IL RITARDO DEI FONDI PENSIONE

Interpellato dal Giornale d’Italia, Simone Bini Smaghi, vice direttore generale e Responsabile direzione commerciale di Arca Fondi SGR, tocca uno dei temi discussi in materia di riforma delle pensioni, evidenziando che “il mercato dei fondi pensioni si è sviluppato ma in maniera insufficiente: solo il 30% di chi lavora ha un fondo pensione, se pensiamo che tanti giovani ancora non hanno un fondo pensione, la riflessione da fare è avere un’iniziativa per fare in modo che si sviluppi veramente il mercato dei fondi pensione. Se un terzo dei lavoratori ha fondi pensione vuol dire che essi sono fuori dal mercato. Sapendo benissimo che c’è una necessità fondamentale per i giovani di essere iscritti al fondo pensione. C’è bisogno di un’iniziativa pubblica, di fare dopo 20 anni che sono state fatte le riforme una seria riflessione su dove siamo e come fare per continuare ad avere una crescita significativa. Nei Paesi occidentali come nel mondo anglosassone i fondi pensione hanno delle quote di mercato rilevanti, da noi siamo rimasti sicuramente indietro”.



RIFORMA PENSIONI FORNERO E NODO RISCATTO LAUREA

Con l’ormai più che imminente ritorno della riforma pensioni Fornero – per tempi stretti entro la fine del 2022 – un problema ulteriore sembra affacciarsi all’orizzonte per i proto-pensionati: nella rubrica “L’esperto pensioni” su “LaRepubblica”, a cura della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, viene posto l’accento sul rapporto complesso tra il percorso di riscatto della laurea e la stessa riforma Fornero.



«La presenza di contribuzione ante 1996 – da lavoro, da riscatto o a qualunque altro titolo accreditata – aliena il diritto ad accedere a pensione tramite trattamento anticipato contributivo che spetta ai lavoratori privi di qualsivoglia contribuzione nella medesima gestione prima del 1996» spiegano gli esperti della Fondazione in merito al tema sollevato da un lettore. Non solo, per poter beneficiare del riscatto agevolato per periodi del corso di studi collocati nel sistema retributivo, «è necessario esercitare contestualmente l’opzione al contributivo ex art. 1 co. 23 L. n. 335/1995, che impedisce a quel punto di accedere a pensione anticipata contributiva (oggi raggiungibile a 64 anni di età, con 20 anni di contributi effettivi e un valore soglia mensile) mediante il computo presso la Gestione Separata Inps». (agg. di Niccolò Magnani)



L’ANALISI DI UNIMPRESA

Secondo un’analisi del Centro Studi di Unimpresa sulla Nadef 2022, “nel 2023 il totale della spesa per le pensioni salirà a quota 320,8 miliardi, in salita di  34,5 miliardi (+12,1%) rispetto al 2021; nel 2024, il totale salirà ancora a 338,2 miliardi, in aumento di 52,1 miliardi (+18,2%) rispetto al 2021 e nel 2025, poi, l’ammontare della spesa per le pensioni arriverà a 349,7 miliardi, con una variazione positiva di 63,5 miliardi (+22,2%) sullo scorso anno. Complessivamente, nell’arco dei cinque anni in esame, la spesa per le pensioni si attesterà a quota 1,592,5 miliardi, ben 161,1 miliardi in più rispetto a quanto sarebbe uscito dalle casse pubbliche se l’inflazione non avesse contribuito a spingere all’insù gli assegni Inps con il prescritto adeguamento al costo della vita. La spesa per le pensioni, che rapportata al Pil era al 16,1% nel 2021, si fermerà al 15,7% quest’anno, poi salirà al 16,2% nel 2023, al 16,4% nel 2024 e nel 2025”.

LA NON PIGNORABILITÀ DEGLI ASSEGNI

Il decreto aiuti-bis ha innalzato la soglia di impignorabilità delle pensioni da 702 a 1.000 euro al mese. Come spiega Avvenire, “l’Inps ha preso atto dell’importante novità, informando i suoi uffici periferici il 29 settembre ma in via riservata (no Internet). Il relativo messaggio, n. 3554, non è diffuso al pubblico sul sito dell’Istituto. Si tratta di una discutibile riservatezza, in base a imperscrutabili criteri e ignorando l’interesse delle fasce più esposte dei suoi pensionati. I quali, inoltre, risultano discriminati. L’Istituto avverte che la nuova disposizione si applica alle procedure esecutive notificate agli uffici dopo il 22 settembre, secondo la data di pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale. Di conseguenza i pignoramenti di data anteriore non usufruiscono del limite ora più favorevole, indipendentemente dallo stato di avanzamento della pratica. Si intuisce che lo stesso Istituto non è certo di questa posizione (che ignora una sentenza della Corte Costituzionale n. 12/2019 favorevole alla retroattività dei limiti), in vista «di maggiori approfondimenti da sottoporre al vaglio dei Ministeri vigilanti» (ovviamente del prossimo Governo)”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI LANDINI E MARRA

Dalla manifestazione nazionale organizzata a Roma, Maurizio Landini, Segretario generale della Cgil, come riporta Ansa sabato ha chiesto una riforma fiscale “che vada a ridurre le tasse sui lavoratori dipendenti e sui pensionati a partire dai redditi più bassi e a rafforzare la lotta all’evasione”. In un intervento su collettiva.it Salvatore Marra, coordinatore Politiche europee e internazionali della Cgil, spiega: “Le nostre proposte sono chiare: fermare la precarietà, ridurre l’orario di lavoro, garantire lavoro di qualità, annullare le differenze salariali tra donne e uomini, costruire pensioni di garanzia che permettano a tutti di vivere una vecchiaia dignitosa, affrontare con fermezza il cambiamento climatico”.

LA PROPOSTA DI GIARDINIERI

Sergio Giardinieri, Presidente della Fipac provinciale di Terni (la Federazione Italiana Pensionati Attività Commerciali, aderente a Confesercenti), intervistato da tuttoggi.info, propone un’alternativa alla promessa del centrodestra di aumentare le pensioni minime a 1.000 euro: “Ad esempio, consentire di portare in detrazione l’intero stipendio che si paga a una badante. Sarebbe un modo per recuperare le tasse pagate sulla pensione. Certo, non tutti hanno assunto collaboratori. Ma sono tanti, tra coloro che hanno più di 75 anni e sono in difficoltà, magari perché soli”. Per i pensionati meno abbienti, invece, “la soluzione più logica e attuabile mi sembra quella che sia la Regione a venire incontro ai pensionati con i redditi più bassi, prevedendo una fascia di esenzione delle addizionali regionali”.

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