RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI DAMIANO
Nella Legge di bilancio bisognerà stanziare almeno 10 miliardi di euro per la rivalutazione delle pensioni. Lo ricorda Cesare Damiano, in un’intervista a formiche.net, evidenziando che “non è una spesa rimandabile, deve essere una priorità, non ci si può sottrarre. Il problema è che le risorse scarseggiano, perché oltre ai soldi per la rivalutazione, c’è anche la questione dell’estensione e della rivalutazione della quattordicesima, che io avevo istituito al tempo del governo Prodi II. Ritengo che se vogliamo coinvolgere le pensioni medio-basse dobbiamo alzare la soglia alle pensioni fino ai 1.500 lordi mensili, che al netto sarebbero sui 1.200 euro”. Ma a fine anno c’è da fare anche i conti con la fine di Quota 102.
LA FLESSIBILITÀ POSSIBILE
Per l’ex ministro del Lavoro, “l’uscita anticipata può riguardare sicuramente i lavori gravosi, con l’Ape sociale che dovrebbe diventare strutturale e non rinnovata di anno in anno. Poi c’è Opzione donna, ovvero l’addio anticipato al lavoro con un taglio fino al 30% dell’assegno e che anch’essa andrebbe resa strutturale”, “insomma, lavori usuranti, Opzione donna e Ape sociale non possono sparire: chi svolge lavori usuranti o gravosi non può non anticipare la pensione. Ricordiamoci sempre che tali misure non superano la legge Fornero, che è viva e vegeta. Per cancellarla servirebbe una grande riforma, per anticipare l’uscita dal lavoro a partire dai 63 anni rendendola flessibile, con una leggera penalizzazione per coloro che non svolgono lavori gravosi. Io ci stavo lavorando, con il ministro Andrea Orlando”.
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