rinnovare almeno Opzione Donna e Ape Sociale e non arrivare nel modo più assoluto a quota 103, ma restare a una quota 102 che deve essere libera nella composizione”, cioè senza paletti anagrafici o contributivi. Nel 2023, invece, andrebbe approvata entro l’estate una riforma strutturale “che ricomprenda tutte le necessità già più volte enunciate a cominciare dalla separazione della previdenza dall’assistenza, dalla amplissima flessibilità da 62 a 70 anni, dai bonus per le mamme con figli, dalle pensioni di garanzia per giovani e donne, dalla stabilizzazione di Opzione Donna e Ape Sociale, dall’implementazione della previdenza complementare e dal riscatto agevolato della laurea. Solo così si potrà recuperare quel rapporto di fiducia necessario tra cittadini ed istituzioni e, con costi molto minori di quelli paventati, si potrà dare ai lavoratori italiani una riforma previdenziale attesa da anni”.
L’ALLARME DELLO SPI-CGIL E DEL PD
In un post pubblicato sulla propria pagina Facebook, Ivan Pedretti, Segretario generale dello Spi-Cgil scrive: “Da quanto apprendiamo il governo Meloni sta lavorando per congelare la rivalutazione delle pensioni. In particolare vogliono colpire quelle di chi ha lavorato per oltre 40 anni versando tutti i contributi. Si tratterebbe di una operazione di cassa fatta ai danni di pensioni operaie, frutto di una vita di lavoro, per finanziare altre misure e per mandare in pensione qualche lavoratore. Divide et impera, come nella peggiore tradizione della destra. Se lo faranno non staremo in silenzio e ci faremo sentire”. L’indiscrezione viene commentata anche da Debora Serracchiani, capogruppo alla Camera del Pd, secondo cui, come riporta Ansa, “sarebbe davvero inaccettabile congelare ulteriormente l’adeguamento dell’assegno a milioni di pensionati per finanziare altre misure. Non si può parlare di interventi che tengono conto della sofferenza sociale se poi si elimina la possibilità di recuperare il potere d’acquisto eroso dall’inflazione”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DURIGON
Ai microfoni di Sky TG24, Claudio Durigon ha detto che il Governo proporrà “una quota ponte che è quota 41 che inizia con un paletto degli anni. Questo credo che sia necessario perché un riforma pensionistica strutturale così complessa con tanti sistemi di fuoriuscita credo vada messa a regime con un confronto” che avverrà l’anno prossimo. Il sottosegretario al Lavoro, come riporta Ansa, ha anche evidenziato: “Sento tanto parlare di quota 103, invece è una quota 41 perché se pensate che la Quota 102 del governo Draghi dava ristoro a 16mila persone, qui parliamo di una quota 41 che già dà ristoro quest’anno a 48mila persone, quindi ha già un bell’impianto”. Il fatto che per le pensioni si spenderanno poche centinaia di milioni riceve intanto l’elogio da parte di Roberto Napoletano nel suo editoriale sul Quotidiano del Sud.
LA CRITICA DI MISIANI
Intervistato da Repubblica, invece, Antonio Misiani, responsabile economico del Pd, segnala che quella messa a punto dal Governo “non è una riforma organica né tantomeno il superamento della Fornero ripetutamente promesso dal centrodestra. Per la noi la priorità oggi è da una parte difendere il potere d’acquisto dei pensionati, dall’altra fare andare in pensione prima chi ha più bisogno. Opzione Donna e Ape Sociale vanno prorogate e quest’ultima si potrebbe estendere agli autonomi. Andrebbe anche rafforzata la quattordicesima per dare sollievo ai pensionati con trattamenti più bassi”. Secondo il Segretario generale della Cisl Emilia Romagna, Filippo Pieri, “serve una vera riforma delle pensioni che introduca meccanismi di flessibilità. I lavori non sono tutti uguali, bisogna riconsegnare ai lavoratori il diritto di scegliere quando andare in pensione”.
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