LEGA AL LAVORO SULLA RIFORMA DELLE PENSIONI

Come riporta Ansa, dalla Lega arriva la notizia che il partito “sta lavorando alle proposte per superare la Legge Fornero. Matteo Salvini ha approfondito il dossier anche nelle ultime ore, dopo essersi confrontato – ieri – con gli esperti economici del partito”. Intanto, come riporta Adnkronos, Stefano Cuzzila, Presidente di Cida, la rappresentanza della dirigenza e le alte professionalità di tutti i settori socio produttivi, pubblici e privati, evidenzia la necessità di “ripartire dalle priorità del Paese per affrontare le grandi sfide. Per questo è essenziale che il Governo si formi subito”. Cuzzilla ricorda che “bisogna dare risposte concrete ai grandi temi del momento: energia, pensioni, sanità e scuola. I manager ci sono sono pronti a collaborare dando il loro apporto da subito in sinergia con il nuovo Governo. Cida sta già lavorando in quest’ottica e faremo le nostre proposte in occasione dell’assemblea che si terrà il 15 novembre”.



LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Mentre si continua a parlare della riforma pensioni, riportiamo una sentenza della Cassazione secondo cui i contributi da disoccupazione non concorrono alla pensione di anzianità in totalizzazione. Infatti, “ai fini del perfezionamento del requisito dell’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni richiesto per l’accesso alla pensione di anzianità in regime di totalizzazione nazionale (Dlgs n. 42/2006) deve essere considerata la contribuzione utile al diritto. Pertanto, dovranno essere esclusi i periodi di contribuzione figurativa per malattia o disoccupazione”.



Questo, come riporta anche “Pensioni Oggi”, è il principio fissato dalla Cassazione nella sentenza n. 29968 del 13 Ottobre 2022, per mezzo della quale i giudici hanno sostanzialmente promosso l’orientamento dell’Inps, respingendo la tesi di un pensionato che si era visto respingere la domanda di pensione di anzianità”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)

LA SCADENZA PER IL PERSONALE DELLA SCUOLA

Domani scade il termine per presentare domanda di cessazione dal servizio dal 1° settembre 2023 per il personale della scuola. In un articolo su Avvenire viene evidenziato che “il buio di oggi sulle regole future suggerisce, dopo la nuova legge di Bilancio, una riapertura della scadenza per le cessazioni dal servizio (come già avvenuto in occasione di Quota 100), per consentire agli attuali pensionandi ‘ivi compresi i docenti di religione’ di optare per scelte pensionistiche più favorevoli alla propria situazione. Non hanno invece incertezze o ripensamenti i docenti che al 31 agosto 2023 avranno raggiunto i 67 anni di età e, secondo le norme della previdenza, costretti a lasciare il servizio avendo maturato i requisiti minimi per l’assegno mensile. A questi docenti è richiesta invece una domanda formale di cessazione qualora raggiungano i 67 anni tra settembre e dicembre 2023. Per tutto il personale della scuola la pensione è vincolata alla espressa domanda all’Inps da presentare in via telematica entro l’estate 2023”.



LA COMUNICAZIONE INPS

Come viene spiegato in un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, l’Inps ha confermato che “dal 15 ottobre i titolari di trattamenti pensionistici possono immettere nel portale telematico” dell’Istituto “la richiesta di variazione dell’aliquota Irpef applicata e la rinuncia alle detrazioni per pensioni per l’anno d’imposta 2023”. Di fatto “tutti i titolari di prestazioni pensionistiche e previdenziali Inps (inclusi quelli che hanno utilizzato il cumulo o la ricongiunzione e che vantano quindi quote erogate da altri enti previdenzali) devono dare comunicazione all’istituto dell’eventuale applicazione dell’aliquota Irpef più elevata collegata agli scaglioni annui di reddito o specificare la volontà di non applicare, parzialmente o del tutto, le detrazioni d’imposta per redditi di pensione”. “Nei confronti di chi non si avvarrà di questa possibilità”, l’Inps “applicherà le aliquote per scaglioni di reddito Irpef e le detrazioni d’imposta sulla base del reddito materialmente erogato dall’istituto”.

RIFORMA PENSIONI, L’ALLARME SUI PEDIATRI NEL LAZIO

L’edizione romana di Repubblica lancia l’allarme: “Mancano pediatri. A Roma sono pochi e anziani. E quel che è peggio sono decine quelli che stanno per andare in pensione senza che, prima del 2025, ne entrino in servizio altri. Una situazione difficilissima tanto nella capitale quanto negli altri centri del Lazio, in un momento in cui i medici convenzionati con le Asl, che si occupano dei più piccoli, sono fondamentali anche per far fronte alla pandemia”. Più nello specifico, “nel Lazio i pediatri convenzionati sono circa 700, ogni anno a decine vanno in pensione e, complici anche il contestato numero chiuso alla Facoltà di medicina e i problemi per entrare in specializzazione, prima che le Aziende possano contare su nuovi professionisti passerà del tempo. Troppo”.

IL PROBLEMA DEL MANCATO TURNOVER IN SANITÀ

Anche se “la piaga è comune alle diverse regioni italiane”, il “Lazio ha già visto quest’anno andare in pensione 29 professionisti, a cui ne seguiranno 49 l’anno prossimo, 57 nel 2025 e ben 78 nel 2025. Previsti poi pensionamenti di 73 pediatri nel 2026, 80 nel 2027 e 61 nel 2028. Senza che, a quanto pare, arrivino sostituti. Abbastanza per far temere un collasso del sistema”. Teresa Rongai, Segretario provinciale della Federazione italiana medici pediatri di Roma, spiega che “ad aprile sono state individuate 32 zone carenti dopo che sono andati in pensione una trentina di colleghi. Ma il turnover non c’ è. Fino al 2025 avremo tutte uscite e poche entrate. Poi, forse, vi sarà una pletora di specialisti tra il 2025 e il 2026”. Insomma, i pensionamenti continuano a rappresentare un problema per la sanità.

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