SPI-CGIL CONTESTA BLOCCO RIVALUTAZIONI
Lo Spi-Cgil critica la misura contenuta nella Legge di bilancio relativo al blocco parziale della rivalutazione degli assegni, evidenziando che “il Governo taglia la rivalutazione delle pensioni, si accanisce contro uomini e donne che hanno lavorato duramente per una vita versando tutti i contributi e smonta una conquista del sindacato senza alcun confronto. Non possiamo restare fermi di fronte a un grave e pesante attacco ai diritti di milioni di pensionati e per questo il prossimo 16 dicembre saremo in piazza Santi Apostoli a Roma per manifestare tutto il nostro dissenso”. Secondo il Sindacato dei pensionati italiani, l’Esecutivo “tratta i pensionati come un bancomat e si prende dalle loro tasche 3,7 miliardi di euro in un solo anno per finanziare la flat tax e misure che favoriscono furbi ed evasori, taglia le risorse alla sanità, non fa nulla per dare seguito alla legge delega sulla non autosufficienza degli anziani e spinge verso l’autonomia differenziata che aumenterà le diseguaglianze nel Paese”.
OCSE SULLA RIFORMA PENSIONI: “INFLAZIONE NON FRENI LE RIFORME”
Secondo il monito giunto oggi dall’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) il tema della riforma pensioni in Italia resta uno degli elementi di maggior “attenzione” a livello europeo, tanto per la spesa quanto per la tenuta dell’intero sistema poggiante su un debito pubblico così elevato. Nella pubblicazione del Pensions Outlook 2022, l’ocre sottolinea come l’attuale incertezza economica e finanziaria non debba fermare la produzione delle riforme necessarie.
Nello specifico, come riporta “Teleborsa” dal monito rivolto all’Italia nell’ultimo outlook, l’Ocse spiega «L’attuale incertezza finanziaria ed economica, nonché l’aumento del costo della vita, potrebbero indurre i responsabili politici, le autorità di regolamentazione e le autorità di vigilanza a rinviare le riforme che potrebbero migliorare i loro sistemi pensionistici. Tuttavia, ritardare le riforme necessarie metterebbe a rischio il benessere dei pensionati attuali e futuri». La raccomandazione è quella di migliorare sempre e comunque i sistemi pensionistici: «Sistemi pensionistici solidi saranno importanti per proteggere gli standard di vita della nostra popolazione che invecchia, poiché le richieste su questi sistemi continuano a crescere», spiega il segretario generale dell’Ocse Mathias Cormann parlando a tutti i Paesi membri Ocse, «Le sfide sono globali, con giurisdizioni di tutto il mondo che affrontano sfide simili in un contesto di crescita più bassa, alta inflazione e incertezza dei mercati finanziari, rispondendo al contempo alle implicazioni dell’invecchiamento della popolazione. Dovremo continuare a sviluppare e rafforzare un sistema multipilastro che combini diversi tipi di regimi pensionistici che si integrano a vicenda e diversificano i rischi». (agg. di Niccolò Magnani)
I CONTI DELLA CGIL SU QUOTA 103
La Cgil ha fatto alcuni conti su Quota 103, la nuova misura di riforma delle pensioni che varrà nel solo 2023, evidenziando che considerando le persone che, secondo la relazione tecnica che accompagna la Legge di bilancio, resteranno al lavoro pur avendo maturato i requisiti richiesti, “la previsione della platea di soggetti che potrebbero utilizzare Quota 103 risulta pari a 40.499”. Tuttavia, “applicando a questa platea, il medesimo tasso di adesione che abbiamo registrato con Quota 100, pari al 40% di coloro potenzialmente interessati, e considerando che molti soggetti decideranno di proseguire l’attività lavorativa – sia per l’incidenza sul calcolo delle pensioni della quota contributiva sia per l’impossibilità di cumulare la pensione con altri redditi di lavoro (al di fuori di quello occasionale sotto i 5.000 euro) – prevediamo una platea di 16.199 persone”. Contando però anche il tetto all’importo del futuro assegno (5 volte il minimo fino al compimento di 67 anni), la Cgil stima “un numero di pensioni accolte con Quota 103 nel 2023 pari a 11.340, il 27,5% di quella stimata dal Governo (41.100)”.
LE PAROLE DI DURIGON SU OPZIONE DONNA
Prosegue il lavoro nel Governo per cercare di modificare la norma relativa a Opzione donna contenuta nella Legge di bilancio 2023. Come riporta Ansa, il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha spiegato che “si sta lavorando alacremente con il Mef per capire quale possa essere la soluzione più adeguata da mettere in campo. Non posso fare annunci oggi. Ma stiamo lavorando”. Repubblica evidenzia che è in particolare la ministra del Lavoro Marina Calderone a voler “tornare alla versione storica di Opzione Donna, consentendo alle dipendenti e autonome un’uscita a 58 o 59 anni con 35 anni di contributi e ricalcolo contributivo. Ma il ministro dell’Economia Giorgetti chiede di rispettare i saldi di bilancio. La mediazione, in vista di una riforma delle pensioni da fare a metà 2023, porterebbe a eliminare il vincolo dei figli (c’è sintonia tra Lega, FdI e Fi) – in odore di incostituzionalità – che abbassa la nuova età di uscita di 60 anni a 59 anni con un figlio o 58 con due figli. Ma lasciare gli altri paletti: solo per donne caregiver che assistono parenti malati, invalide al 74%, licenziate o lavoratrici di aziende in crisi”. Qui l’intervista in esclusiva al nostro quotidiano al sottosegretario Claudio Durigon
RIFORMA PENSIONI, LA DOMANDA DEI PENSIONATI
In un articolo pubblicato su formiche.net, Giuseppe Pennisi scrive che “i pensionati sono consapevoli del grave stato della finanza pubblica italiana e delle incertezze del quadro internazionale ma si chiedono perché un governo eletto, in gran misura, grazie ai loro voti (e a una campagna che hanno fatto per più di cinque anni) sembri accanirsi sulla loro categoria, mentre si avvantaggiano i lavoratori autonomi (con l’aumento del limite di reddito a cui applicare la flat tax) e dei dipendenti a reddito medio-basso (sino a 20.000 euro). Non solo l’accanimento è unicamente sui pensionati Inps (peraltro la grandissima maggioranza) perché le casse autonome rimaste private sono esentate da quelli che vengono considerati ‘nuovi tagli'”.
I DATI DI INARCASSA E CASSA COMMERCIALISTI
Intanto, come riporta Ansa, Inarcassa ha varato il budget 2023 e ritiene che il bacino di architetti e ingegneri liberi professionisti iscritti “a fine 2022 conterà circa 176.800 soggetti, in aumento dell’1,6% sul 2021” e “l’incremento del numero dei pensionati risulta in linea con le proiezioni del Bilancio tecnico e dovrebbe attestarsi a fine anno a 43.000, raggiungendo, per fine 2023, 46.000 unità”. Anche la Cassa dottori commercialisti ha approvato il budget 2023 e stima una crescita del numero di professionisti iscritti “pari a circa 74.500, di cui circa 6.000 pensionati attivi, con un incremento dell’1,6% rispetto alla previsione aggiornata a fine 2022″. Quest’anno i conti dovrebbero chiudersi con “un avanzo pari a 331 milioni, cifra che è previsto salga a 548 milioni, nel 2023”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.