Riforma pensioni 2022: ritorno alla Fornero?
Il 7 Aprile 2022 il Ministero di economia e finanza ha presentato il documento programmatico che introduce le linee guida entro cui si muoverà il governo Draghi per la spesa pubblica. Come abbiamo notato, non c’è stato nessun capitolo programmatico per la tanto attesa Riforma pensioni 2022. Un elemento non da poco, che ha finito per abbattere le speranze dei sindacati e delle parti sociali che pure si affaccendavano da tempo sui tavoli delle trattative ministeriali, avanzando l’ipotesi di un ritorno della Riforma pensioni della Fornero per il 2023.
Riforma pensioni 2022: in cosa consistono i tagli
In realtà i tagli alla pensione sono già previsti dalle normative vigenti e si attuano solo in particolari condizioni.
I tagli sono previsti per coloro che non rientrano in particolari limiti di reddito. Questa particolare situazione interessa quelle persone che , poiché svolgono già un lavoro, hanno già dei redditi che si sommano alla pensione di reversibilità.
Ma quali sono questi limiti? È bene precisare che i limiti entro i quali l’assegno viene erogato, variano di anno in anno sulla base di particolari disposizioni. Il dato viene commisurato all’importo del trattamento minimo di pensione che la base di misura su cui viene calcolata la pensione di reversibilità. Eventuali variazioni vengono poi indicate dal Istituto nazionale previdenza sociale.
Riforma pensioni 2022: tagli, un po’ di numeri
L’importo previsto come quota di base della pensione di reversibilità è il 66% della pensione percepita dal defunto da cui si eredita la reversibilità.
I tagli sono previsti dalla legge 335/1995 all’articolo 1 comma 41, dove si prevede un taglio che va da un minimo del 25% fino ad un massimo del 50%.
In particolare, la tabella dei tagli della pensione di reversibilità viene così applicata:
- Si effettua un taglio del 25% per i redditi che superano 3 volte (ma inferiori a 4 volte) il trattamento minimo annuo del fondo pensioni lavoratori dipendenti, in questo caso i tagli si applicano per i redditi che vanno da 20489,82 e 27319,76;
- Se i redditi sono superiori a 4 volte, ma inferiore a 5 si effettua una riduzione del 40%;
- In questo caso i tagli si applicano ai redditi compresi tra 27319,76 e 34149,70 euro;
- Dei redditi sono superiore a 5 volte il trattamento minimo si applica una riduzione del 50%, in questo caso i tagli si applicano a;
- I redditi superiori a 34149,70 euro.
Il 2022 il trattamento minimo di pensione sopra citato è pari a 515,58 euro al mese che equivalgono a 6702,54 euro all’anno. Per il computo della pensione di reversibilità la circolare INPS n.38/1999 chiarisce che sono inclusi tutti i redditi che sono assoggettabili all’IRPEF.
Nel computo dei redditi personali devono essere esclusi:
- I trattamenti di fine rapporto e le anticipazioni;
- il reddito della casa di abitazione;
- le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata.
Riforma pensioni 2022: chi ne ha diritto
È bene precisare che non soltanto il coniuge ha diritto alla pensione di reversibilità ma anche i genitori del superstite oppure i fratelli e le sorelle, in sostanza tutti coloro che avevano un legame di parentela stretto e/o erano fiscalmente a carico del defunto.
Con la sentenza numero 88/2022 della Corte costituzionale, viene esteso il diritto alla pensione di reversibilità dei nonni anche:
- ai nipoti maggiorenni;
- agli orfani dei genitori;
- agli inabili al lavoro.
La pensione di reversibilità spetta generalmente al coniuge o ai figli oppure ai superstiti e ai genitori dell’assicurato del pensionato purché, al momento della morte dell’assicurato, questi abbiano compiuto 65 anni di età e non siano titolari di altre pensioni oltre ad essere a carico del lavoratore deceduto.
La pensione di reversibilità può essere ceduta anche i fratelli celibi e alle sorelle nubili, ai nipoti e ad altri soggetti fiscalmente a carico purché siano inabili al lavoro, non siano titolari di pensione.
Per tale richiesta assume come una importanza “la convivenza con l’assicurato deceduto“.
Più generalmente la pensione di reversibilità può essere erogata nei confronti:
- del coniuge;
- del coniuge divorziato a condizione che sia titolare dell’assegno divorzile e che non sia passato a nuove nozze;
- ai figli minorenni;
- ai figli inabili al lavoro a carico del genitore al momento del decesso;
- ai figli maggiorenni studenti a carico del genitore che non prestino attività lavorativa;
- ai figli maggiorenni studenti a carico del genitore che non prestino attività lavorativa e che frequentino l’università.