LE PAROLE DI LANDINI

Come riporta Ansa, Maurizio Landini evidenzia che sulle pensioni “stiamo chiedendo una riforma complessiva che sia in grado di affrontare l’insieme dei temi: non ci accontentiamo di qualche quota per vedere cosa succede a gennaio 2023, vogliamo che si affronti e si realizzi una riforma complessiva”. Il Segretario generale della Cgil ricorda anche “le proposte dei sindacati: costruire una pensione di garanzia per i giovani, dare la possibilità di uscire da 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, riconoscere la diversità tra lavori e una corsia per le donne”. Intanto pensiooggi.it ricorda che con la sentenza della Corte di Cassazione n. 30639 del 18 ottobre 2022 è stato espresso il principio secondo cui “la maggiorazione da amianto non consente di neutralizzare i periodi di contribuzione meno favorevoli accreditati negli ultimi anni di carriera lavorativa dell’assicurato. E quindi non determina un aumento della retribuzione media settimanale pensionabile utile ai fini del calcolo delle quote retributive dell’assegno”.



LA QUOTA 102 “FLESSIBILE” COME RIFORMA PENSIONI?

Dalla Quota 41 con soglia anagrafica, alla Quota 102 “flessibile”: le variazioni sul tema in merito alla prossima riforma pensioni sembrano essere le uniche possibilità di vedere già in questa Finanziaria una novità importante sul fronte Previdenza. Con il Governo Meloni appena insediato difficile pensare ad una riforma strutturale già nel 2022: e allora ben vengano i “correttivi” a dispositivi già esistenti, sarebbe il ragionamento di questi giorni sull’asse partiti-Ministra Calderone.



La correzione per rendere flessibile la Quota 102 ancora deve essere varata dalla Ministra del Lavoro ma pare essere un’opzione concreta secondo le fonti raccolte dall’Adnkronos in questi giorni: quando infatti era alla guida della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, l’attuale titolare del Ministero prevedeva pensionamento tra i 61 e i 66 anni, con almeno 35 anni di contributi, purché la somma faccia comunque 102. Dai primi provvedimenti e le istanze presentate in Manovra 2023 si capirà subito se la “mano” di Calderone già avrà detto la sua sulla prossima riforma pensioni.



RIFORMA PENSIONI, IL RUOLO DI GIORGETTI

Il Sole 24 Ore evidenzia che in tema di riforma delle pensioni, bisognerà tenere conto della posizione di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia ed esponente della Lega, partito che in campagna elettorale si è speso molto per Quota 41, una misura che però costa parecchio. “Ecco allora che per far quadrare il cerchio una via praticabile sarebbe quella di avviare Quota 41 accompagnandola almeno nel primo tratto del percorso con un paletto anagrafico come quello dei 61-62 anni, che manterrebbe la Quota finale al livello attuale (102), o la farebbe salire di poco (103) evitando così che il Governo appena nato finisca nel mirino di Bruxelles. Ma bisogna naturalmente vedere che cosa ne pensa la maggioranza e, soprattutto, Giorgia Meloni”, si legge sul quotidiano di Confindustria. Sembra quindi riprendere quota l’ipotesi che l’esecutivo possa varare una Quota 41 ma con una soglia anagrafica minima.

L’ATTESA PER LE MOSSE DEL NUOVO GOVERNO

Francesco Cavallaro, Segretario generale della Cisal, come riporta agenpress, si augura che tra le priorità del nuovo Governo ci sia il “creare le condizioni per aiutare l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, agendo anche sul sistema previdenziale”, che “ha bisogno di una vera e propria riforma dell’attuale quadro normativo profondamente inadeguato, figlio, nei propri aspetti deteriori, delle riforme Dini e Fornero”. Mauro Marino, esperto previdenziale, invece, in un articolo pubblicato su pensionipertutti.it, auspica che la problematica relativa alla riforma delle pensioni “venga affrontata nella sua complessità ed organicità e non solamente riguardo alla flessibilità in uscita. Si faccia un discorso chiaro agli Italiani su quanto potrà essere attuato in questi ultimi due mesi del 2022 e quanto si farà nella primavera del 2023 per completare la riforma nella sua interezza”.

RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI TADDEI

In un articolo pubblicato su lavoce.info, Massimo Taddei spiega che “l’introduzione di una ‘Opzione uomo’ avrebbe sicuramente il merito di permettere ai lavoratori che si sono trovati senza un impiego quando erano avanti con l’età di poter anticipare la pensione e, seppur penalizzati, godere quindi di un reddito fisso senza doversi più preoccupare del reinserimento nel mercato del lavoro”. Tuttavia, una buona parte dell’elettorato “vorrebbe un sistema non molto diverso da Quota 100: pensionamento anticipato con penalizzazione relativa solo ai mancati contributi versati rispetto al requisito di anzianità di 42 anni e 10 mesi (41 e 10 per le donne). Si tratterebbe però di una misura con costi elevatissimi”.

L’ALTERNATIVA A QUOTA 41 E OPZIONE UOMO

Il Governo Meloni, evidenzia l’economista, “sembra quindi costretto a dover decidere tra una misura con un impatto nullo sui conti pubblici, che però deluderebbe una parte consistente del suo elettorato, oppure un’opzione molto costosa che renderebbe ancora più instabile la situazione finanziaria del Paese”. A meno di non rifarsi a una proposta dell’Inps che risale al 2015 che “per garantire flessibilità in uscita prevede che venga mantenuta la quota retributiva nel calcolo della pensione, ma praticando una revisione dei meccanismi di calcolo attuariale e di rivalutazione dei contributi che sia in linea con i coefficienti che vengono applicati alle pensioni di oggi”. In questo modo, “gli assegni pensionistici subirebbero una penalizzazione”, ma essa “sarebbe giustificata dalla possibilità di lasciare il mercato del lavoro in anticipo”.

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