LE PAROLE DI LEO (FDI)
In un’intervista ad affaritaliani.it, Maurizio Leo, responsabile economico di Fratelli d’Italia, spiega che in tema di riforma delle pensioni prima di decidere “bisogna vedere i conti e le risorse che potremo mettere in campo. Quello che è certo è che non si può tornare alla Fornero, questo è un tema che è già stato attenzionato. Parlare di soluzioni, oggi, è però prematuro”. Dunque non si capisce ancora bene come si muoverà il nuovo Governo sul capitolo previdenza. Intanto La Notizia dedica un articolo ad analizzare il bilancio previsionale del Senato relativo al 2022, dove vi si sono anche stanziamenti per “nuove risorse necessarie al fine di compensare, sebbene solo in parte, le fuoriuscite di personale per i pensionamenti avuti negli ultimi dieci anni”. Inoltre, “uno dei capitoli incredibilmente più abbondante è quello che riguarda la spesa previdenziale. Ben 216 milioni, a vario titolo, vengono ‘consumati’ per pensioni, reversibilità e chi più ne ha più ne metta”.
I SOLDI PERSI COL BLOCCO FORNERO
Si sta parlando molto del costo che la rivalutazione delle pensioni avrà per lo Stato, ma, spiega Massimo Franchi sul Manifesto, ci si dimentica che a seguito della riforma Fornero l’indicizzazione è stata bloccata, “seppur a livelli diversi rispetto ai vari scaglioni”, e lo sblocco è arrivato solo a seguito di una sentenza della Consulta del 2020. “Lo Spi Cgil stima ‘con un dato grezzo’ che un assegno di pensione da 1.500 euro lordi (pari a circa 1.200 netti) abbia subito un taglio di 76 euro al mese. Ancora più alta la sforbiciata per una pensione da 2.100 euro al mese (pari a circa 1.700 netti): ben 134 euro al mese”. E, come spiega la Segretaria nazionale dello Spi-Cgil, Daniela Cappelli, “gli effetti del blocco della Fornero sono soldi che i pensionati non rivedranno più visto che la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il taglio non è retroattiva. Va poi ricordato che la perequazione della pensione è una legge dello Stato e applicarla è doveroso. Infine, non bisogna dimenticare che la rivalutazione arriva sempre con un anno di ritardo”.
IL GENDER GAP PERSISTENTE
Dai dati contenuti nel Bilancio sociale dell’Inps Sicilia riferito al 2021 emerge, come riporta Ansa, che “circa il 60,5% della spesa previdenziale siciliana è assorbita dalle pensioni di vecchiaia/anzianità, il 30,5% dalle pensioni ai superstiti, storicamente erogate a favore del genere femminile e solo il 9% dalle pensioni di invalidità/inabilità. Il genere femminile, sia con riferimento alla gestione privata sia alla gestione pubblica, rappresenta oltre la metà dell’utenza che percepisce un trattamento previdenziale derivante da contribuzione, tuttavia, attesa la ricezione di un assegno mensile più basso da parte delle donne, è rinnovato il significativo gender gap in termini economici”. Inoltre, se “la provincia di Enna conta il minor numero di pensioni vigenti rispetto al territorio siciliano (3,6%), mentre la provincia di Agrigento registra l’importo lordo medio pensionistico più basso, pari a € 1.811,27. A Palermo e Trapani, il rapporto di genere, globalmente a favore delle donne, è invertito”.
LE PAROLE DI FURFARO (PD)
Tra i deputati eletti nelle fila del Partito democratico c’è anche Marco Furfaro, che in un’intervista all’edizione pistoiese della Nazione racconta: “Nelle ore infinite di assegnazione dei seggi, l’unica cosa che temevo era di non poter rappresentare in Parlamento il disagio dei giovani disoccupati della nostra provincia, l’ansia degli anziani con pensioni ridicole, la difficoltà di tante imprese di fronte a bollette e aumenti dei costi delle materie prime”. Il neo deputato aggiunge poi: “Il doppio della disoccupazione giovanile rispetto al resto della regione e la peggior qualità della vita per gli anziani. Sono i primati che ci ha regalato la destra al governo della città. Lavorerò per questo, per fare in modo che una generazione incontri un lavoro dignitoso promuovendo il salario minimo e progetti di economia circolare. E lotterò per pensioni più dignitose e diritto alla salute per gli anziani”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI FERRARI (CGIL)
Christian Ferrari, interpellato da pensionipertutti.it, spiega che in tema di riforma pensioni “noi riproporremo al prossimo governo – qualunque esso sia – esattamente la stessa piattaforma unitaria che abbiamo avanzato ai precedenti: una flessibilità in uscita a partire da 62 anni o con ‘quota 41’; una pensione contributiva di garanzia per i lavori poveri, discontinui, precari; il riconoscimento del lavoro di cura; una significativa valorizzazione previdenziale del lavoro delle donne che – non va dimenticato – più di tutti hanno pagato il prezzo delle ultime ‘riforme’; il pieno riconoscimento dei ‘lavori gravosi’ – sia abbassando il requisito contributivo (a cominciare da Ape sociale e “precoci”) sia intervenendo sulla misura dell’assegno – perché non tutti i lavori (e le aspettative di vita) sono uguali”.
GLI INTERVENTI PIÙ URGENTI
Per il Segretario confederale della Cgil, oltre alla tutela del potere d’acquisto delle pensioni “ci sono una serie di interventi che vanno affrontati subito perché più immediati e urgenti. Mi riferisco – innanzitutto – alla prossima, imminente scadenza di alcuni istituti che, per legge, sono destinati ad esaurirsi il prossimo 31 dicembre, e che secondo noi devono essere – non solo confermati – ma ulteriormente allargati: l’Ape sociale in primis, a cui va fatto un vero ‘tagliando’ per rafforzare questa misura – a partire dai ‘gravosi’ – e per renderla strutturale e definitiva; ‘Opzione donna’ che va riconfermata e resa anch’essa strutturale considerato, oltretutto, che non ha alcun impatto sulla spesa previdenziale”.
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