LE PROPOSTE DELLA CGIL SULLA RIFORMA PENSIONI
Intervistato nell’ultimo numero di “Previdenza News”, il segretario confederale della Cgil con delega alle politiche previdenziali, Roberto Ghiselli, ha elencato le proposte unitarie del sindacato “rosso” sulla riforma pensioni.
In attesa di un confronto aperto nelle prossime settimane – richiesto a gran voce da una lettera unitaria di Cgil, Cisl e Uil indirizzato al Governo – sulla nuova riforma a partire dal 2023, Ghiselli mostra quali possono essere i punti da cui partire per il confronto serrato con i Ministri. «Va introdotta una fessibilità in uscita a partire da 62 di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, è necessario riconoscere la diversa gravosità dei lavori, valorizzare il lavoro di cura e delle donne che più di tutti hanno subito il peso delle riforme degli ultimi anni», spiega il segretario nel pamphlet di Flc Cgil. Non solo, occorre introduce una pensione contributiva di garanzia per coloro che scelgono lavori “poveri” ma anche discontinui o precari, ergo i giovani: «Riteniamo inoltre che l’età di pensionamento non debba più essere agganciata all’innalzamento della speranza di vita». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BRAMBILLA
Secondo Alberto Brambilla, per una riforma delle pensioni che vuole rimettere mano alla Legge Fornero, “la regola aurea dovrebbe essere quella di equiparare le regole dei contributivi e dei misti, evitando disomogeneità e percorrendo tre strade principali. Primo, quella della pensione di vecchiaia anticipata, cioè 64 anni e 38 di contributi: introdotta quest’anno (Quota 102, ndr), andrà mantenuta così, adeguando i 64 anni all’aspettativa di vita.
Su questo punto siamo soddisfatti. Seconda via per la riforma pensioni, gli anni di contribuzione, pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. La riforma pensioni della Fornero aveva adeguato questo calcolo all’aspettativa di vita, un caso unico a livello mondiale. L’adeguamento è stato sterilizzato fino al 2026 e mi auguro che non venga più ripristinato”.
RIFORMA PENSIONI, L’INTEGRAZIONE AL MINIMO PER I GIOVANI
Il Presidente di Itinerari previdenziali, intervistato da Milano Finanza, indica in chiave di riforma pensioni anche una “terza soluzione, i 67 anni di anzianità e 20 di contributi: direi di aumentare questa cifra a 25, per evitare troppo assistenzialismo, adeguando al contempo i 67 anni all’aspettativa di vita”. Per quanto riguarda i giovani, Brambilla aggiungerebbe “l’integrazione al minimo, con un meccanismo nuovo per i giovani lavoratori e pensato per incentivare comunque il lavoro.
Ipotizziamo di fissare un importo per la pensione minima, diciamo 600 euro. La persona, sempre per ipotesi, arriva alla fine della sua attività lavorativa con una pensione a calcolo di 250 euro. Cosa fare con quei 350 di differenza? Li dividiamo per 35 anni di lavoro, un parametro fisso adottato in tutta Europa, e moltiplichiamo per gli anni effettivamente lavorati. Così avviene l’integrazione”.
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