LE PAROLE DI OLIVETI

Da tempo si parla, nell’ambito della riforma delle pensioni, di un intervento riguardante la previdenza complementare. Ma Alberto Oliveti, Presidente dell’Adepp e dell’Enpam, sollecita interventi anche per le casse previdenziali private, cui “deve essere garantita piena autonomia nell’utilizzo dei propri fondi, magari rivedendo gli anacronistici cinquant’anni di sostenibilità imposti dalla legge, eliminando la pesante doppia tassazione che ci viene applicata, contenendo la volatilità legislativa e riducendo l’eccesso di controllo e vigilanza esercitato”. Come riporta Italpress, Oliveti sollecita anche “la definizione del giudice di competenza, visto che attualmente la giurisprudenza prevede alternativamente interventi di giudici ordinari, amministrativi o contabili. In secondo luogo, l’esonero dal codice degli appalti, che prevede strettoie per noi insostenibili. Infine che non si faccia un uso distorto della nostra inclusione a fini statistici nell’elenco Istat, che ci assimila all’amministrazione pubblica, come nel caso dell’applicazione delle norme sulla spending review”.



PENSIONI E DEF, LA RIFORMA SLITTA AL PROSSIMO GOVERNO?

Si ravvisa una forte delusione per la produzione del Def 2022, approvato dal Governo Draghi e nei prossimi giorni in arrivo in Parlamento (in corso le audizioni, qui sotto i primi commenti, ndr): sindacati, associazioni e partiti non sono soddisfatti sul tema della riforma pensioni, dato che all’interno del Documento non vi sono praticamente aggiornamenti significativi per l’anno 2022.



«L’attuale contingenza non deve farci distogliere l’attenzione dalle politiche strutturali già avviate nei settori strategici della transizione ecologica e digitale, della competitività del sistema economico, della sanità e del welfare, con particolare riguardo all’assetto del sistema pensionistico per il quale, nel pieno rispetto dell’equilibrio dei conti pubblici, della sostenibilità del debito e dell’impianto contributivo del sistema, occorrerà trovare soluzioni che consentano forme di flessibilità in uscita ed un rafforzamento della previdenza complementare. Occorrerà, altresì, approfondire le prospettive pensionistiche delle giovani generazioni»: questa dichiarazione d’intenti inserita nel Def non sembra bastare per i sindacati che infatti chiedono un cambio di marcia sul fronte previdenza già dalle prossime settimane. Si rischia non solo di demandare al 2023 la nuova riforma, ma anche la proroga ulteriore di Opzione Donna e Ape Sociale potrebbe avvenire di “default” attendendo che il prossimo Governo prenda decisione finale su tali misure. Mauro Marino su “Pensioni Oggi” prova a offrire la sua “via d’uscita” sulla riforma, approvabile in poco tempo: «in poche settimane possa essere elaborata una buona riforma previdenziale e con i risparmi ricavati dal minore utilizzo di quota 100 e degli oltre 160.000 decessi da covid di cui oltre l’80% pensionanti, si possa attuare quella flessibilità in uscita a partire da 62 anni, con una lieve penalizzazione, che i lavoratori aspettano da tempo. Questo tesoretto quantificato in circa 20 miliardi potrebbe bastare a coprire il costo della riforma fino alla fine del decennio». (agg. di Niccolò Magnani)



LE PAROLE DI COLOMBI

La Uilpa, attraverso il suo Segretario generale Sandro Colombi, mostra una certa preoccupazione per il Def, in quanto le notizie che si possono ricavare dal documento “non promettono nulla di buono per i lavoratori del pubblico impiego e per i cittadini che fruiscono dello Stato sociale”. Su questo secondo fronte, infatti, “dal 2022 al 2025 le prestazioni sociali a carico dello Stato (pensioni, ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza, assegno unico, interventi di integrazione salariale ecc.) cresceranno complessivamente di circa 45 miliardi, ma la loro incidenza sul Pil dovrebbe progressivamente diminuire dal 22,5% del 2021 al 21,2% del 2025”. Colombi spiega che “in attesa che il Governo si decida a varare una seria politica di redistribuzione fiscale iniziando, come ha suggerito Pierpaolo Bombardieri, dalla tassazione degli extra-profitti delle multinazionali che hanno accumulato (e continuano ad accumulare) inaudite ricchezze speculando sulle emergenze e non solo, non nascondiamo una forte preoccupazione per l’annunciato ritorno delle politiche di austerità, perché già sappiamo che il conto lo pagheranno i soliti noti: pubblici dipendenti, pensionati e categorie socialmente deboli”.

IL PROGETTO DELLA FNP-CISL

Come spiega primabergamo.it, la Fnp-Cisl locale ha deciso di impegnarsi in un progetto che tra i suoi obiettivi ha anche quello di tutelare le pensioni aiutando i giovani. “Le pensioni, così come quelle future, sono sostenibili solo se c’è e ci sarà lavoro, che d’altra parte deve essere un lavoro ‘buono’, che garantisca dignità e sicurezza alla persona, insieme ad un reddito adeguato che consenta una progettualità di vita ai giovani”, spiega la Segretaria generale Caterina Delasa. L’idea, quindi, è quella che “i vecchi sindacalisti, cresciuti prima dell’arrivo dello statuto dei lavoratori, affianchino giovani operatori Felsa” in modo da “sindacalizzare i lavoratori precari che vanno dagli interinali ai rider”. “Al tavolo delle trattative senza rappresentanza non ottieni alcuna attenzione da nessuno. L’obiettivo è che si possano contrattare diritti e tutele con alle spalle un numero sufficiente di deleghe e conquistare anche per questi lavoratori un po’ di benefici che i lavoratori stabili già hanno”, spiega l’estensore del progetto Giorgio Caprioli.

RIFORMA PENSIONI, LE AUDIZIONI SUL DEF

Sono iniziate le audizioni parlamentari relative al Documento di economia e finanza approvato la scorsa settimana dal Governo. Domenico Proietti, Segretario confederale della Uil, ha fatto notare che “la previdenza nel Def è solo accennata”, mentre in tema di riforma delle pensioni “si deve introdurre maggiore flessibilità di accesso alla pensione, occuparsi delle future pensioni dei giovani, eliminare tutte le disparità che penalizzano le donne, valorizzando il lavoro di cura”. Gianna Fracassi, vice segretaria della Cgil, ha invece rilevato che “il Def delinea un quadro di misure non sufficiente rispetto alla situazione economica che si è venuta a creare con il doppio impatto pandemia e guerra, e rischia di scaricarsi sui lavoratori, sui pensionati e sulle fasce più deboli della popolazione”.

LA POSIZIONE DELLA CGIL

Fracassi ha fatto anche notare che “nel Def si anticipa una stretta sulla spesa pubblica che pone alcune questioni: dal rinnovo dei contratti pubblici, che non può compiersi attraverso la revisione della spesa, alla realizzazione degli investimenti previsti dal Pnrr, alla attuazione di alcune riforme sulle quali il Governo ha preso degli impegni, come pensioni, finanziamento della legge sulla non autosufficienza, livelli essenziali delle prestazioni. Senza un aumento della spesa pubblica quegli impegni saranno lettera morta”. Un’altra riforma ritenuta “indispensabile” è quella fiscale “ma non ci sembra si vada verso un maggior intervento progressivo per lavoratori e pensionati”, ha aggiunto la rappresentante del sindacato di corso d’Italia.

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