La campagna elettorale è entrata nel vivo e la riforma delle pensioni interpreta un ruolo da protagonista nel dibattito pubblico. Ieri si è tenuto un incontro tra il Miur e le parti sindacali per affrontare il tema collocamenti a riposo e pensionamenti sia per il comparto dei dipendenti sia per le aree dirigenziali dell’istruzione. Come reso noto da Italpress, sono state rese note le date ultime per la presentazione delle domande di pensionamento per i dipendenti dal primo settembre 2023: sono state fissate al 21 ottobre per il personale dipendente e al 28 febbraio 2023 per il personale dirigente.
Nel corso del vertice sono emerse criticità del sistema pensionistico del sistema di istruzione che, nonostante le diverse modalità per la maturazione dei requisiti, non tiene conto delle specifiche del comparto e dell’area. Gianmauro Nonnis, segretario generale Anief, ha messo in risalto che quello dell’istruzione è “l’unico comparto pubblico che ha bisogno di oltre un milione di laureati: ciò significa che senza un adeguato sistema di valutazione del periodo di laurea, i dipendenti del comparto saranno sempre svantaggiati di oltre un lustro nella maturazione dei requisiti e, col sistema misto e contributivo, nel cumulo dei contributi”. (Aggiornamento di MB)
RIFORMA PENSIONI 2022, MARINO: “RISCHIA IL RITORNO DELLA LEGGE FORNERO”
Secondo l’esperto Mauro Marino, la riforma pensioni 2022-2023 potrebbe essere assai simile, se non proprio la medesima Legge Fornero: a meno di 20 giorni dalle Elezioni 2022 i partiti politici si stanno sfidando a colpi di campagna elettorale e il tema pensioni è comunque uno dei nodi tutt’altro che “risolti” nei singoli programmi delle coalizioniQuota 41 della Lega fino alla flessibilità del Pd, passando per il ritorno della Legge Fornero per il Terzo Polo: la situazione sul fronte previdenza – ma in generale sull’intero comparto economico del Paese – è strettamente legata agli interventi macro-economico che l’esecutivo dopo l’era Draghi dovrà mettere in campo nella già di suo complessa Manovra di Bilancio 2023 da scrivere in pochissimi mesi.
Nell’intervento su “PensioniPerTutti” Marino dice molto nettamente come l’unica vera certezza d oggi è che «tra meno di quattro mesi si torna alla legge Fornero con uscita ordinaria a 67 anni e pensione anticipata a 42 anni e 10 mesi gli uomini e 41 anni e 10 mesi le donne oltre ai soliti tre mesi di finestra». Secondo lui infatti sarà quasi impossibile che un potenziale nuovo Governo di Centrodestra – qualora si confermassero i sondaggi attuali – abbia il tempo in pochissime settimane di imbastire una nuova riforma pensioni entro la fine del 2022.
IMPEGNI DEL NUOVO GOVERNO SUL FRONTE RIFORMA PENSIONI: COSA SUCCEDE DOPO IL 2022
«I partiti politici, nemmeno loro, si aspettavano le elezioni in settembre e non avevano preparato nulla per tempo sulle pensioni. Andando a spulciare i loro programmi elettorali si nota che in ambito previdenziale tutti parlano genericamente di flessibilità in uscita, di pensioni di garanzia per giovani e donne ed in particolare Salvini insiste molto sui 41 anni di contributi per uomini e donne per accedere al pensionamento», scrive ancora Mauro Marino inquadrando la problematica della riforma pensioni 2022-2023. Neanche la Lega, conclude, che pure intende abolire la legge Fornero entrerebbe molto nello specifico della prossima riforma: «traccia solo genericamente i punti programmatici per tenersi le mani libere, verificare i conti economici ed eventualmente inserire qualche provvedimento nella legge di bilancio».
L’ipotesi è che si possa avere una riforma in due fasi: Marino spiega che a fine 2022 si andrà quasi sicuramente con alcuni ritocchi su Ape Social e Opzione Donna (che tutti i partiti intendono rinnovare) mentre sarà poi nel 2023 che la riforma pensioni entrerà veramente nel quadro degli interventi del futuro governo. Lega spinge per la Quota 41 come detto, mentre Meloni punterebbe più a flessibilità in uscita