LA PENALIZZAZIONE PER L’ATTESA DEL TFS/TFR
Continua a far discutere la modalità con cui il Tfs/Tfr viene pagato ai dipendenti pubblici che vanno in pensione. Su pamagazine.it, infatti, viene ricordato che in questi anni “i dipendenti pubblici hanno ricevuto il loro Tfs e il loro Tfr tra i due e i cinque anni dopo il pensionamento, hanno dovuto attendere ma non ci hanno rimesso.
Ora con l’inflazione superiore all’8 per cento subiranno una penalizzazione, dopo aver lavorato per quaranta anni, ingiustificabile. Chi, per fare un esempio, andasse in pensione quest’anno avendo maturato 100 mila euro di Tfs o di Tfr, supponendo nel migliore dei casi che ricevesse la liquidazione tra due anni, è come se ottenesse 86 mila euro con un’inflazione all’8 per cento annuo. Insomma, sarebbe quanto meno necessario intervenire riconoscendo una rivalutazione delle somme pagate in ritardo con un meccanismo simile a quello delle pensioni”. Una richiesta importante che potrebbe anche entrare nel programma elettorale di qualche forza politica, considerando l’alto numero di dipendenti pubblici
LA RICHIESTA DELLO SPORTELLO ANTICRISI SULLE PENSIONI 2022-2023
In vista della prossima riforma pensioni 2022-2023, una proposta “a margine” sul tema previdenziale arriva da Monica Mandico, referente dello Sportello Sociale Anticrisi di Napoli: «Le formazioni politiche inseriscano nel programma elettorale la presentazione di una legge che preveda l’innalzamento del limite di impignorabilità sulle pensioni da 689,74 a 1.000,00 euro, al fine di tutelare la categoria dei pensionati». Nella lettera inviata a tutti i partiti viene spiegato il perché di una richiesta del genere, seppur in pieno alle difficoltà di trovare risorse ingenti per il settore previdenza.
Le pensioni in Italia sono pignorabili fino ad un limite previsto dalla legge, per garantire il sostentamento a un soggetto che è considerato più debole: la soglia è però bassa secondo Mandico, «ma se è di 1000 euro sarà ancora aggredibile e al pensionato non resterebbe nulla per sopravvivere. Ebbene, credo sia giunto il tempo di innalzare questo limite, considerando i recenti aumenti delle bollette energetiche, dell’inflazione, dei tassi dei finanziamenti e dei mutui, al fine di garantire a tutti di vivere dignitosamente anche in presenza di un pignoramento».
LE PAROLE DI PACIFICO (ANIEF)
Come riporta Teleborsa, Marcello Pacifico ha annunciato che presto tutti i rappresentanti politici pronti a sfidarsi alle elezioni del 25 settembre verrà inviato il “Manifesto Anief #perunascuolagiusta” “per analizzare ciò che non va bene nella scuola, iniziando sin da ora a mostrare la strada che va percorsa se si vuole davvero puntare sull’istruzione per la ripartenza del Paese”.
In particolare, sono 13 i temi su cui si vuole puntare per la risoluzione dei problemi: precariato, organici, risorse, indennità, mobilità, pensioni, natalità, professionalità, formazione, luoghi di lavoro, contrattazione, tempo scuola, inclusione”. L’Anief, per quanto riguarda il tema della riforma delle pensioni, ha inserito “nel Manifesto il ripristino quota 96 con riscatto gratuito anni di formazione universitaria e riconoscimento burnout”. Istanze che da tempo l’Anief, attraverso il suo Presidente nazionale Pacifico, chiede vengano accolte dal mondo politico.
LA NOTA DI PEDRETTI
Ivan Pedretti ritiene che “l’anticipo della rivalutazione deciso dal Governo porterà ad aumenti risicati e non risponderà all’aumento dell’inflazione. Sulle pensioni medio-basse in particolare l’aumento sarà di appena qualche euro al mese e quindi non se ne accorgerà nessuno”.
Il Segretario generale dello Spi-Cgil, in un post sulla propria pagina Facebook, evidenzia che si tratta di “misure costose, ma allo stesso tempo pressoché inutili perché non producono un effettivo miglioramento delle condizioni reddituali dei pensionati, duramente penalizzate dall’aumento dei prezzi e delle bollette”. Il sindacalista ricorda quindi che “abbiamo sempre sostenuto, e continuiamo a sostenerlo, che ci sarebbe piuttosto bisogno di un intervento sulla 14esima, facendola avere a chi ancora non la riceve. In questo modo l’aumento sarebbe percettibile e sarebbe rivolto a pensioni medio-basse che hanno bisogno d’ossigeno”. Viene quindi riproposto uno dei temi contenuti nella piattaforma unitaria sindacale sulla riforma delle pensioni.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BERLUSCONI
Nel corso di un’intervista al Messaggero, Silvio Berlusconi è tornato a parlare della sua proposta di riforma delle pensioni che mira a innalzare a 1.000 euro al mese l’importo minimo degli assegni. “Nessuno può vivere dignitosamente con meno di 1000 euro al mese. E quindi innalzeremo a 1000 euro, per 13 mensilità, le pensioni di anzianità e di invalidità oggi più basse dei 1000 euro. E daremo la stessa pensione alle nostre mamme e alle nostre nonne che dopo una vita di lavoro e di sacrifici meritano di vivere una vecchiaia serena e dignitosa”. Come noto, la copertura per questa misura, secondo Antonio Tajani, possono essere reperite andando a tagliare gli stanziamenti per il Reddito di cittadinanza, misura sempre discussa e divisiva.
L’ANALISI DI TADDEI
In un articolo pubblicato su lavoce.info, Massimo Taddei evidenzia però che, considerando la necessità di reintrodurre quanto meno il Rei per contrastare la povertà, dal taglio del Reddito di cittadinanza si potrebbero ricavare circa 8 miliardi di euro e ne resterebbero 22 da reperire per poter realizzare quanto promesso dall’ex Premier. Occorrerebbe quindi ridurre la spesa pubblica, per esempio rendendo più efficiente la Pubblica amministrazione. Per l’economista, tuttavia, è lecito dubitare che Forza Italia sia in grado di farlo considerando che ha fatto cadere il Governo Draghi dove tra i ministri c’era un suo (ormai ex) esponente, Renato Brunetta, che stava appunto cercando di riformare la Pubblica amministrazione, un intervento che avrebbe certamente consentito dei risparmi di spesa pubblica.
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