RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DEL CSEL

Il Centro Studi Enti Locali (Csel) ha realizzato per Adnkronos un dossier, sulle base dei dati Inps-Upb diffusi la scorsa settimana, relativo all’utilizzo di Quota 100 tra i dipendenti di Regioni ed enti locali. Le domande per usufruire della misura di riforma pensioni introdotta a fine 2018 sono state, in tre anni, 32.892, contro una stima iniziale di circa 50.000. Come spiegare questa differenza? Secondo Csel, “un elemento determinante è l’impatto di questa scelta sul valore dell’assegno pensionistico”, in quanto “mediamente gli aderenti a ‘Quota 100’ sono andati in pensione 2,3 anni prima di quando avrebbero potuto fare in assenza di questo strumento. Questa scelta è costata una riduzione del 3,8% dell’importo della pensione spettante ai lavoratori privato, del 4,5% per gli autonomi e del 5,2% per quelli del settore pubblico, i più penalizzati in assoluto”.



IL RICORSO A QUOTA 100

Va però detto che “sebbene in termini assoluti gli impiegati del settore pubblico che hanno sfruttato questa opportunità siano poco meno di un terzo del totale, se si guarda all’incidenza di queste uscite anticipate sul numero di addetti del comparto, le Pubbliche amministrazioni sono quelle che sono state maggiormente colpite. Nel mondo privato, mediamente ha aderito lo 0,4% del totale dei lavoratori. Anche guardando alla voce trasporti e magazzinaggio, che è il settore dove ‘Quota 100’ ha fatto più presa in assoluto, la media di aderenti si è fermata a quota 1,2%, contro l’1,3 del settore pubblico e il 2,2 del comparto Regioni e autonomie locali”. Questo anche in ragione dell’anzianità “mediamente superiore (il limite dei 38 anni di contributi è meno vincolante che nel privato)”.



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