I DATI INPS
Come riporta Ansa, dal Monitoraggio dei flussi di pensionamento dell’Inps emerge che “le pensioni con decorrenza tra gennaio e settembre sono state 596.640 con un calo dell’11,8″% sullo stesso periodo del 2021 (erano oltre 676mila)”. Per quanto riguarda “le pensioni anticipate, il calo è stato lievemente più accentuato con il passaggio da 226.911 a 195.852 (-13,69%)”. Inoltre, “nei primi nove mesi del 2022 sono andate in pensione oltre 50mila persone con meno di 60 anni”. Infine, “sono 18.273 le donne uscite dal lavoro nei primi nove mesi del 2022 grazie alla misura Opzione donna che prevede il pensionamento con 58 anni di età (59 le autonome) e 35 anni di contributi oltre a un anno di finestra mobile con l’assegno calcolato interamente con il sistema contributivo. Secondo il Monitoraggio sui flussi di pensionamento pubblicato dall’Inps nell’intero 2021 sono uscite grazie a questa misura 20.641 donne. Tra gennaio e dicembre sono andate in pensione grazie a questa misura 6.493 donne a 59 anni, 7.355 tra i 60 e i 61, 2.996 a 62-63, anni 1.232 a 64-65 anni e 197 con almeno 66 anni”.
LE PAROLE DI DEL CARLO (ANP-CIA)
Come riporta mi-lorenteggio.com, Alessandro Del Carlo, Presidente dell’Anp-Cia, commentando le dichiarazioni programmatiche di Giorgia Meloni, evidenzia che “l’aumento delle pensioni minime, il rafforzamento del sistema sanitario e dei servizi sul territorio, la lotta all’inflazione e contro l’aumento dei prezzi che sta creando grosse sofferenze agli anziani con assegni pensionistici bassi, non hanno trovato spazio adeguato nelle dichiarazioni programmatiche della Presidente del Consiglio in Parlamento. Eppure, in campagna elettorale, abbiamo ascoltato numerose promesse, come quella di portare tutte le pensioni minime a mille euro”. Intanto, come riporta Teleborsa, Mario Michelino, presidente Andoc Accademia di Napoli, in apertura del convegno “Il welfare dei professionisti, le Casse incontrano gli iscritti”, ha detto: “Al nuovo governo chiediamo di adottare subito provvedimenti che consentano di migliorare il welfare dei professionisti”. Forte anche la richiesta di defiscalizzare le rendite finanziarie ed eliminare la doppia tassazione sulla gestione immobiliare e mobiliare.
LA POSIZIONE DI CONIARE RIVOLTA
Come si legge su contropiano.org, secondo il collettivo di economisti Coniare Rivolta, in tema di riforma delle pensioni sembra “che a fronte delle grida ipocrite contro la legge Fornero utilizzate in campagna elettorale, i palliativi usati per lenirne gli effetti potranno essere stavolta addirittura peggiori di quelli messi a punto dai tre precedente governi dal 2018 in poi. Flessibilità sì, ma a costo di un vero proprio furto legalizzato ai danni dei pensionandi. Il tutto, tanto per aggravare il quadro, in un contesto in cui l’inflazione morde e si scarica soprattutto sulle fasce di reddito più basse. Del resto, cosa ci si poteva aspettare da chi – Meloni compresa – ha sostenuto e votato i governi che hanno messo mano volta per volta al sistema pensionistico. Cosa ci si poteva aspettare da chi, 10-11 anni fa, ha votato le leggi Sacconi e Fornero, base dell’impianto normativo ultra-restrittivo del nostro sistema previdenziale, le avevano votate in parlamento senza remore?”.
LA DECISIONE DI CALDERONE
“Per quanto mi riguarda il mio scopo è attivare subito il confronto con le parti sociali, ho in animo di convocare il tavolo con le parti sociali la prossima settimana”. Così si era espressa Marina Calderone prima del discorso programmatico alla Camera di Giorgia Meloni. E la ministra del Lavoro è stata di parola dato che ha convocato le parti sociali per venerdì 4 novembre alle 15. Martedì aveva ricordato che si sarebbe parlato certamente di sicurezza sul lavoro e di difesa del potere d’acquisto dei lavoratori, ma non mancherà sul tavolo il dossier riforma delle pensioni, su cui non c’è molta chiarezza. La Premier ha infatti accennato alla volontà di prorogare le misure in scadenza a fine anno, come Quota 102, Opzione donna e Ape social, ma non è chiaro se verrà approvata la Quota 41 sostenuta dalla Lega piuttosto che Opzione uomo attribuita alla stessa Meloni. Non resta quindi che attendere per capire se dal confronto di settimana prossima emergeranno delle novità in questo senso.
RIFORMA PENSIONI, I DATI SUL CONTRATTO DI ESPANSIONE
Il contratto di espansione viene accostato ai prepensionamenti, e per questo associato alle misure di riforma delle pensioni, dato che può essere utilizzato per quei lavoratori che siano al massimo a 5 anni dal traguardo pensionistico. Il Sole 24 Ore evidenzia che “i dati del ministero del Lavoro confermano il maggiore utilizzo di questo strumento da parte delle imprese: nel 2021 erano stati siglati 40 accordi per 11.430 lavoratori, dato superato nei primi nove mesi di quest’anno, visto che fino a settembre si registrano 37 accordi per 33.927 lavoratori”. Del resto con la Legge di bilancio 2022 è stato previsto un ampliamento della platea delle imprese che potevano utilizzare tale strumento e dunque non è da escludere che il nuovo Governo possa muoversi nella stessa direzione.
LA POSSIBILITÀ DI UTILIZZARLO
Va tuttavia ricordato che il contratto di espansione si può utilizzare (nelle imprese – o aggregazioni stabili di esse – con almeno 50 dipendenti) nei “processi di reindustrializzazione e riorganizzazione che comportano, in tutto o in parte, una strutturale modifica dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell’attività e per la conseguente esigenza di modificare le competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego. Lo strumento prevede anche l’assunzione di nuove professionalità, in un processo mirato di ricambio generazionale”. Il quotidiano di Confindustria ricorda anche che non si tratta di “uno strumento a regime e mantiene ancora la natura di misura sperimentale”. Vedremo cosa deciderà di fare il nuovo Esecutivo in materia.
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