LE PAROLE DI DAMIANO
Cesare Damiano non ha dubbi: la Quota 41 con 62 anni di età che il Governo potrebbe introdurre per il solo 2023 “penalizza i lavoratori precoci. Ad esempio coloro che hanno cominciato a lavorare a 15 anni, invece di andare in pensione a 56 anni di età, dovranno attendere almeno altri 5 anni a meno che non siano stati licenziati, siano invalidi o accudiscano un coniuge, potendo rientrare nell’Ape sociale: una vera iniquità”, evidenzia, secondo quanto riportato dal Manifesto, l’ex ministro del Lavoro. Critico su questa ipotizzata misura di riforma delle pensioni anche Pierpaolo Bombardieri. “È un errore fare piccoli aggiustamenti che non danno mai certezze a chi va in pensione. Le combinazioni di queste ore sembrano giocate al Lotto. Per noi serve una riforma strutturale, con una pensione di garanzia per i giovani e maggiore tutela per le lavoratrici”, spiega il Segretario generale della Uil intervistato da Repubblica.
LA QUOTA 103 FLESSIBILE: LA POSSIBILE RIFORMA PENSIONI IN MANOVRA
Un anticipo di Quota 41 in Manovra 2022-2023 per rendere poi la vera riforma pensioni realizzabile dal prossimo anno in poi: come andiamo raccontando da giorni l’idea del Governo sembra sempre più quella di inserire già in questa Finanziaria un capitolo specifico sulle pensioni per evitare lo “scalone” della Legge Fornero, altrimenti attivo dal 1 gennaio 2023. Per farlo verrà “mixato” l’esigenza della Quota 41 (andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età) e quello di fissare un’età anagrafica minima a 62 anni.
Viene già chiamata Quota 103 “flessibile” e sostanzialmente si tratta di una riforma pensioni “ibrida”: se approvata così dal Governo Meloni, dal prossimo anno (e forse solo per il prossimo anno) andrebbe in pensione chi ha compiuto 62 anni e ha un minimo di 41 anni contributi. Si sostituisce così la Quota 100 e la Quota 102 e potrebbe essere fissata con scadenza già a fine 2023: come poi anticipato negli scorsi giorni, il MEF di Giorgetti valuta la possibilità di un meccanismo incentivante per chi invece deciderebbe di restare al lavoro nonostante la riforma pensioni di Quota 103 “flessibile”. Si tratta di un +10% di stipendio in più in busta paga al lavoratore che rifiuta di andare in pensione nonostante abbia maturato i requisiti minimi. (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI SBARRA
Luigi Sbarra, intervistato dal Quotidiano Nazionale, spiega che Quota 41 “è per noi condivisibile, a patto di affiancarla a un’altra dimensione della sostenibilità: anagrafica. Bisogna restituire alle persone la libertà di uscire dal circuito produttivo a partire da 62 anni senza penalizzazioni. Va superato il meccanismo delle quote (come combinazione tra età e contributi) che penalizza chi ha percorsi professionali frammentati e precari e tratta tutti i lavoratori allo stesso modo. Così come serve la conferma strutturale dell’estensione dell’ Ape sociale per i lavori gravosi. Non si può stare, insisto, su una gru o sotto il sole nei campi fino a 67 anni. I lavori non sono tutti uguali”. Il Segretario generale della Cisl ricorda anche che “la riforma Fornero del 2011 ha portato alle casse dello Stato risparmi per decine di miliardi l’anno, a cui si aggiungono ingenti somme non utilizzate di Quota 100. Basterebbe utilizzare una parte di questi risparmi, procedendo anche a una separazione tra previdenza e assistenza per verificare la sostenibilità della riforma”.
LE PAROLE DI BARBAGALLO
La Uilp, come spiega il suo Segretario generale Carmelo Barbagallo, nelle dichiarazioni riportate dall’Ansa, apprende “con positività l’imminente firma, da parte del ministro Giorgetti, del decreto per l’adeguamento delle pensioni in base alle risultanze dei dati Istat. Un intervento dovuto, così come previsto dalla normativa vigente, che protegge il potere d’acquisto delle pensioni dal morso dell’inflazione. Ora bisogna continuare in questo senso e adottare altre misure per ampliare il potere d’acquisto dei 16 milioni di pensionate e pensionati di questo Paese. Bisogna partire dalla riduzione della pressione fiscale anche ai pensionati e dall’ampliamento della platea dei beneficiari della quattordicesima con l’incremento dell’importo per chi già la riceve”. Intanto Fabio Porta, deputato Pd eletto all’estero, in un articolo pubblicato su italiachiamaitalia.it, promette che si batterà per una “riforma del sistema di calcolo delle pensioni in convenzione che attualmente penalizza i nostri connazionali percettori di importi pensionistici in pro-rata spesso irrisori e poco dignitosi”.
RIFORMA PENSIONI, IL COSTO DI QUOTA 41
Come riportano sia Il Sole 24 Ore che Milano Finanza, la misura di riforma delle pensioni per consentire di andare in pensione a 62 anni con un’anzianità contributiva di 41 anni per il solo 2023 dovrebbe costare 700 milioni di euro. Il sottosegretario al Lavoro Durigon aveva parlato di una spesa di circa un miliardo, ma aveva altresì ipotizzato che la soglia anagrafica potesse essere di 61 anni. E ieri, come riporta Ansa, a margine dell’assemblea di Cida ha detto che su Quota 41 “stiamo lavorando, vedremo quello che potremo fare ma inizieremo il percorso di quello che abbiamo approvato nel nostro programma”, ricordando che il Governo si è formato in “un momento molto ravvicinato a questa finanziaria, è la prima volta che succede”.
I PENSIONATI ALL’ESTERO
Intanto, come spiega Repubblica, “non sono solo i giovani a lasciare l’Italia per un futuro migliore. Tra i quasi sei milioni di iscritti all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, gli over 65 dal 2006 a oggi sono aumentati del 103,5%, secondo l’ultima edizione del Rapporto della Fondazione Migrantes. I pensionati emigrano per ragioni diverse da quelle dei giovani, scelgono i Paesi con un trattamento fiscale favorevole agli stranieri che trasferiscono la residenza. E magari con un tenore di vita migliore, anche sotto altri aspetti”. In particolare, “Portogallo e la Tunisia, secondo i dati raccolti dalla fondazione, che fa capo alla Cei, sono in cima alle preferenze dei pensionati italiani che scelgono di trasferirsi all’estero”.
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