GOVERNO AL LAVORO SU OPZIONE DONNA
Tra le misure di riforma delle pensioni contenute nella Legge di bilancio 2023 ad aver ricevuto più contestazioni c’è la nuova Opzione donna, con molti paletti che ne limitano di fatto l’accesso, secondo le stime del Governo, a circa 2.900 lavoratrici. Anche per questo, secondo quanto riporta Ansa, la ministra del Lavoro Marina Calderone dovrebbe tenere una riunione informale con esponenti della maggioranza al fine di modificare la norma. Bisognerebbe, però, trovare le adeguate coperture. Intanto l’Osservatorio previdenza della Cgil e la Fondazione Di Vittorio evidenziano che “a fronte di 726,4 milioni” che finanziano gli interventi sulle pensioni riguardanti il 2023, nella manovra “si sottraggono al sistema 3,7 miliardi tra taglio della rivalutazione delle pensioni in essere (-3,5 miliardi) e abrogazione del fondo per l’uscita anticipata nelle Pmi in crisi (-200 milioni). Se si considera il triennio, le mancate rivalutazioni ammonteranno a 17 miliardi”.
LO SCOGLIO SULLE PENSIONI MINIME “LEGATO” AL REDDITO DI CITTADINANZA
Prima dell’approdo alla Camera della nuova Manovra di Bilancio 2022, la Premier Giorgia Meloni ha riunito i capogruppo della maggioranza per dirimere i punti principali contenuti nella Finanziaria – dalla riforma pensioni 2022-2023 fino ai singoli altri capitoli di spesa per il prossimo anno. Come ha spiegato ai cronisti il capogruppo alla Camera di Forza Italia Alessandro Cattaneo, uno dei capitoli principali affrontati è stato il Reddito di Cittadinanza e la sua profonda revisione da attuare nel 2023.
Il capogruppo forzista ha spiegato che il proprio partito l’input è sempre quello di aumentare le pensioni minime fino a 1000 euro, ma non da subito: «Non era un obiettivo realizzabile ora, penso che il grosso delle pensioni sarà sul tavolo che convergerà sulla revisione complessiva del Reddito di Cittadinanza. […] Gli ultimi aumenti erano stati fatti dal Governo Berlusconi e ci voleva Forza Italia per aumentarle». (agg. di Niccolò Magnani)
I PENSIONATI CON LA RIVALUTAZIONE BLOCCATA
In un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore viene evidenziato che i pensionati che saranno interessati dalla mancata completa rivalutazione dei loro assegni, ovvero quelli il cui importo è superiore a quattro volte il minimo, “in base agli ultimi censimenti dell’Inps sono poco più di tre milioni, cioè quasi un pensionato su cinque. Si tratta, quindi, di un esercito di pensionati più numeroso rispetto ai beneficiati dalle nuove norme, che introducono una crescita maggiorata al 120% per le pensioni al minimo: indirizzate a poco più di due milioni di italiani, vale a dire un pensionato su otto”. Il quotidiano di Confindustria ricorda che la mancata rivalutazione piena dura due anni, ma “‘l’effetto vero si cumula nel tempo, dal momento che anche le indicizzazioni del futuro saranno applicate a importi ridotti dal freno tirato nei prossimi due anni”. Non a caso nella relazione tecnica alla Legge di bilancio si stima una riduzione della spesa previdenziale di 36,8 miliardi di euro in dieci anni.
I CONTI DI DAMIANO SULLE PENSIONI
Cesare Damiano evidenzia che dalla relazione tecnica che accompagna la Legge di bilancio si deduce che “a fronte di un risparmio nel 2023 di 2,1 miliardi di euro per la rivalutazione delle pensioni all’inflazione con il metodo delle ‘fasce’ si riscontra una spesa aggiuntiva di 950 milioni di euro così suddivisa: +210 milioni per incrementare le ‘minime’; +571 milioni per ‘Quota’ 103; +134 milioni per la proroga dell’Ape; +14 milioni per il bonus Maroni; +21 milioni per Opzione Donna: totale, 950 milioni di euro. Dunque, un risparmio sui pensionati di 1 miliardo e 150 milioni: alla faccia della redistribuzione di risorse a vantaggio dei più deboli. Al Governo chiediamo di ripristinare l’indicizzazione e Opzione Donna nella versione precedente e includere in ‘Quota’ 103 i veri precoci, cioè quelli che hanno cominciato a lavorare dai 15 anni”. Intanto, come riporta Ansa, dall’assemblea di Enasarco emerge che gli iscritti nel 2021 “sono stati 351.000, di cui circa 218.000 contribuenti e 133.000 pensionati”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DURIGON
Come riporta primapaginanews.it, Claudio Durigon ha detto che pensare che il settore della previdenza “possa essere riformato dalla notte al giorno, come nel caso della riforma Fornero, in questo contesto economico e sociale, è sbagliato”. Il sottosegretario al Lavoro ha evidenziato poi che “con Quota 41 si garantisce un sistema che dà un giusto ed equo compenso per le pensioni. Si tratta di un numero importante di contributi versati, non creiamo pensioni povere, nonostante si vada verso un sistema contributivo dove una grande importanza ce l’avranno anche queste pensioni povere, e che sono sempre più basse. Altro tema di indirizzo che dobbiamo avere come obiettivo per l’anno prossimo è suddividere la previdenza dall’assistenza”.
LA CRITICA DI MAGNI
Tino Magni, invece, va all’attacco evidenziando che “il governo Meloni fa cassa sulle pensioni. La prima manovra del governo si regge su deficit e pensionati. La manovra destina alle pensioni, Quota 103, Opzione Donna, Ape Sociale e ‘bonus Maroni’, circa 700 milioni l’anno prossimo ma si prende 3,7 miliardi, tra parziale rivalutazione all’inflazione e ‘fondo Giorgetti’. Il passaggio dagli scaglioni alle fasce per adeguare le pensioni al caro vita fa fare cassa allo Stato italiano per ben 17 miliardi in tre anni, sui 47 miliardi previsti dall’indicizzazione ripristinata dal Governo precedente a seguito di un accordo con i sindacati”. Come riporta Ansa, per il senatore dell’Alleanza Verdi e Sinistra “la rivalutazione tanto sbandierata come aumento delle pensioni in realtà le pensioni le taglia”.
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