LE PAROLE DI SBARRA
La Cisl attende di conoscere i dettagli del decreto approvato ieri dal Governo con lo scopo di ridurre il peso delle bollette per gli italiani anche nel terzo trimestre dell’anno. Secondo il Segretario generale Luigi Sbarra, occorre “mettere in campo misure forti e strutturali per rilanciare i redditi ed il potere di acquisto di lavoratori, pensionati e famiglie, gestire e controllare le tariffe pubbliche, valorizzare e defiscalizzare la contrattazione, alleggerire il carico fiscale sulle fasce medie e popolari del lavoro e delle pensioni”.
Inoltre, “il sistema previdenziale va cambiato e reso più flessibile, inclusivo, socialmente sostenibile, occorre accelerare gli investimenti pubblici e privati ed avviare un grande piano sulle politiche attive, formazione e crescita delle competenze per elevare quantità, stabilità, qualità e sicurezza dell’occupazione. Capitoli che vanno declinati dentro il quadro di un accordo organico a cui la Cisl vuole dare la forma di un moderno patto sociale”.
LE PAROLE DI ERIKA STEFANI
Come riporta quotidianosanita.it, durante il question time alla Camera, la ministra per la Disabilità Erika Stefani ha spiegato che “durante l’esame della legge di bilancio, avevo anche condiviso e sostenuto gli emendamenti che proponevano un incremento delle pensioni di invalidità parziale dal 79 al 99 per cento.
Come è noto, la sentenza n. 152 del 2020 della Corte Costituzionale ha disposto il cosiddetto ‘incremento al milione’ per gli importi percepiti dagli invalidi civili totali, dai ciechi assoluti e dai sordi. Tuttavia, tali incrementi non riguardano coloro che, pur non essendo invalidi al 100 per cento, sono in condizioni svantaggiate. Pertanto, per fare fronte a questa situazione, mi sono attivata insieme con il Ministro del Lavoro, inserendo nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2022, tra i disegni di legge collegati al bilancio, una delega legislativa volta al riordino e all’incremento delle pensioni di invalidità proprio di questo range” e “ciò ci si inserisce, ovviamente, in un contesto di maggiore attenzione da parte del Governo alle politiche in favore delle persone con disabilità”.
PENSIONI DI GUERRA VERSO L’AUMENTO
Come riporta isnews.it, “con l’accoglimento di due ordini del giorno di M5S, Lega e Forza Italia, il Sottosegretario Sartore si è impegnata, a nome del Governo, a rivedere gli importi delle pensioni di guerra”.
Michele Vigne, Presidente dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, promotrice della proposta di aggiornamento, ha ringraziato i senatori che si sono impegnati per “portare all’attenzione del Governo una problematica che, contrariamente a quello che comunemente si crede, tocca ancora oggi decine di migliaia di famiglie”. Il Sottosegretario al Mef Alessandra Sartore si è impegnata “ufficialmente e formalmente a nome dell’Esecutivo a prevedere, in sede di presentazione del prossimo disegno di legge di bilancio, l’incremento del 10 per cento, dal 1° gennaio 2023, di tutti i trattamenti pensionistici di guerra. Una categoria che, ahimè, annovera ancora molti giovani a causa dei numerosi ordigni bellici inesplosi disseminati ancora oggi nel nostro Paese”. Francesco Faccenda, Presidente ANVCG Molise, ha ricordato che “le pensioni di guerra sono al minimo da oltre 30 anni”.
LA RICHIESTA DELL’ANP-CIA
Le pensione di luglio porta in dote a molte italiani la quattordicesima e il bonus una tantum da 200 euro. Misure che, secondo l’Anp-Cia, “non sono sufficienti in questa fase, ma restano misure tampone a cui vanno affiancati provvedimenti strutturali.
Occorre, per esempio, aumentare le pensioni al minimo almeno a 780 euro; modificare i criteri di accesso alle pensioni di cittadinanza; adeguare le modalità di indicizzazione delle pensioni per difendere il potere d’acquisto degli anziani, che è calato già del 4 per cento; istituire una pensione di garanzia per i giovani”. Secondo la vicepresidente nazionale di Anp-Cia, Giovanna Gazzetta, occorrerebbe anche una misura di riforma pensioni che modifichi “le regole previdenziali per le donne, oggi assai penalizzanti. Ricordiamo, infatti, che la quattordicesima ha un importo variabile a seconda della contribuzione con cui è stata liquidata la pensione, elemento che penalizza le donne, che hanno alle spalle una carriera lavorativa spesso discontinua”.
RIFORMA PENSIONI, LE SIMULAZIONI SUI VERSAMENTI ALLA COMPLEMENTARE
MF- Milano Finanza ha cercato recentemente di capire, tramite delle simulazioni affidate alla società di consulenza indipendente Smileconomy, quanto occorrerebbe versare ogni mese in un fondo pensione per arrivare poi a un’integrazione che consente, insieme alla normale pensione, di ricevere un importo pari allo stipendio percepito durante la vita lavorativa. “Ad un trentenne con un reddito di 1.500 euro netti possono bastare cifre mensili tra i 149 euro (dipendente che ha scelto una linea del fondo pensione con rischio medio) e i 261 euro (autonomo con una linea a rischio basso). Per un quarantenne da 2.000 euro netti, le cifre salgono tra i 402 euro (dipendente con rischio medio) ed i 693 euro (autonomo con rischio basso)”.
L’IMPORTANZA DEL FATTORE TEMPO
Spostandosi più in là con l’età, “per i 50enni e soprattutto i 60enni, naturalmente le cifre salgono molto, sia perché sale il reddito, sia perché si ipotizza che il piano per raggiungere l’obiettivo 100% inizi oggi”. Il fondatore di Smileconomy Andrea Carbone evidenzia che “le elaborazioni confermano i punti fermi di ogni ragionamento previdenziale: il valore del tempo e l’aiuto che può offrire il rendimento dei mercati”. Appare chiaro in ogni caso che “costanza di versamenti e iscrizione alla previdenza complementare in giovane età permettono senza costi eccessivi di arrivare al traguardo di quota 100, ovvero all’obiettivo di avere con i versamenti ai fondi pensione, un tasso di sostituzione (ovvero il rapporto tra primo assegno previdenziale atteso, tra parte pubblica e privata, e ultimo stipendio) del 100%”.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.