GLI EFFETTI DELLA LEGGE FORNERO
Come riporta Repubblica, da uno studio pubblicato sulla Review of Economic Studies, dal titolo “Career Spillovers in Internal Labor Markets” si deduce che “la riforma Fornero ha frenato le assunzioni di giovani e ha ridotto le possibilità di carriera e di aumenti di stipendio dei colleghi dei lavoratori costretti a ritardare la pensione. Effetti negativi che però si riscontrano soprattutto nelle aziende economicamente più deboli, mentre quelle in crescita hanno continuato ad assumere e a promuovere anche dopo la riforma Fornero, pur avendo al proprio interno lavoratori che rimanevano in azienda più a lungo. Nel complesso però la riforma Fornero ha contribuito ad allontanare sempre di più i salari dei giovani e quelli degli anziani: in 35 anni, tra il 1985 e il 2019, il divario salariale tra under 35 e over 35 si è ampliato di oltre il 10 per cento”. Dallo studio “emerge infatti che, in media, il rinvio di un anno del pensionamento per due lavoratori in un’azienda si traduce nella mancata assunzione di un lavoratore”.
RIFORMA PENSIONI OPZIONE DONNA. I POSSIBILI CORRETTIVI IN MANOVRA
Se nella prossima Manovra di Bilancio il comparto sulla riforma pensioni legato a Quota 103 e Ape Social resta sostanzialmente “blindato” dalla maggioranza, nelle interlocuzioni dei prossimi giorni in Commissione potrebbe trovare qualche correttivo la proroga dell’Opzione Donna promossa dal Governo Meloni. Alle varie richieste di modificare alcuni tratti della norma, l’esecutivo si è reso disponibile a rivedere alcuni “paletti”.
Come sottolinea il focus di “Today.it” sulla riforma pensioni 2022-2023, la norma che permetteva fino al 2022 di anticipare la pensione a chi ha 58 anni (le dipendenti) e 59 anni (le autonome) vede alcuni paletti posti dal Governo: in particolare, potranno accedere ad “Opzione Donna” solo caregiver, invalide civili e licenziate o dipendenti di aziende in crisi. La soglia anagrafica alzata a 60 anni, ma «sarà ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni», si legge nella bozza della Manovra di Bilancio. I requisiti rischiano di ridurre notevolmente la platea potenziale della riforma (i primi numeri parlano di solo 3mila lavoratrici per un costo ridotto ai 20,8 milioni di euro): fonti di Governo confermano che la norma sui figli potrebbe essere emendata in Parlamento prima del 31 dicembre 2022. In particolare, resta valida l’ipotesi di una possibile proroga limitata solo ad alcuni mesi anziché ad un anno, dei requisiti oggi in vigore sull’Opzione Donna. (agg. di Niccolò Magnani)
LE STIME UPB SU QUOTA 103
Lilia Cavallari, Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, durante l’audizione sulla Legge di bilancio, come riporta il Quotidiano Nazionale, ha parlato anche di Quota 103, la novità in tema di riforma delle pensioni che sarà in vigore solo per il 2023. “Gli utilizzatori di Quota 103 sarebbero soprattutto uomini, circa l’85 per cento del totale. Se tutti gli aventi diritto aderissero a Quota 103 le maggiori pensioni in pagamento a fine anno saranno oltre 56.400 nel 2023, circa 40.800 nel 2024 e poco meno di 6.400 nel 2025. Se invece l’adesione fosse analoga a quella di Quota 100 nel triennio 2019-2021, il numero di pensioni aggiuntive sarebbe pari a poco più di 29.700 nel 2023, poco più di 26.000 nel 2024 e circa 2.900 nel 2025”, ha detto Cavallari. Il Sole 24 Ore segnala invece che Giovanna Ricuperati, Presidente di Confindustria Bergamo, durante l’assemblea annuale si è chiesta, sempre a proposito della manovra, “come si può incentivare il lavoro e allo stesso tempo operare per anticipare i pensionamenti?”.
LE SCELTE NECESSARIE SULL’OCCUPAZIONE FEMMINILE
In un articolo pubblicato su Linkiesta, Gianni Balduzzi evidenzia che si sta parlando molto negli ultimi giorni dell’ipotesi di modifica di Opzione donna tra le misure di riforma delle pensioni inserite nella Legge di bilancio. L’autore, andando a vedere quello che succede all’estero a proposito di lavoro femminile, spiega che “la strada sembra essere questa: aumentare il livello d’istruzione per le donne, diffondere maggiormente il part time, astenersi da misure che, magari in buona fede, pensano di favorire le famiglie monoreddito, ma che alla fine disincentivano il lavoro femminile. È questo che serve per aumentare l’occupazione di quella fetta di italiani, sempre più piccola, che è in età lavorativa e in particolare di quel pezzetto in cui oggi vi sono meno lavoratori, ovvero le madri. Solo così potremo permetterci di pagare ancora le pensioni in futuro, e magari addirittura il lusso di varare qualche misura di anticipo pensionistico per alcune categorie. Più mamme al lavoro vuol dire anche più nuovi nati, e anche di questi abbiamo un disperato bisogno”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PROIETTI
La Uil, attraverso il suo Segretario confederale Domenico Proietti, boccia le misure di riforma delle pensioni contenute nella Legge di bilancio, a partire da Quota 103, che “è di fatto una beffa per molti lavoratori, non una quota, ma nuovamente un ambo secco, come quota 100 e quota 102. Una misura che ha gli stessi difetti delle versioni precedenti e che privilegia lavoratori con carriere stabili e forti, inoltre per le lavoratrici con l’introduzione delle finestre l’anticipo rispetto alla pensione anticipata regolare è inferiore all’anno. Misura ulteriormente depotenziata dal tetto alla pensione, circa 2500 € mensili, taglio che resterebbe fino al raggiungimento del 67° anno di età e non fino al virtuale raggiungimento della pensiona anticipata. Una penalizzazione che scoraggerà la maggior parte dei possibili interessati”.
IL COMMENTO SUL BLOCCO DELLE RIVALUTAZIONI
Intervistato da pensionipertutti.it, il sindacalista evidenzia anche che “l’attuale formulazione di Opzione donna rappresenta l’esatto contrario di quello di cui le lavoratrici hanno necessità. Prevedere un accesso solo per chi è in particolari condizioni, come l’assistenza a un familiare disabile, equivale a mettere le lavoratrici davanti a un ricatto: ridurre la propria aspettativa pensionistica per assistere un familiare”. Infine, Proietti punta il dito sul nuovo blocco parziale della rivalutazione delle pensioni, definendolo “ingiusto e contro ogni logica, soprattutto in un momento di alta inflazione in cui i pensionati sono i più penalizzati. Un modo per fare cassa e come i governi passati per usare le pensioni come un bancomat per coprire altre poste di bilancio”.
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