RIFORMA PENSIONI, IL CALCOLI SULL’USCITA A 64 ANNI
Quota 102, la misura di riforma pensioni introdotta con l’ultima Legge di bilancio, sarà in vigore fino alla fine dell’anno e ancora non si è arrivati a un accordo politico su come sostituirla per evitare il ritorno secco della Legge Fornero. Come ricorda Il Sole 24 Ore, una delle ipotesi potrebbe essere quella di consentire il pensionamento a 64 anni (con almeno 20 di contributi) anche a chi si trova nel sistema misto, dovendo però sottostare a un ricalcolo contributivo del futuro assegno.
Secondo i calcoli del quotidiano di Confindustria, ciò comporterebbe una “penalizzazione” variabile dal 10% al 18%. “Il picco di una riduzione del 18,6% del trattamento, vincolando al ‘contributivo’ l’uscita a 64 anni, riguarderebbe un numero limitato di lavoratori in possesso fino a 17 anni di anni di versamenti al momento ‘agganciati’ al retributivo”, si legge sul Sole.
RIFORMA PENSIONI, LA CONTRARIETÀ DEI SINDACATI
Di contro, sarebbe molto più ampia “la fetta di soggetti con una quota di contribuzione fino a sei anni riconducibile al ‘retributivo’ per i quali scatterebbe una riduzione dell’assegno non superiore al 10%”.
Tuttavia, “la prospettiva di aprire una via d’uscita unica a 64 anni con il ricalcolo contributivo non alletta affatto i sindacati, che insistono sulla possibilità di consentire il pensionamento anticipato attorno ai 62 anni, salvaguardando in qualche modo la quota retributiva (su cui applicare eventualmente piccole ‘penalizzazioni’ crescenti per ogni anno di anticipo rispetto alla soglia di vecchiaia) o, in alternativa, con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica”, aggiunge il quotidiano di Confindustria.
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