Abbiamo visto che nella Nadef la riforma pensioni proposta per il 2023 è la correzione della quota 41 e di tutte le altre quote, considerate però in una modalità integrata: la cosiddetta quota flessibile voluta dal ministro del lavoro Calderone. Però in realtà questa modalità prevede sempre il 41 anni di contributi e non tiene minimamente conto di tutti quei lavoratori che non hanno avuto una continuità contributiva e non parla di pensioni integrative.



Riforma pensioni 2022: la posizione di Maurizio Landini

Che cosa vuol dire tutto questo? Che probabilmente tutti i sindacati e le parti sociali che stavano lottando affinché gli italiani scegliessero tra una manovra che riuscisse a concedere un anticipo pensionistico in modo che tutti coloro che hanno sperato in tavoli di trattative volte a dare al corpo dei lavoratori dipendenti la possibilità di vivere la propria vecchiaia con un exit lavorativa decorosa, a fronte di molti decenni in cui l’età dell’uscita dal mondo del lavoro è andata progressivamente aumentando.



In altre parole, come ha detto lo stesso Maurizio Landini “quota 41 non vuol dire nulla”, che sia infatti una quota 41 flessibile o magari corretta oppure che sia l’alternanza delle varie quote proposte fino a questo momento, una sorta di riforma insalata, tutte prevedono i 41 anni di contributi e quindi manca una riforma pensioni che sia strutturale e che diventi sistemica.

Riforma pensioni 2022: il grande problema italiano

Come sottolineato già da molte persone, l’Italia va avanti a livello di leggi sulla pensione, che si rinnovano di anno in anno e che vengono abrogate di anno in anno, senza che non ci sia neanche la possibilità di comprendere e programmare anticipatamente con un datore di lavoro la exit pensionistica. La riforma pensioni infatti può servire anche come strumento per determinare quello il taglio sul cuneo fiscale, oltre che tutta una serie di misure economiche, scelte e attuate per le aziende che assumono. Paradossalmente una riforma pensioni resa strutturale, serve anche a definire i connotati più generali del diritto del lavoro, delle misure di welfare, del costo del lavoro in Italia e quindi anche le scelte che le aziende devono operare.
Una riforma pensioni resa strutturale, anzi come ha detto lo stesso Maurizio Landini una riforma vera e propria, serve anche a rafforzare il rapporto tra azienda e lavoratore, a rendere più effettivi posti di lavoro e più programmabili le scelte economiche da attuare nel futuro.



Riforma pensioni 2022, Bonomi: “Serve una riforma non le quote”

Anche Bonomi, presidente di Confindustria ha dichiarato che “serve una riforma non le quote”:
In questo paese quando si parla di lavoro si parla di pensioni. Poi se stiamo sul tema, e parlo di quelle di vecchiaia, abbiamo già 9 deroghe alla gestione. A livello INPS, ci sono 30 comitati che gestiscono il sistema pensionistico senza parlare delle casse private. Quindi, credo che se vogliamo parlare seriamente serve una riforma del sistema e non andare avanti con quote. D’altra parte la legge Fornero ha visto interventi di salvaguardia e credo che per questo con le sue norme non sia andato in pensione nessuno“.

Anche Luigi Sbarra, segretario generale della CISL ha commentato la questione delle quote: “Sulle pensioni abbiamo presentato una piattaforma unitaria complessiva e abbiamo chiesto di aprire urgentemente un tavolo di confronto politico per affrontare il tema del cambiamento pensionistico e previdenziale. La nostra proposta chiara: uscita flessibile dal mercato del lavoro a partire da 62 anni oppure con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Basta con le quote o con gli ambi secchi come è stata quota 102. Bisogna lasciare libere le persone di programmare il loro futuro“.