L’INCOGNITA SINDACATI
Non è semplice capire quali saranno le mosse del prossimo Governo in tema di riforma delle pensioni. Come noto, la Lega insiste su Quota 41. Forza Italia, invece, vorrebbe aumentare l’importo degli assegni ad almeno 1.000 euro al mese per tredici mensilità. Fratelli d’Italia non ha un vero e proprio “provvedimento bandiera” in ambito previdenziale, ma nell’ultimo scorcio di campagna elettorale Giorgia Meloni ha speso parole di apprezzamento per Opzione donna e ha evidenziato l’opportunità di studiarne una variante utilizzabile anche dagli uomini. Vedremo quale sarà la sintesi di questa variegata visione sulla previdenza del centrodestra, tenendo anche conto che il risultato finale potrebbe dipendere anche dalla volontà o meno di confrontarsi con le parti sociali prima di individuare le misure da inserire nella Legge di bilancio. Tenere conto anche della piattaforma sindacale unitaria potrebbe rappresentare un ulteriore elemento in grado di aumentare il coefficiente di difficoltà per trovare una sintesi.
IL NODO DI QUOTA 41
In un’analisi post-voto pubblicata su money.it viene evidenziato che ora “bisognerà trovare un punto d’incontro sui vari temi emersi in questa campagna elettorale, sui quali la posizione dei partiti del centrodestra non è stata sempre omogenea. In particolare, sulle pensioni Giorgia Meloni ha avuto un approccio fin da subito più prudente rispetto a Salvini e Berlusconi, i quali – parlando di Quota 41 per tutti e di aumento degli assegni fino a 1.000 euro – hanno dimostrato di avere idee ambiziose a riguardo. Sul banco degli imputati finisce quella legge Fornero che Matteo Salvini avrebbe voluto eliminare già nell’esperienza di governo con il Movimento 5 stelle, salvo poi doversi accontentare di Quota 100 per un periodo di tre anni. Difficile che questa volta il leader della Lega faccia un passo indietro, visto che sulle pensioni si è sempre esposto con il suo elettorato”. Resta da capire se Salvini spingerebbe per introdurre Quota 41 già con la Legge di bilancio o se invece preferirebbe fare in modo che le risorse venissero concentrati su interventi contro il caro energia su cui ha insistito negli ultimi giorni prima delle elezioni.
IL TEMPO STRINGE PER IL CENTRODESTRA
Come ricorda Il Sole 24 Ore, dopo le elezioni politiche in tema di riforma delle pensioni “il tempo stringe. Se riuscirà a insediarsi a novembre, il nuovo governo avrà a disposizione meno di due mesi per decidere come evitare il ritorno in toto alla legge Fornero. Che, con la conclusione il 31 dicembre dell’esperienza annuale di Quota 102, diventerebbe automatico dal 1° gennaio del 2003. Non solo: l’esecutivo dovrà anche rapidamente capire se è praticabile la soluzione di Quota 41, che è gradita anche ai sindacati. Per Salvini questa misura costerebbe 1,3 miliardi, ma secondo le stime dell’ Inps già il primo anno si arriverebbe a 4 miliardi, per poi salire a 10 miliardi a regime”. Non va poi dimenticata la promessa di Berlusconi di aumentare le minime a 1.000 euro: un intervento costoso e difficilmente realizzabile subito tenendo conto che nella Legge di bilancio andrà inserita la rivalutazione delle pensioni per il 2023 per la quale “dovranno essere rapidamente recuperati almeno 8-10 miliardi”.
GLI INTERVENTI SOLLECITATI DALL’ANP-CIA
La Presidente dell’Anp-Cia Toscana Nord, Giovanna Landi, spiega che “i pensionati non hanno bisogno di promesse irrealizzabili”. Per questo, come riporta luccaindiretta.it, evidenzia che pur apprezzando gli interventi governativi per aumentare l’importo degli assegni, “diciamo con forza che questo non basta. Lo stanziamento sulle pensioni, a cominciare da quelle minime, significherà un aumento di appena 10 euro mensili. Può questo bastare? Sicuramente no. Ecco perché chiediamo che vi sia un aumento delle pensioni minime a livello di quelle del reddito di cittadinanza (780 euro), l’estensione della quattordicesima mensilità, la modifica del meccanismo di rivalutazione delle pensioni per rispondere meglio agli aumenti dei generi di prima necessità e una riduzione significativa del carico fiscale sulle pensioni. Di questo, fin dai programmi, deve farsi carico chi si candida a governare il Paese dal 25 settembre in poi”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BOERI
Tito Boeri ricorda che la proposta di riforma delle pensioni “sviluppata dall’Inps nel 2015 prevedeva la flessibilità anche per chi è nell’ambito retributivo o misto, dando la possibilità di uscire prima dal lavoro con una decurtazione relativamente modesta degli assegni (molto minore di quella prevista, ad esempio, per Opzione donna). L’idea era quella di intervenire sulla sola quota retributiva delle pensioni, applicando a questa gli aggiustamenti già previsti, in caso di pensionamento anticipato, nella quota contributiva”. Secondo l’ex Presidente dell’Inps, “questo trattamento certamente ridurrebbe le asimmetrie che oggi ci sono tra generazioni diverse quanto a trattamenti pensionistici, asimmetrie ulteriormente acuite da misure come quota 100 o quota 102”.
LA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI
Intervistato da formiche.net, Boeri evidenzia che “la rivalutazione delle pensioni è un qualcosa che avviene in modo automatico, non serve una norma. Servono i soldi e il decreto Aiuti bis ha già concesso delle anticipazioni in questo senso, riducendo l’onere sul bilancio 2023 e dunque sulla manovra del prossimo autunno. Certamente parliamo di perequazioni corpose, visto l’andamento dell’inflazione ma comunque già in parte compensate con le suddette anticipazioni contenute nel decreto Aiuti bis. La mia preoccupazione è semmai un’altra”, visto che le pensioni hanno comunque un meccanismo di rivalutazione, e riguarda “i redditi fissi, che sono i più esposti all’inflazione. Queste persone rischiano la povertà o quanto meno andranno incontro a una forte riduzione del potere di acquisto”.
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