Nel caos generato da una totale assenza di una riforma pensioni 2022, viene avanzata l’ipotesi di rendere strutturale l’ape sociale non soltanto per i lavori usuranti ma anche per altre categorie come i disoccupati. L’ipotesi emerge dal workshop promosso dal CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro.



Riforma pensioni 2022: se non si agisce a luglio, a settembre non si avranno correzioni nella Nadef

La riforma pensioni 2022 è giunta ad un baratro: se non si dovesse discutere di una proposta entro il mese di luglio è probabile che non verrà introdotta nessuna misura correttiva nella Nadef di settembre. Recentemente le dichiarazioni dell’ex ministro del lavoro Elsa Fornero, hanno reso sempre più improbabili eventuali correttivi in quanto l’ex ministro ha sostenuto che la sua riforma è difficilmente sostituibile e sicuramente potrebbe, ma solo in caso di necessità, essere superabile attraverso alcune correzioni. Infatti la riforma vera e propria potrà essere fatta entro il 2030. Tuttavia arriva una nuova proposta che è quella di integrare l’Ape sociale, che verrebbe resa strutturale non soltanto per i lavori usuranti, ma anche per altre categorie.



Si tratterebbe infatti di estendere la proposta anche ai caregiver, invalidi e ai lavoratori che hanno svolto attività gravose, oltre che ai disoccupati.

Riforma pensioni 2022: cosa vuol dire rendere strutturale l’Ape sociale

L’ape sociale prevede l’uscita dal lavoro all’età di 63 anni e con 30 anni di contributi. Questa misura viene adottata soprattutto per quelle categorie di lavoratori che svolgono lavori usuranti, Ma secondo l’attuale proposta dell’ex ministro del lavoro, Cesare Damiano, questa potrebbe essere estesa anche ai disoccupati che non hanno usufruito degli ammortizzatori sociali perché mancavano i requisiti. Si tratta di una proposta che è volta a consentire un ascensore verso l’uscita dal mondo del lavoro anche per coloro che oggi vivono una discontinuità contributiva e che interessa la maggior parte dei lavoratori giovani. In molti infatti avevano lamentato la totale assenza di misure integrate all’interno di riforme delle pensioni che considerassero la situazione dei giovani tra i 25 e i 45 anni.



Una discontinuità contributiva quella di questi lavoratori accentuata sia dai due anni di pandemia che dall’attuale conflitto in Ucraina, i cui effetti collaterali sono soprattutto sostenuti dal settore industriale come il rincaro dei prezzi del grano, della pasta e di tutti i derivati dai prodotti agricoli che solitamente vengono smistati dalla Russia e dall’Ucraina.