RIFORMA PENSIONI 2022: GOVERNO-SINDACATI, SITUAZIONE IN STALLO

Da quasi due mesi non si parla più di riforma pensioni. Dopo alcuni incontri a inizio anno che avevano fatto presagire che si sarebbe velocemente entrati in una fase decisiva che avrebbe portato a una buona riforma delle pensioni tutto si è fermato.

L’inizio era stato favorevole e su due temi fondamentali – vale a dire la previdenza per giovani e donne e la previdenza complementare – il Governo e le parti sociali non erano troppo lontane da trovare un accordo, mentre sul terzo aspetto – quello della flessibilità in uscita – il confronto si è bruscamente interrotto.



La flessibilità in uscita è l’aspetto che più interessa i lavoratori ed è quello i cui costi secondo l’esecutivo sarebbero i più elevati da sostenere. Quindi, nonostante alcune ipotesi di riforma pensioni sul tappeto in realtà non troppo onerose per l’erario, il Governo ha imposto lo stop alla riforma pensioni cercando di prendere tempo dal momento che a causa dei venti di guerra che soffiavano ai confini dell’Ue la speculazione aveva portato al raddoppio in pochi giorni dei costi energetici. Poi la guerra tra Russia e Ucraina è effettivamente scoppiata e l’Ue e il Governo italiano si sono trovati completamente spiazzati.



INFLAZIONE, PIL AL RIBASSO E CAOS PROFUGHI METTONO IN SECONDO PIANO LA RIFORMA PENSIONI 2022

L’inflazione è già arrivata al 6%, il Governo è dovuto intervenire per calmierare i costi dell’energia, le previsioni sul Pil sono state riviste al ribasso, c’è da affrontare il problema dell’enorme numero di profughi che scappano dalla guerra, c’è da ristorare le aziende italiane che a causa delle sanzioni imposte dall’Occidente hanno perso le commesse milionarie che avevano con la Federazione russa, c’è da rimodulare completamente il Recovery Plan che avrebbe dovuto in questo 2022 dare una forte spinta all’economia italiana. Draghi che avrebbe voluto salire al Colle si è trovato improvvisamente nel pieno di problematiche più grandi di lui (che era stato chiamato solamente per risolvere il problema pandemia e per attuare il Recovery Plan), che, non essendo un politico, non sa assolutamente come affrontare.



RIFORMA PENSIONI 2022: SE NE PARLA DOPO LE ELEZIONI?

La soluzione del problema della nuova riforma delle pensioni che gli italiani aspettano da oltre un decennio si sta allontanando sempre di più. Al massimo entro un anno, se alcuni partiti non staccheranno la spina già in autunno, si andrà a votare per le elezioni politiche e l’attuale Governo che già nel 2021 aveva rifiutato di affrontare seriamente il problema della riforma delle pensioni, è tentato, sfruttando il fatto che la pandemia non è ancora debellata e con un conflitto in atto nel cuore dell’Europa che sta avendo conseguenze tragiche in ambito economico/sociale, di procrastinare ulteriormente il tutto fino alla fine dell’anno inserendo poche modifiche nella Legge di bilancio da approvare entro il 31/12/2022. Spero di sbagliarmi, ma vedo un ulteriore rinvio all’anno prossimo demandando la risoluzione di questo annoso problema al Governo politico che uscirà dalle urne.

E questo è un altro aspetto che fa molto preoccupare perché la classe dirigente politica è di scarsa levatura e poco lungimirante, si limita sempre a lavorare nell’emergenza senza programmare il futuro e senza avere una visione complessiva dei problemi da affrontare.

Inoltre, c’è ancora da considerare che le organizzazioni sindacali sono profondamente divise e faticano a raggiungere un’unità. Questa frattura che si era già avuta nel dicembre scorso, quando in occasione dello sciopero generale la Cisl non aveva aderito, si è ancora più accentuata in questi giorni sull’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil dovute alla guerra russo/ucraina dove la Cisl è assolutamente d’accordo e Cgil e Uil sono invece molto più reticenti. 

Con questo quadro una soluzione al problema della riforma pensioni è molto molto difficile, ma se si volesse sarebbe ancora perfettamente fattibile considerando la fortissima diminuzione dell’aspettativa di vita, il minore costo di quota 100 e l’enorme risparmio avuto dall’Inps in questi tre anni drammatici di pandemia, rendendo giustizia agli oltre undici milioni di pensionati che percepiscono assegni previdenziali inferiori ai 1.000 euro mensili.

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