Riforma pensioni 2022: resta sospesa la proposta di Tridico
Nella pressoché totale assenza di volontà nell’affrontare una riforma pensioni che vogliono tutti ma nessuno ha il coraggio di fare, restano sospese a un filo le proposte di Pasquale Tridico, presidente dell’Inps che aveva proposto una pensione in due quote: la prima fino al raggiungimento dei 67 anni di età e la seconda quota sarebbe scattata dopo.
Resta sospesa anche l’incognita del potenziale recupero di quota 102 che pure è stata bocciata così come quota 41 che ha creato due fronti, uno capeggiato da Matteo Salvini, l’altro da Pasquale Tridico che attribuisce a questa proposta un costo di oltre 9 miliardi.
Riforma pensioni 2022: le pensioni potrebbero aumentare?
Tuttavia qualcuno in questo caos terribile potrebbe addirittura ritrovarsi un pagamento inaspettato. Con l’inflazione ai massimi storici infatti gli assegni pensionistici anche quelli minimi potrebbero essere rivalutati fino al 100%.
Già nel 2021 il ministero rivalutò l’incremento pensionistico del 1,7%. Soltanto che l’Istat ha stabilito che l’indice dei prezzi è cresciuto del 1,9% quindi con una differenza dello 0,2%. Questo dovrebbe diritto ad un accrescimento pensionistico di almeno 25 euro ogni 1000 euro di pensione.
Ma con l’inflazione che galoppa a maggio si è registrato un dato allarmante, il 6,8%, e se il dato dell’intero anno 2022 fosse questo lo stato dovrà pagare le pensioni l’anno prossimo con una maggiorazione inaspettata che costerebbe circa 10 miliardi di euro in più.
Riforma pensioni 2022: come funziona il calcolo dell’assegno pensionistico
Il sistema di indicizzazione degli assegni provvede ad aggiornarli sulla base del tasso di inflazione denominato FOI ex tabacchi dell’Istat. Dal 2021 è tornato in vigore il precedente sistema di indicizzazione che favorisce maggiormente i pensionati:
Gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo avranno una rivalutazione del 100% fino a 2.062 al mese. Gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo subiranno un incremento del 90%, da 2062 a 2.578 al mese
Gli assegni sopra 5 volte il minimo avranno una rivalutazione del 75% dell’inflazione sopra i 2.578 al mese.
Dunque se è vero che l’inflazione causerà inevitabilmente un incremento delle pensioni che peserà sulle casse statali per 10 miliardi di euro, la proposta di alcuni partiti di tagliare il cuneo fiscale quindi i contributi INPS a carico del datore di lavoro dipendente diminuirà il montante contributivo per gli assegni futuri. A pagarne le conseguenze In tutti i casi saranno i giovani la cui storia è caratterizzata da una discontinuità contributiva.