LA NOTA M5S
I capigruppo del Movimento 5 Stelle nelle commissioni Lavoro di Camera e Senato, Davide Aiello e Barbara Guidolin, in una nota evidenziano che “in campagna elettorale la destra tutta prometteva l’aumento delle pensioni minime ad ‘almeno 1.000 euro al mese’. Adesso quella stessa destra ammette candidamente che non ci sono i soldi nemmeno per portarle a 600 euro. Una presa in giro colossale”. Secondo i pentastellati, il pacchetto di misure di riforma delle pensioni “contenuto nella legge di bilancio è deleterio per i cittadini: Quota 103 lascia inalterata la legge Fornero ed è penalizzante per le donne, che ne resteranno pressoché escluse; Opzione donna è stata stravolta al punto da risultare inutile e il taglio delle rivalutazioni porterà meno soldi nelle tasche di circa 3 milioni di pensionati in un momento in cui l’inflazione sfiora il 12%. Abbiamo presentato degli emendamenti volti a sanare queste enormi storture: ci batteremo con tutte le nostre forze affinché vengano approvati”.
LA LEGGE DA CAMBIARE SUL TFR/TFS STATALI
Roberto Ghiselli, Presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, intervistato dalla Stampa interviene su un tema già emerso in passato tra quelli di riforma delle pensioni: i lunghi tempi di liquidazione del Tfr/Tfs degli statali. “Bisogna distinguere le due dimensioni del problema: uno è normativo, la legge già prevede in maniera differenziata da situazione a situazione tempi lunghissimi, e non ci si può far niente a meno che non cambi la legge. E a mio parere sarebbe certamente opportuno farlo. Mentre nel privato di norma il Tfr viene liquidato con l’ultima retribuzione, e quindi in mese dopo che cessa il rapporto, o al massimo entro sei mesi pagando gli interessi, nel pubblico invece in casi estremi si arriva anche a 7 anni perché chi va in pensione ad esempio con quota 100 deve aspettare di maturare il requisito dei 67 anni di età”, evidenzia l’ex Segretario confederale della Cgil, sollecitando quindi un intervento normativo su questa vicenda.
LE PAROLE DI CATTANEO
Secondo il capogruppo di Forza Italia alla Camera Alessandro Cattaneo, come riporta Ansa, “nella manovra c’è una rivalutazione piena, e si aumentano grazie a Forza Italia, le pensioni minime, mentre vengono congelate le pensioni del ceto medio e questo sta creando qualche critica. Quindi se c’è stata attenzione è soprattutto alle categorie più fragili e indigenti”. Adnkronos riporta invece le dichiarazioni di Licia Ronzulli, capogruppo di Forza Italia al Senato. “In campagna elettorale le forze attualmente al governo avevano promesso di cancellare la legge Fornero, invece non l’hanno toccata, mentre manomettono il meccanismo della rivalutazione delle pensioni, che porterebbe un po’ di sollievo a chi ha pagato onestamente 40 anni di contributi”, sono invece le parole di Vincenzo Sgalla e Maurizio Molinari, Segretari generali di Cgil e Uil Umbria, riportate da collettiva.it. Contro la Legge di bilancio, i due sindacati hanno proclamato uno sciopero generale regionale per il 13 dicembre.
I DATI COLDIRETTI
Nel commentare i dati dell’Istat sulle condizioni di vita dei pensionati in Italia, Coldiretti evidenzia che “ben il 16,2% dei pensionati che lavorano si trova in agricoltura per salvare i raccolti e garantire le forniture alimentari messe a rischio dalla difficoltà di reperire manodopera”. In particolare, “sul totale di 444mila pensionati lavoratori nel 2021 ben 72mila si trovano nelle campagne con un aumento record del 22,4% rispetto al 2019. Un risultato frutto della necessità di rispettare i cicli stagionali della produzione e di non perdere i raccolti di fronte alla carenza di manodopera qualificata resa più evidente durante l’emergenza Covid che ha ostacolato gli ingressi alle frontiere dei lavoratori stranieri che rappresentano una componente importante per le attività agricole”. Coldiretti chiede quindi che venga emanato “immediatamente il decreto flussi 2023 per l’ingresso regolare di almeno centomila lavoratori migranti stagionali necessari al settore agricolo già dai primi mesi del nuovo anno”.
RIFORMA PENSIONI, I DATI ISTAT
Come riporta Teleborsa, da un report Istat emerge che “sono 22,7 milioni le prestazioni del sistema pensionistico italiano vigenti al 31 dicembre 2021, erogate a 16 milioni di titolari, per una spesa di 313 miliardi di euro”. “Il 90,5% della spesa complessiva (283 miliardi) è destinata alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS). In particolare, il 72,6% del totale (227 miliardi) è rivolto al pagamento delle pensioni di vecchiaia e anzianità, il 13,9% alle pensioni ai superstiti (43 miliardi), il 4% a quelle di invalidità (13 miliardi)”. Emerge inoltre che “dal 2000 al 2018 il rapporto tra spesa pensionistica e Pil non ha mai superato il 17%, l’aumento registrato negli ultimi due anni è il risultato della contrazione del Pil come riflesso della pandemia”.
I DATI SULL’IMPORTO DEGLI ASSEGNI
Anche “il rapporto tra numero di pensionati e occupati risente dell’effetto della crisi sanitaria: è di 714 beneficiari ogni 1.000 lavoratori (717 nel 2020, 694 nel 2019). Se si considerano solo i titolari di prestazioni previdenziali, il rapporto tra pensionati che hanno versato i contributi e i lavoratori che li versano scende a 624 ogni 1.000 lavoratori (628 nel 2020, 608 nel 2019). I valori di entrambi gli indicatori risultano in aumento nel 2020 per poi tornare a calare nel 2021, seguendo quindi il trend in diminuzione registrato a partire dal 2013”. C’è anche da dire che “il tasso di pensionamento è più elevato al Nord (269 pensionati ogni 1.000 abitanti), minore nel Mezzogiorno (267) ed è in assoluto più basso al Centro (261)” e “complessivamente, il 59,1% delle singole prestazioni pensionistiche è di importo inferiore ai 1.000 euro lordi mensili”.
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