LA DENUNCIA DI PEDRETTI
In un post pubblicato sulla propria pagina Facebook, Ivan Pedretti denuncia che “a causa della confusione e dei ritardi del Governo nell’approvazione della manovra di bilancio a gennaio salta la rivalutazione delle pensioni per 4 milioni di pensionati. L’Inps, infatti, non è stato messo nelle condizioni di erogare gli importi rivalutati per tutte le pensioni sopra quattro volte il trattamento minimo e provvederà quindi a rivalutare solo quelle sotto questa soglia. La mancata rivalutazione sarà comunque recuperata nei mesi successivi attraverso un conguaglio”. Il Segretario generale dello Spi-Cgil evidenzia che “sulle pensioni il governo è letteralmente nel caos e questo danneggia fortemente i pensionati, già colpiti dal taglio previsto dalla manovra. L’emendamento del governo, che doveva ripristinare il 100% di rivalutazione almeno fino a 5 volte il trattamento minimo, si è rivelato una bufala e si passa dall’80 all’85% con un taglio ulteriore per chi ha importi superiori. Anche la misura sulle pensioni minime porta a aumenti risibili, per un solo anno e non per tutti”.
LE NOVITÀ IN MANOVRA SULLA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI
Oltre a Opzione Donna e riforma pensioni Quota 103, la Manovra di Bilancio 2023 ha recepito novità anche sul fronte rivalutazione degli assegni come indicizzazione dovuta all’inflazione: qui sotto trovate tutte le percentuali, motivate dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in questo modo, «So che è stato depositato il pacchetto di modifiche del governo, non stravolge nulla ma rafforza la manovra».
Non solo, rispondendo alle polemiche alzate dalle opposizioni sui ritardi nella discussione della Finanziaria (arriverà mercoledì alla Camera), il titolare del Mef replica: «Il ritardo della presentazione del cosiddetto max emendamento è dovuto al fatto che gli uffici del Mef erano pronti con un maxi emendamento, ma la presidenza della Camera ci ha manifestato l’indisponibilità a considerare ammissibile se non spacchettato e abbiamo proceduto a un lavoro molto complicato di spacchettamento per comporre e ricomporre anche le coperture». Tra le novità confermate vi è l’indicizzazione piena per le pensioni 5 volte la minima e viene portata dall’80 all’85% la rivalutazione per gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo (circa 2000-2500 euro). (agg. di Niccolò Magnani)
LEGGE DI BILANCIO, OPZIONE DONNA NON CAMBIA
Arrivano maggiori dettagli sulle modifiche alle misure di riforma delle pensioni contenute nella Legge di bilancio tramite gli emendamenti del Governo. L’aumento delle minime a 600 euro per gli over 75 varrebbe solo per il 2023. Cambiano le percentuali di indicizzazione per gli assegni sopra 4 volte il minimo. Fino a cinque volte aumenta dall’80% all’85%, mentre da cinque a sei volte scende dal 55% al 53%, tra sei e otto volte dal 50% al 47%, tra otto e dieci volte dal 40% al 37% e sopra le 10 volte dal 35% al 32%. Sembra invece che non ci sarà alcun cambiamento a Opzione donna, che di base sarebbe utilizzabile dai 60 anni, con la possibilità di un anticipo fino a due anni per le madri, ma limitatamente a tre categorie: caregiver, invalide almeno al 74%, licenziate e dipendenti di aziende in stato di crisi. Non è chiaro, però, se per Opzione donna davvero non cambierà nulla dato che anche all’interno della maggioranza, e non solo dalle opposizioni, c’erano richieste di modifiche.
LE PAROLE DI VALERII
Intervistato da Formiche.net Massimiliano Valerii, Direttore generale del Censis, spiega che “la riforma Fornero è intrinsecamente sostenibile, perché lega l’età del pensionamento all’allungamento dell’aspettativa di vita. Dunque anche economicamente ha una sostenibilità d’acciaio”. Dunque, “se il Governo, diminuendo l’età pensionabile ha un obiettivo politico, lo deve esplicitare. Posto che è stato dimostrato che non esiste una correlazione tra i pensionamenti e la creazione di nuovi posti di lavoro. Dunque non si genera nuova occupazione”. Oggi a Cagliari si terrà una manifestazione della Uil Pensionati, il cui Segretario generale regionale, Rinaldo Mereu, come riporta sassarinotizie.com, evidenzia che “il Governo ha scelto di far gravare Il carico dell’Irpef ancora sui pensionati e sui lavoratori dipendenti. Infatti, non c’è traccia di lotta alla scandalosa evasione che toglie ogni anno alle casse dello stato centinaia di miliardi (evasione Irpef, Iva, economia in nero ed economia criminale)”.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI PIZZUTI
Felice Roberto Pizzuti, intervistato da free.it, ricorda che “più della metà di coloro che hanno cominciato a lavorare negli anni ’90 e che quindi adesso hanno già accumulato più di 20 anni” di contributi, andrà in pensione tra 15-20 anni con “una pensione contributiva che sarà al di sotto della soglia di povertà”. Tutto questo “significa che sta maturando una bomba sociale. E non c’è nulla di retorico o di esagerato in questa espressione. È proprio così”. “A meno che non si dica ok, fermi tutti. Non facciamo più le toppe e vediamo di risolvere il problema del nostro sistema pensionistico e di come questo sistema interagisce e interagirà con il quadro macroeconomico. Se non si fa questo, tutto il resto è campagna elettorale permanente. Nulla di più”.
LA TOPPA DI QUOTA 41
Secondo il Professore di Economia politica alla Sapienza, la misura di riforma delle pensioni nota come Quota 41 rappresenta ancora una toppa. “Anche questo Governo, come peraltro tutti i precedenti, non sono stati in grado di mettere in atto una revisione vera del sistema pensionistico. O non hanno voluto. E quindi, si continua così. Nessuno si vuole assumere la responsabilità di togliere la toppa e di mettere mano a una revisione vera”. “Credo che siano ormai più dieci anni che si cerca di mettere delle toppe difficili da piazzare a una riforma Fornero, nata in un periodo molto particolare. Che anche in quel periodo molto particolare non aiutò a risolvere né la situazione pensionistica, tantomeno l’equilibrio macroeconomico del Paese”, aggiunge Pizzuti.
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