LE PAROLE DI SBARRA E BOMBARDIERI
Luigi Sbarra, nelle conclusioni del Congresso della Cisl nel quale è stato rieletto Segretario generale, ha parlato anche di riforma delle pensioni. Come riporta Ansa, ha evidenziato che il Governo è da tempo a conoscenza delle proposte sindacali in materia, da Quota 41 alla flessibilità a 62 anni, e occorre “stringere per arrivare a soluzioni concertate, condivise per spezzare le rigidità della legge Fornero”.
Pierpaolo Bombardieri, Segretario generale della Uil, intervistato dal Quotidiano di Puglia, ha ricordato invece che sulla riforma delle pensioni “c’è una piattaforma unitaria nella quale non si chiede 41 o 102, ma la flessibilità in uscita a 62 anni. La piattaforma unitaria firmata dalle tre organizzazioni sindacali. Quando si parla di 42, si parla di 42 anni di contributi utili per andare in pensione a prescindere dall’età anagrafica”. Da parte sindacale sembra quindi voler proseguire il cammino unitario sul fronte della riforma pensionistica.
PENSIONI QUOTA 104, DI COSA SI TRATTA?
Se da un lato la Lega con Matteo Salvini spinge per un ritorno alla Quota 41 atto a scongiurare la riedizione della Riforma Fornero, per le pensioni 2022-2023 è Forza Italia ad aver rilanciato con un’altra ipotesi ulteriore negli scorsi giorni.
«Quota 100 a noi non ci affascinava, meglio allora quota 104 ma credo che si debba dare vita ad un riforma che tuteli i lavori ultrasessantenni ma anche i lavoratori giovani. Dobbiamo avere un sistema pensionistico che tuteli i giovani», spiegava il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani. Ebbene, la presunta riforma pensioni di Quota 104 prevede sostanzialmente la penalizzazione sull’assegno pensionistico per ogni anno di anticipo rispetto alla naturale scadenza con l’uscita Fornero. Tale penalizzazione comunque, spiegano da Forza Italia, sarebbe inferiore alla sforbiciata sull’assegno che arriverebbe con Quota 41, ovvero circa il 10%. (agg. di Niccolò Magnani)
I DATI DELLA FONDAZIONE MORESSA
Sono arrivati i dati della Fondazione Leone Moressa sui redditi dichiarati dagli immigrati residenti in Italia, che secondo Maurizio Bove, responsabile immigrazione della Cisl Milano metropoli, confermano “che di immigrati c’è un gran bisogno: versano i contributi che servono per pagare le pensioni dei nostri anziani, mentre la stragrande maggioranza di loro non godrà mai dei benefici di questi versamenti. L’immigrazione fa bene alle casse dell’Inps e del fisco”.
Secondo quanto riporta l’edizione milanese del sito di Repubblica, il sindacalista spiega anche che gli immigrati “pagano di più di noi le tasse perché sono molto più controllati. Quando vanno a rinnovare il permesso di soggiorno, la Questura incrocia la banca dati dell’Inps e quella dell’Agenzia delle entrate per verificare se tutto viene pagato in regola. Credo che ci sia meno evasione fiscale e previdenziale da parte degli immigrati rispetto agli italiani. E per loro non ci sono nemmeno accordi bilaterali con i Paesi di provenienza che garantiscano la possibilità di andare in pensione tenendo conto anche dei contributi versati a casa prima di espatriare”.
LA POSIZIONE DI RIFONDAZIONE COMUNISTA
Il Partito della Rifondazione Comunista ha promosso un appello, riportato da arezzonotizie.it, in cui viene ricordato che “la teorizzazione della ‘fine’ del lavoro, considerato come un residuo delle vecchie economie novecentesche, ha accompagnato l’attacco al potere contrattuale dei lavoratori e la progressiva riduzione della quota di ricchezza nazionale da destinare a salari, stipendi e pensioni”.
Inoltre, si è arrivato all’impoverimento “del servizio pubblico e la svalorizzazione economica e sociale dei dipendenti, un’estensione della disoccupazione ormai strutturale, la diffusione estrema delle più svariate forme di precarietà, soprattutto a scapito di donne e giovani, donne costrette al part time involontario e all’aumento del lavoro di cura, salari e pensioni tra i più bassi d’Europa, vaste sacche di lavoro nero e illegale dove non esistono più diritti e tutele. La stessa pandemia è stata utilizzata per dividerci, occultando nella nebbia dell’emergenza le responsabilità passate sul disastro del sistema sanitario, privatizzato, impoverito e differenziato”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI POERIO
In una lettera indirizzata al direttore di quotidianosanita.it, Michele Poerio evidenzia “come in Italia non si stiano risolvendo problemi importanti come quello della separazione tra previdenza e assistenza e come, soprattutto in Sanità, non si stiano aiutando i giovani a comprendere che occorre pensare a come costruirsi una pensione fin da giovani”. Il Presidente della Federspev ricorda quindi che in Europa sono stati introdotti “i ‘Pan-European Personal Pension Products’ così detti Pepp (Prodotto pensionistico individuale paneuropeo) di cui quasi nessuno parla”, ma che potrebbero essere in ogni caso interessanti “per una maggiore tutela delle pensioni di giovani e di meno giovani”, obiettivo che la Federspev persegue da sempre.
LE CARATTERISTICHE DEI PEPP
Poerio evidenzia che “per quel che concerne la fiscalità lo schema di decreto europeo sembra prevedere una differenziazione di trattamento fiscale tra i Pepp istituiti in Italia e quelli istituiti all’estero che offrano sottoconti che consentono di organizzare con maggiore precisione i movimenti inseriti. Solo i primi, infatti, sconterebbero l’imposta sostitutiva del 20 % sui rendimenti maturati nella fase di accumulazione. Il decreto prevede poi che i sottoconti, italiani dei Pepp possano essere finanziati con le medesime modalità previste per le forme pensionistiche complementari, fatta eccezione per le quote di Trattamento di fine rapporto (Tfr). I Pepp saranno, comunque, fondi pensione con gli stessi standard all’interno dei confini dell’Unione europea e la loro caratteristica più importante è la trasferibilità all’interno dell’Unione europea”.
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