LE PAROLE DI DAMIANO

Secondo Cesare Damiano, combattere il caro bollette è prioritario e “per quanto riguarda i pensionati, soprattutto quelli a reddito medio basso, una strada da adottare, oltre a quella della rivalutazione delle pensioni per adeguarle al tasso di inflazione, è quella di innalzare il tetto della quattordicesima. Istituita dal Governo Prodi attraverso il Protocollo stipulato con le parti sociali nel 2007, questa misura ha resistito fino ai giorni nostri e ha dimostrato la sua efficacia a protezione delle fasce più deboli”. L’ex ministro del Lavoro suggerisce quindi “a Giorgia Meloni di innalzare l’attuale soglia di 1.000 euro mensili, sotto alla quale si ha diritto alla quattordicesima, alle pensioni che arrivano almeno fino ai 1.500 euro mensili. In questo modo si coinvolgono gli ex operai e gli ex impiegati di qualifica medio bassa nella rivalutazione del potere d’acquisto delle loro pensioni. Difendere i più deboli nella crisi è la prima risposta, necessaria, urgente e di alto profilo sociale”.



L’APERTURA DEL MINISTRO GIORGETTI SULLA RIFORMA PENSIONI DI QUOTA 41

Tra le varie dichiarazioni fatte dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in audizione davanti alle Commissioni riunite per la Nadef 2022-2023, una in particolare riapre la possibilità di trovare già nella Finanziaria del prossimo anno la riforma pensioni di Quota 41. La proposta della Lega, appoggiata anche dai sindacati, viene definita dal MEF come «misura da non escludere» per la Manovra in via di definizione. È chiaro però, conferma il n.2 della Lega, che «Ci dovrà essere qualche forma di compensazione».



A titolo meramente indicativo, Giorgetti indica proprio nella revisione – o meglio «manutenzione» – dello strumento del Reddito di Cittadinanza: il costo di Quota 41 infatti prevede circa 4 miliardi di euro, che possono salire a 9 entro il 2029. Per evitare però lo scalone della riforma Fornero, il Governo Meloni potrebbe pensare alla Quota 41 “con soglia” da finanziare con una modulazione diversa del RdC. (agg. di Niccolò Magnani)

DURIGON SU QUOTA 41

Nel pomeriggio è in programma l’incontro tra Governo e sindacati in cui si parlerà anche di riforma delle pensioni. Sul tema Claudio Durigon spiega che “l’obiettivo che assieme al ministro Calderone ed al Mef ci stiamo dando è quello di evitare che col nuovo anno si torni alla legge Fornero col ripristino dello scalone dei 67 anni. Partiamo con un primo intervento poi vedremo cosa fare confrontandoci coi sindacati quali modifiche introdurre. Per me ora si tratta di dare un segnale per far capire dove si vuole andare, magari inserendo ‘quota 41’ come prima fase per poi costruire la soluzione definitiva”. Intervistato dalla Stampa, il sottosegretario al Lavoro aggiunge che ci sarà una soglia anagrafica per accedere a Quota 41, ma non è ancora stata presa una decisione in merito. “Di certo in un mese e mezzo non riusciremo a fare la riforma, non ci sono riusciti altri governi ed è impensabile farlo ora. E oggettivamente sarebbe anche sbagliato, perché una riforma del genere va condivisa coi sindacati e non si fa in una settimana”. Dunque, bisognerà attendere l’anno prossimo per un intervento più organico.



LE PAROLE DI GIORGETTI

Come riporta Radiocor, Giancarlo Giorgetti, durante l’audizione parlamentare sulla Nadef, ha detto che oggi firmerà “il decreto per l’adeguamento delle pensioni in base ai dati Istat, come previsto dalla normativa vigente, che determinerà un aumento della spesa del 7,3%”. Infatti, ha evidenziato il ministro dell’Economia, nella Nadef si registra “un incremento nella spesa per pensioni. Le nuove stime d’inflazione determinano una diversa ipotesi di indicizzazione, che comporta maggiori oneri per 7,1 miliardi nel 2024 e 5,6 miliardi nel 2025. Per dare un’idea degli oneri che gravano sulla spesa per pensioni per effetto del meccanismo d’indicizzazione all’inflazione, le stime del conto economico a legislazione vigente scontano un incremento di 5,4 miliardi per il 2022, di 21,3 miliardi nel 2023, 18,5 miliardi nel 2024 e 7,4 miliardi nel 2025. Incrementi a carattere continuativo, ovvero si trascinano negli anni successivi aggiungendosi ai nuovi incrementi per adeguamento all’inflazione prevista in ciascun anno. Se pertanto consideriamo il periodo 2022-2025, la spesa per pensioni assorbirà risorse per oltre 50 miliardi”.

RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI GIACOMEL

Secondo Elisabetta Giacomel, responsabile Servizio Studi e Affari Internazionali della Covip e rappresentante dell’autorità di vigilanza nel comitato Edufin per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, in Italia “non è appieno compreso che i cambiamenti demografici che interessano il Paese si rifletteranno anche sulle finanze dei cittadini. Vivere di più è sicuramente una buona notizia, ma occorre fare i conti con il rischio di longevità. Infatti, è ancora poco diffusa la consapevolezza di come effettivamente il sistema previdenziale sia cambiato e che la costruzione della pensione sia in parte rimessa alla responsabilità individuale. I fondi pensione non sono ancora sufficientemente compresi e diffusi”.

L’IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Intervistata da Milano Finanza, Giacomel evidenzia che “in Italia il disegno del silenzio assenso è legato alla scelta di investire il Tfr nel fondo pensione. Per i lavoratori non è una scelta facile quella di decidere di non poter contare sul Tfr in caso di necessità personali, non sapendo di fatto che i fondi pensione concedono le stesse possibilità, anche con minori vincoli rispetto alle aziende. Ci sono poi le resistenze delle pmi a lasciar andare il Tfr, venendo meno un’importante fonte di autofinanziamento” e chiarisce che “i fondi pensione sono uno strumento per assicurare il rischio di longevità, coperto in misura inferiore dalla pensione pubblica rispetto al passato”. Vedremo se il nuovo Governo si occuperà, nell’ambito della riforma delle pensioni, anche della previdenza complementare.

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