IL DIVARIO DI GENERE NELLA PREVIDENZA
Stando ai dati del Monitoraggio sui flussi di pensionamento dell’Inps riportati dall’Ansa, persiste il gap di genere a livello previdenziale. Infatti, “nei primi tre mesi del 2022 le pensioni erogate a uomini sono state 85.831 con una media per assegno di 1.520 euro mentre le pensioni erogate a donne sono state 94.926 con un importo medio di 991 euro al mese, inferiore del 34,8% rispetto a quello medio degli uomini”.
Dai dati emerge anche che “l’importo più basso in media è legato al numero medio di anni di contribuzione (più alto per gli uomini) e all’alto numero di pensioni ai superstiti per le donne (37.108 a fronte di 7,041 per gli uomini). Le pensioni anticipate che hanno un importo in media maggiore perché legate a un numero più alto di anni contributi sono 25.590 per le donne e 45.410 per gli uomini”. Il totale delle pensioni con decorrenza nel 2021, come riporta Lapresse, “è di 860.501, per un importo medio mensile alla decorrenza di 1.210 euro: di queste, 480.999 sono riferite a donne, per un importo medio mensile di 1.024 euro, e 379.502 a uomini, con 1.446 euro mensili”.
I DATI DEL MONITORAGGIO INPS
Come riporta l’Ansa, dal Monitoraggio sui flussi di pensionamento dell’Inps emerge che “nei primi tre mesi del 2022 sono state erogate 180.757 nuove pensioni (tra vecchiaia, anticipate, invalidità e superstiti) con un calo del 19,84% rispetto allo stesso periodo del 2021”.
L’importo medio “delle nuove pensioni decorrenti nel 2022 è di 1.242 euro con 832 euro per quelle di vecchiaia (compresi gli assegni sociali). La pensione media è di 1.447 euro al mese per il fondo lavoratori dipendenti, di 2.088 euro per la gestione dei pubblici e di 304 euro medi per i parasubordinati. Per gli autonomi la pensione media è di 856 euro”. Per quanto riguarda le singole categorie riferite alle pensioni con decorrenza 2021, come riporta Radiocor, “l’Inps segnala che le pensioni di vecchiaia (compresi gli assegni sociali) sono state 279.256, 289.053 le pensioni anticipate, 47.556 quelle di invalidita’ e 244.636 le pensioni ai superstiti. Nei primi tre mesi del 2022, invece, si conteggiano 60.139 pensioni di vecchiaia, 71.000 anticipate, 5.469 invalidita’ e 44.149 superstiti”.
IL RISCATTO DI LAUREA PER LA CASSA FORENSE
Come ricorda Avvenire, in virtù di quanto comunicato dall’Inps con il messaggio n. 1512/2022, il riscatto di laurea “allarga i confini. Anche i crediti formativi extra-universitari, quando riconosciuti utili dagli Atenei ai fini della carriera di studio, possono essere ‘riscattati’ dal punto di vista contributivo, così avvicinando la pensione. Il ‘riscatto’ è ammesso se i periodi in cui si collocano i crediti formativi non sono coperti da altri contributi e, comunque, entro i limiti della durata del corso legale universitario”.
Sempre a proposito di riscatto della laurea, ma riferito alla Cassa Forense, altalex.com ricorda che “è possibile rateizzare in massimo n. 10 rate (una rata l’anno) l’importo dovuto, con applicazione degli interessi al tasso del 1,50%. È possibile corrispondere, in sede di richiesta di rateazione di tale onere, un acconto di qualsiasi importo; gli anni di cui si può chiedere il riscatto sono massimo 4 per le lauree del vecchio ordinamento e massimo 5 per le lauree del nuovo ordinamento; una volta terminato il pagamento di tutti gli oneri dovuti per il riscatto, la posizione dell’iscritto viene automaticamente aggiornata, calcolando gli anni della laurea ai fini pensionistici”.
I RISCHI PORTATI DAL FATTORE DEMOGRAFICO
Come riporta quotidianosanita.it, l’Enpaf ha organizzato un incontro di presentazione del Bilancio del sistema previdenziale iItaliano, elaborato dal Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali, e il Presidente dell’ente previdenziale dei farmacisti, Emilio Croce, ha ricordato che “l’equilibrio economico-finanziario-demografico di lungo termine, imposto per legge alla Casse di previdenza, impatta sulla sostenibilità sociale in termini di adeguatezza ed equità intergenerazionale”.
Il Presidente di Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, ha evidenziato che “nei prossimi venti anni usciranno dal mercato del lavoro coloro che sono nati nel secondo dopoguerra”, e pertanto sarebbe necessario che “la politica e le parti sociali mettano “in campo azioni che, quanto meno, possano ridurre i rischi dell’invecchiamento”. Franco Falorni, commercialista e docente Economia Aziendale Facoltà di Farmacia Università di Pisa, ha auspicato che venga promossa “la cultura della previdenza affinché i giovani e meno giovani di oggi possano costruire un futuro che garantisca loro i valori della dignità e libertà attraverso prestazioni pensionistiche e assistenziali”.
RIFORMA PENSIONI 2022, L’ANALISI DI DE NICOLA
In un intervento pubblicato su Affari & Finanza, l’inserto economico di Repubblica, Alessandro De Nicola evidenzia quanto sia difficile allargare i cordoni della borsa pubblica in Italia, come chiedono praticamente tutti i partiti, in un momento in cui il rendimento dei titoli di stato è in rialzo.
Dato che non sarebbe consigliabile aumentare le tasse, per reperire le risorse necessarie sarebbe importante “impostare una seria spending review”. E De Nicola ricorda come le misure che più hanno inciso sulla spesa pubblica, a parte i ristori erogati per la crisi da Covid, sono state il Reddito di cittadinanza e Quota 100, “marchi di fabbrica del governo gialloverde, il Conte 1.
RIFORMA PENSIONI 2022, IL PROBLEMA IRRISOLTO DA QUOTA 102
Oltre a riportare alcuni dati che mostrano “l’incongruità” della misura bandiera di M5s, l’autore dedica un passaggio alla misura di riforma pensioni varata nel 2019. “Quanto a Quota 100 (possibilità di andare in pensione a 62 anni di età e 38 di contributi) non c’è molto da dire: nonostante le adesioni siano state meno del previsto, l’impatto fino al 2028 è stato stimato dall’Osservatorio della Corte dei Conti Pubblici in circa 30 miliardi e per ogni 100 lavoratori andati in pensione ne sono stati assunti solo 40.
Una politica sprecona e anti-sociale (abbiamo bisogno di persone anziane attive) cui la riforma delle pensioni con Quota 102 non porrà rimedio, ma solo un pieno ritorno al sistema contributivo o con un’uscita più libera ma che comporti una riduzione attuariale calcolata non solo sulla quota contributiva ma sull’intera pensione (pure la parte ancora retributiva): è la proposta avanzata dagli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti”.
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