LA RICHIESTA DELLO SPI-CGIL SUI LAVORI DI CURA

Dai dati Istat elaborati dallo Spi-Cgil emerge che in Veneto ci sono “circa 255 mila vedove ultra sessantacinquenni molte delle quali vivono con una pensione di reversibilità ben inferiore ai mille euro lordi”.

Come riporta l’Arena, stando al sindacato questi dati evidenziano la necessità di una riforma delle pensioni “complessiva che invochiamo da tempo perché questo divario pensionistico è ingiusto e intollerabile. La prima cosa che chiediamo è il riconoscimento del lavoro di cura perché molte donne hanno svolto compiti e mansioni di importanza fondamentale per la famiglia e per la società, ma questo sacrificio non è riconosciuto a livello previdenziale”. Una richiesta che viene anche dalle altre confederazioni sindacali, non solo dalla Cgil, e che da tempo viene promossa dal Comitato Opzione donna social, ma che ancora non ha ricevuto un riscontro tangibile. Anche perché si è parlato della possibilità di riconoscimento solamente per le donne che hanno avuto figli, con il rischio, quindi, di non riconoscere il lavoro di cure svolto da altre italiane che non sono madri.



LA PROPOSTA DI SALVINI

Matteo Salvini lancia una nuova proposta in tema di riforma pensioni, oltre a quella più nota relativa a Quota 41, riguardante però gli assegni già in essere. Come riporta Ansa, infatti, il Segretario della Lega ha spiegato che “il taglio delle tasse dovrà essere importante, non meno di 10 miliardi, e destinato totalmente a lavoratrici e lavoratori, aumentando il valore della loro busta paga. E le pensioni dovranno essere rivalutate non solo a fine anno, ma visto l’aumento dei prezzi ogni tre mesi.



Almeno 20 miliardi potrebbero essere incassati subito grazie a una nuova e importante Rottamazione delle cartelle esattoriali: un patto e concordato fiscale generale fra cittadini e fisco, dopo due anni di pandemia e con una guerra in corso, è doveroso”. Nelle parole del leader del Carroccio c’è quindi la richiesta di procedere a una rivalutazione trimestrale, e non più annuale, delle pensioni, che aiuterebbe senz’altro ad adeguare il loro importo all’inflazione in modo più rapido. Occorrerebbe però anche studiare già l’adeguamento in senso opposto, qualora ci sia deflazione.

IL RISCHIO NEL RISCATTO DELLA LAUREA

La proposta di riforma delle pensioni targata Tridico all’insegna del riscatto gratuito della laurea ha ricordato molti italiani dell’esistenza del riscatto agevolato. Interpellato da Repubblica, Andrea Carbone, economista e ideatore di @smileconomy, evidenzia, però che “solo chi ha iniziato a lavorare presto, laureandosi per tempo e trovando rapidamente un impiego con versamento di contributi può anticipare la pensione grazie al riscatto. Per chi ha iniziato tardi non serve”.



Tra l’altro chi si è laureato prima o a cavallo del 1996, anno in cui parte il calcolo contributivo della pensione. “rischia di andare in pensione paradossalmente dopo anziché prima. E questo perché il riscatto agevolato consente di riscattare anche gli anni pre-1996 che ricadono nel metodo retributivo (si prende in base alle ultime retribuzioni). Ma solo se si accetta un ricalcolo tutto contributivo della pensione futura. Per i lavoratori misti, in parte retributivi e in parte contributivi come gli over 60, potrebbe comportare una pensione più magra”.

LA PROPOSTA DI PACIFICO (ANIEF)

Pasquale Tridico, partecipando al Festival del lavoro, ha proposto una riforma delle pensioni che porti al riscatto gratuito della laurea, “come avviene in Germania”.

Marcello Pacifico, Presidente nazionale dell’Anief, evidenzia che “anche presidente dell’Inps si dice dunque favorevole alla nostra proposta sul riscatto gratuito degli anni formativi, in linea con il modello tedesco: è vero che si tratta di una spesa per lo Stato, ma in realtà è un investimento che apre il mondo del lavoro ai giovani e favorisce il turn over oggi bloccato”. Il sindacalista sottolinea che “in realtà, il riscatto agevolato costa 5 mila euro ad anno universitario, ma il numero dei laureati è calato progressivamente negli ultimi quindici anni. Ancora di più perché vi sono 10 miliardi risparmiati dall’adesione ridotta a Quota 100, che potrebbero benissimo finanziare l’operazione per almeno due anni. L’obiettivo è permettere a tanti lavoratori di raggiungere un monte di anni tali da uscire dal lavoro attorno ai 60 anni di età anagrafica”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI SBARRA

Come riporta today.it, il Segretario generale della Cisl Luigi Sbarra evidenzia l’importanza di “riprendere il confronto con il Governo e con il sistema delle imprese” perché “significa ridare fiato a una nuova impostazione che tuteli e salvaguardi il potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni”. Restando in casa Cisl, Tina Cupani, Segretaria generale della Fnp-Cisl, commentando gli importi aumentati delle quattordicesime in arrivo per molti pensioni, ricorda che “parliamo di cifre lorde”, dunque non c’è una piena soddisfazione, “perché è il risultato di un provvedimento, l’elevazione del trattamento minimo, che era più che dovuto. Noi dobbiamo, invece, insistere per veder riconosciuta la quattordicesima a tutte le pensioni da lavoro basse, almeno fino a 1.500 euro al mese”.

L’IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Chiaro, quindi, il riferimento a una delle istanze contenute nella piattaforma unitaria sindacale di riforma delle pensioni. Invece, il Segretario nazionale della Fim-Cisl Massimiliano Nobis, sottolinea che “promuovere la formazione professionale, in particolare le competenze digitali, e promuovere la pensione integrativa sono le due priorità del comparto. Avremo 500 mila poveri pensionati se non vi è un intervento urgente sul tema pensionistico. Solo il 5% dei lavoratori del settore dell’artigianato aderisce al secondo pilastro pensionistico. Possibile anche un intervento legislativo che ne preveda l’obbligatorietà”. Vedremo quale strada verrà presa sul fronte dell’incentivazione della previdenza complementare, tema sul quale non mancano proposte, sindacali e non.

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