LA MANIFESTAZIONE DELL’USB

L’Usb ha indetto una manifestazione che si terrà domani a Roma, spiegando che “mentre vengono confermate le scelte di rialzare le spese per la difesa e di alimentare una vera e propria economia di guerra (con tanto di costruzione di nuove basi militari e acquisto di nuovi armamenti) il governo conferma la linea di politica economica: nessuna politica industriale, sostegno alle sole grandi imprese (non a caso sono state introdotte nuove risorse a favore del settore automotive), depressione del settore pubblico, assenza di interventi a favore di redditi e pensioni.



Anche il tavolo sulla riforma delle pensioni (in vista della scomparsa di Quota 120), sbandierato da Cgil, Cisl e Uil come risultato importante dello sciopero di metà dicembre, sembra completamente dimenticato, come del resto qualsiasi serio intervento sui salari (e su una legge sul salario minimo). Anzi, all’orizzonte si approssima un nuovo accordo tra Confindustria e la triplice che subordina il rinnovo dei contratti alla decontribuzione fiscale, in modo che i minimi aumenti salariali siano a carico della collettività mentre alle imprese restano tutti i profitti (compresi gli extra)”.



ALLARME INFLAZIONE E CONSEGUENZE SULLA RIFORMA PENSIONI

Con l’inflazione che farà schizzare la spesa in Italia su del 7,4% l’allarme si fissa non solo sull’economia reale e il mondo delle imprese, ma anche sul mondo dei pensionati sempre in attesa di una nuova riforma pensioni tra il 2022 e il 2023.

Nelle ultime settimane i sindacati hanno messo punto alcune proposte già evidenziate presso il Governo per un intervento nel breve termine atto a ridimensionare il problema dell’inflazione per i pensionati: «piena indicizzazione degli assegni e a un rafforzamento delle cosiddette “quattordicesime” fino a 1.500 euro, senza rinunciare in ogni caso alla mini-riforma del sistema previdenziale». Con il Def che ha sostanzialmente deluso pensionati e sindacati, l’attesa è tutta per prossimi Decreti e per la Manovra di Bilancio del prossimo autunno. Secondo le fonti del “Sole 24 ore” presso il Governo, sul fronte previdenza un segnale di disponibilità a scendere al tavolo delle trattative è giunto dal Ministro dell’Economia Franco: ritocchi alla riforma Fornero per evitare di ritornare a regime dal 1 gennaio 20221 e soprattutto trovate soluzioni «per consentire forme di flessibilità in uscita, seppure rimanendo nel solco del metodo contributivo e nel pieno rispetto dell’equilibrio dei conti pubblici».



RIFORMA PENSIONI E RISOLUZIONI SUL DEF

Come noto, a parte un accenno nella parte introduttiva, il Def non ha trattato il tema della riforma delle pensioni e, come riporta Il Sole 24 Ore, nemmeno le risoluzioni sul Documento di economia e finanza votate dal Parlamento ieri contengono un qualche “riferimento al tema della previdenza, nonostante la maggioranza abbia provato fino all’ultimo a lasciare una ‘traccia’ visibile”. Il fatto è che “nell’arco di 24 ore sono entrate e uscite dalle tante bozze di risoluzioni sul Def che si sono susseguite durante la lunga fase di confronto tra maggioranza e governo, alla ricerca di una non facile mediazione, ma, alla fine, le pensioni sono rimaste fuori dal testo finale votato da Camera e Senato. Eppure, una delle versioni preliminari sollecitava esplicitamente il governo a valutare l’opportunità di prevedere il ‘superamento’ della legge Fornero con il ricorso a strumenti per la flessibilità in uscita. Senza considerare che la Lega avrebbe anche cercato di ripescare, seppure in versione parziale, Quota 100”.

LE PAROLE DI SBARRA (CISL)

A margine del Congresso nazionale della Fim, Luigi Sbarra ha detto: “Stiamo aspettando nelle prossime giornate una nuova convocazione del Governo. È importante che il Premier Draghi abbia indicato alle parti sociali l’obiettivo di un patto sociale, una strada auspicata da tempo dalla Cisl, per accelerare gli investimenti pubblici e privati, difendere i salari e le pensioni dalla fiammata inflazionistica, puntare alla qualità e stabilità del lavoro, soprattutto per i giovani e per le donne, sostenere le imprese in crisi”.

Il Segretario generale della Cisl ha evidenziato che “la sfida è sostenere subito il potere d’acquisto ed i consumi senza far ulteriormente crescere l’inflazione. Non dobbiamo consegnarci ad automatismi demagogici o ad interventi legislativi sul salario, che non farebbero che peggiorare la situazione. Bisogna  lavorare a una nuova politica dei redditi che metta al centro le ragioni della crescita e della sua distribuzione. Ognuno deve fare la sua parte. Il Governo, innanzitutto, che deve alleggerire il carico fiscale sulle fasce medio-popolari, defiscalizzare i frutti della contrattazione, incrementare i sostegni contro il caro bollette, sboccare gli investimenti”.

RIFORMA PENSIONI 2022, IL BLOCCO PER QUELLA ANTICIPATA

Rispondendo a una domanda riguardo la riforma pensioni posta da un lettore del sito di Repubblica all’esperto pensioni, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ricorda che la presenza di contributi anteriori al 1° gennaio 1996 inibisce la possibilità di “attivare la pensione anticipata contributiva che richiede, fino al 2024, 64 anni di età, 20 anni di contributi effettivi e un assegno pensionistico mensile pari a 2.8 volte l’assegno sociale (circa 1310 euro lordi mensili a oggi)”.

È comunque possibile utilizzare, qualora se ne disponga, i contributi versati presso la gestione separata dell’Inps, come indicato nella circolare 184/2015 dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. in modo da poter raggiungere il requisito contributivo richiesto.

RIFORMA PENSIONI, LA PROTESTA DI CGIL E CISL AREA NORD

Intanto, attraverso una nota stampa, la Cgil e Cisl Area Nord intervengono in merito all’approvazione del bilancio 2022-2024 da parte del Comune di San Felice, situato in provincia di Modena, spiegando che la decisione di aumentare le aliquote Irpef comunali del 2022 al valore massimo per tutti gli scaglioni di reddito “colpisce in particolare i pensionati e i lavoratori. In valore assoluto l’aumento alleggerirà le pensioni e le buste paga di qualche centinaio di euro all’anno, ma ciò avviene proprio in un momento in cui le famiglie devono affrontare forti aumenti del costo della vita a causa del caro bollette e dell’inflazione. L’aumento, in particolare in questa forma e in questa fase economica, penalizza le fasce di reddito più esposte alle fluttuazioni economiche in corso”.

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