LE PAROLE DI LANDINI
Maurizio Landini, intervistato dal Fatto Quotidiano, evidenzia che “la gente non ce la fa ad arrivare a fine mese. Occorre agire con la decontribuzione elevando quella già avviata transitoriamente dal Governo Draghi e con la rivalutazione delle pensioni”. Anche perché, come ricorda Confcooperative, il 40% dei pensionati “percepisce un reddito pensionistico complessivo è uguale o inferiore a 12.000 euro”. Anche per questo, i pensionati Coldiretti di Padova, come riporta il sito di telenuovo, ritengono “fondamentale sostenere il reddito dei pensionati, con particolare riguardo alle fasce economicamente più deboli e difendere il potere d’acquisto delle pensioni, adeguando i trattamenti minimi al 40% del reddito medio nazionale, riformando il meccanismo di rivalutazione annuale calcolata dall’Istat e rivedendo i meccanismi di tassazione”. Il nuovo Governo dovrà quindi tenere conto di queste richieste, in linea del resto con la promessa di Silvio Berlusconi di aumentare le minime a 1.000 euro.
I DATI DELLA NADEF
A proposito della riforma pensioni, “Teleborsa” effettua un’analisi (ripresa da “La Repubblica”), in cui si esamina il peso delle pensioni. In particolare, in essa si dice che, basandosi sulla Nadef, la spesa “dovrebbe salire a 297,4 miliardi di euro quest’anno, pari al 15,7% del PIL, per arrivare a 349,8 miliardi di euro, pari al 17,6% del PIL, nell’arco del prossimo triennio. Una spesa che, confrontata con il 2012 evidenzia una esplosione della spesa di oltre 100 miliardi in dieci anni”.
Fra gli elementi in grado di far lievitare la spesa per le pensioni c’è “senza dubbio l’inflazione, ma anche escludendo il caro vita la spesa è destinata a crescere, vuoi per questioni demografiche, vuoi per alcuni provvedimenti dispendiosi, seppur limitati nel tempo, assunti negli ultimi anni come Quota 100. Negli ultimi 10 anni la spesa pensionistica ha registrato una crescita nominale del 19,2% a fronte del 4,6% dell’inflazione”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)
LA RICHIESTA DI VITRANO
Gaspare Vitrano, neo deputato eletto all’Assemblea regionale siciliana, evidenzia che “in assenza di un Governo operativo al 100% e a pochi giorni dalle elezioni, una Circolare del Direttore del Fondo Pensioni della Regione rischia di stravolgere del tutto il sistema pensionistico dei dipendenti regionali, imponendo nuovi standard di calcolo contributivo che comporteranno dal primo gennaio una perdita di centinaia di euro per i nuovi pensionati”. Come riporta livesicilia.it, l’esponente di Forza Italia spiega che “in assenza di una chiara disposizione legislativa, una improvvida direttiva vorrebbe modificare il sistema di calcolo dell’assegno pensionistico spettante al personale regionale prossimo alla quiescenza, passando dal sistema misto a quello interamente contributivo”. Per questo Vitrano ha chiesto al Presidente Schifani “di intervenire perché l’argomento sia affrontato subito dal nuovo Governo, per l’impatto gravissimo che può avere sui futuri pensionati”, “intanto, è indispensabile che la Direttiva già emanata sia sospesa”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI GALASSO
In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, Vincenzo Galasso ricorda che “oggi, la spesa pensionistica è pari al 15,7% del Pil. I contributi previdenziali, al 33%, costituiscono una parte sostanziale del costo del lavoro. Difficile pensare di poter utilizzare altre risorse per favorire l’uscita anticipata di alcuni fortunati sessantenni – come già fatto con Quota 100 e 102. Meglio usare il welfare per proteggerci dagli altri rischi correlati all’invecchiamento, come non-autosufficienza. Il tasso di occupazione in Italia è tra i più bassi d’ Europa: 62,7% contro una media europea del 73%, perché lavorano solo una donna e un lavoratore senior (55-64 anni) su due! Politiche volte ad aumentare l’occupazione femminile aiuterebbero a guardare con più ottimismo all’impatto della demografia sul mercato del lavoro”.
IL PESO DELLA DEMOGRAFIA
L’economista sottolinea che “in un mondo che invecchia e perde lavoratori, è cruciale aumentare anche la produttività, partendo dal capitale umano della nostra forza lavoro, e quindi dall’istruzione. Per sopravvivere allo tsunami demografico, bisogna dunque investire in istruzione, innovazione e lavoro – puntando proprio sui (pochi) giovani e sulle donne. Difficile, perché la demografia politica premia gli elettori anziani – sempre più numerosi e attenti alle scelte di politica economica. Per proteggere i giovani – e il futuro del nostro Paese – dovremmo dotarci di una regola fiscale intergenerazionale: per ogni euro speso in programmi diretti agli anziani, un euro deve essere speso per i giovani. Aumenterebbe l’equità intergenerazionale e ci difenderebbe anche dallo tsunami demografico”.
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