LE PAROLE DI DURIGON, MULÈ E CUZZILLA

Come riporta Tgcom24, Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, ha spiegato che l’aumento delle pensioni minime chiesto da Forza Italia non verrà fatto subito, ma “durante la legislatura”. Giorgio Mulè, deputato azzurro, come riporta Ansa, ha però spiegato, ospite di Agorà su Rai 3, che “con questa legge di bilancio si aumentano le pensioni minime a 574 euro e possibilmente arriveremo a 600 euro come chiede Silvio Berlusconi”. In attesa di capire l’evoluzione su questo punto, Stefano Cuzzilla, Presidente della Cida, ha evidenziato che “il sistema pensionistico ha bisogno di una riforma organica che garantisca sostenibilità ai conti, separando previdenza da assistenza, e che consegni a chi oggi lavora legittime certezze verso il proprio futuro pensionistico”. Nei giorni scorsi la Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità ha inviato le sue proposte di emendamenti alla manovra alla commissione Bilancio della Camera e Cuzzilla ne ha incontrato il Presidente Vincenzo Mangialavori.



LA CISL SI SFILA DALLO SCIOPERO CONTRO RIFORMA PENSIONI E MANOVRA

Dopo l’apertura fatta ieri dal Governo Meloni ai sindacati per modificare alcuni punti della Manovra di Bilancio 2023, compresa la riforma pensioni per il post-2022 su Opzione Donna, i sindacati Cgil-Uil non hanno ravvisato elementi positivi e perciò hanno confermato lo sciopero nazionale tra il 12 e il 16 dicembre. Chi non si dice per nulla d’accordo è ancora una volta la Cisl che, pur ravvisando elementi critici sulla riforma pensioni e su altri elementi della Finanziaria, reputa sbagliato lo sciopero in questo particolare momento storico.



«Uno sciopero contro la manovra è legittimo ma in questa fase secondo noi è sbagliato perché scarica sacrifici sui lavoratori e trasferisce tensioni su aziende già in difficoltà che non hanno alcuna responsabilità», ha detto stamane a “Radio anch’io” su Rai Radio1 il segretario nazionale Cisl Luigi Sbarra. Lo stesso sindacalista ieri aveva spiegato quali erano i punti da affrontare nella Manovra sul tema pensioni: «le priorità sono quelle di ristabilire la piena indicizzazione delle pensioni tra 4 e 7 volte il minimo, perchè il taglio deciso dal governo colpisce in questo caso non pensioni d’oro ma assegni da 1.600-1.700 euro al mese», spiegava ieri Sbarra uscendo dall’incontro dei sindacati con la Premier Meloni a Palazzo Chigi, «non ci convince la stretta su opzione donna: bisogna prorogare gli attuali requisiti». (agg. di Niccolò Magnani)



LE PAROLE DI PERACCHI

Gianni Peracchi, Segretario generale della Cgil di Bergamo, spiega che “la nuova ipotesi di Opzione donna penalizza le lavoratrici e crea discriminazioni”. Come riporta bergamonews.it, secondo il sindacalista “il nuovo testo di Opzione Donna penalizza le lavoratrici rispetto alla versione precedente. Quando è stata introdotta, prevedeva la possibilità che le donne potessero uscire dal lavoro a 57 anni d’età, poi questa soglia è stata spostata a 58 anni e in seguito a 60 con uno sconto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due. Quindi una donna che ha avuto due figli potrebbe andare in pensione a 58 anni mentre una senza figli a 60, creando di fatto una discriminazione tra le lavoratrici. Inoltre, in base al nuovo testo, si riduce molto la platea delle donne che possono usufruire dell’Opzione”. Il sindacalista ricorda peraltro che “usufruendo dell’Opzione Donna, in termini economici, la pensione si riduce in modo significativo”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO

Cesare Damiano suggerisce quattro interventi di correzione sulla Legge di bilancio 2023: “1) Il taglio della indicizzazione delle pensioni deve riguardare gli assegni previdenziali al di sopra delle 8 volte il minimo, circa 4.000 euro lordi mensili. Se si mantiene la soglia proposta dal Governo (circa 2.000 euro lordi, vale a dire 1.600 euro netti), si colpisce il ceto medio del lavoro formato da operai e impiegati, non certo le pensioni d’oro. 2) ‘Quota 41’ (sarebbe meglio dire ‘Finestra’), deve includere anche i lavoratori veramente ‘precoci’, cioè coloro che hanno cominciato a lavorare a partire dall’età di 15 anni e che sono, paradossalmente, esclusi da questo provvedimento. Intanto, occorre includere la seconda lista dei lavori gravosi, approvata nell’ultima legge di Bilancio, in quella dei precoci per consentire loro l’accesso alla pensione con i 41 di contributi a prescindere dall’età”.

I SUGGERIMENTI SULLA MANOVRA

Per l’ex ministro del Lavoro, inoltre, bisogna: “3) Ripristinare la precedente normativa di Opzione Donna. 4) Con i risparmi che derivano dal taglio dell’indicizzazione sopra le 8 volte il minimo, rivalutare la quattordicesima attraverso l’innalzamento del tetto dagli attuali 1.000 ai 1.500 euro lordi mensili. Aumentare l’importo dell’assegno previdenziale erogato mantenendo le tre fasce legate al numero di contributi versati. Si evita così di erogare gli stessi assegni di pensione a prescindere dai contributi versati: una scelta che spinge i lavoratori verso il lavoro nero”. Suggerimenti che potrebbero anche trasformarsi in emendamenti alla manovra. Vedremo se accadrà per tutti o solo per alcuni di essi.

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