IL GENDER GAP NELLE PENSIONI
Come riporta Rainews, “la disparità di genere nella previdenza al centro della ottava edizione del Equal pension day organizzato da Pensplan società partecipata dalla regione Trentino Alto Adige e dalle due provincie autonome. Nel 2021 in regione l’assegno di vecchiaia delle ex lavoratrici nelle due provincie era di poco superiore agli 800 euro, contro i 1.916 medi dei pensionati uomini trentini e i 1.661 euro degli altoatesini. In regione il 76 per cento delle donne riceve un assegno di vecchiaia inferiore ai mille euro contro il 32% degli uomini. Il 25% dei pensionati maschi ha un assegno superiore ai 2.000 euro, contro il 5 per cento delle donne. Le cause sono note, spiega maria Luisa Gnecchi vicepresidente del’ Inps. Carriere discontinue e stipendi più bassi. Per ridurre il gap tra pensionati e pensionati una soluzione è la previdenza integrativa, spiega Johanna Vaja, presidente di Pensplan. Una scelta non facile in tempi di incertezze nei mercati finanziarie. Oggi, ancora più mai la chiave per un futuro sereno è una maggiore educazione finanziaria”.
LA SPESA PER LE PENSIONI E L’ATTESA PER LA RIFORMA 2022-2023
Quota 102, Quota 103 o Quota 41: il Governo Meloni non “dà i numeri” ma si appresta a capire cosa poter inserire nella prossima Manovra da mettere in cantiere in tempi rapidissimi. La riforma pensioni 2022-2023 resta uno dei temi di massima interlocuzione tra i partiti e le parti sociali, anche se la tempistica estrema da qui a fine 2022 difficilmente potrà vedere molti tavoli dove discutere il da farsi. Al nodo “tempo” va aggiunto anche quello non da poco della “spesa” per capire quale indirizzo prenderà la prossima riforma pensioni dell’esecutivo.
Gli ultimi dati presentati dall’Inps oggi mostrano come al 31 dicembre 2021 le prestazioni pensionistiche «sono state 22.758.797 (+0,2% rispetto al 2020), per un ammontare complessivo annuo di 313.003 miliardi di euro (+1,7% rispetto al 2020)». I dati dell’Osservatorio INPS conferma la spesa pensionistica italiana come la più alta in Europa, il che non lascia molti margini di manovra espansiva sul tema: «I beneficiari di prestazioni pensionistiche sono 16.098.748 (+3,6% rispetto al 2020), con una media di 1,4 pensioni a testa, anche di diverso tipo: il 68% percepisce una sola prestazione, mentre il 32% ne percepisce due o più; in particolare, il 24% dei beneficiari percepisce due prestazioni, il 75% tre e l’1% quattro o più». (agg. di Niccolò Magnani)
SPUNTA L’IPOTESI DI QUOTA 103
Secondo quanto riporta Repubblica, il Governo oltre alla Quota 102 con Quota 41 ipotizzata da Matteo Salvini, con una sorta di incentivi per alcune categorie, come i medici, per restare in servizio, starebbe studiando (secondo il quotidiano romano, se ne starebbero occupando i tecnici del ministero dell’Economia) anche una misura alternativa di riforma delle pensioni. Si tratta di “Quota 103: con 40 anni di contributi e 63 di età. Anche il qui il bonus scatterebbe per i lavoratori di alcune professioni che scelgono di restare, una volta raggiunti i requisiti della finestra. Se prevarrà Quota 102 o 103, dipende dai conti finali sull’entità della prossima manovra”. In questo senso maggiori indicazioni potrebbero arrivare dalla Nota di aggiornamento al Def che il Governo dovrebbe approvare alla fine della settimana, con il quadro programmatico che volutamente l’Esecutivo guidato da Draghi non ha licenziato dato che era ormai arrivato agli ultimi giorni di attività.
LA MINACCIA DEL CALO DEMOGRAFICO
Come riportato da rifday.it, Luigi Orfeo, Presidente della Società italiana di Neonatologia, evidenzia che “le emergenze del Paese che tengono banco sui grandi media sono – inevitabilmente: l’informazione vive di hic et nunc – quelle che tutti conosciamo: crisi energetica ed economica, lavoro, fisco da riformare, pensioni, sanità, eccetera. Si tratta dei temi, peraltro, che hanno monopolizzato il dibattito parlamentare in occasione del voto di fiducia al nuovo Governo presieduto da Giorgia Meloni, che tutte queste emergenze, ora, è chiamato ad affrontare. Ma non ci sono solo le contingenze e le urgenze che reclamano una decisa e immediata azione del nuovo esecutivo: sul Paese, infatti, incombe una minaccia drammatica, una vera e propria bomba a orologeria che si chiama calo demografico e che porterà l’Italia, in assenza di correzioni significative, a una perdita di 5 milioni di persone nel 2052 e di ben 11 milioni nel 2070 (i dati arrivano dall’Istituto centrale di statistica)”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI SBARRA
Venerdì prossimo Marina Calderone incontrerà le parti sociali e Luigi Sbarra, come riporta Ansa, ricorda che tra le priorità che il sindacato intende segnalare al ministro del Lavoro c’è il tema della riforma delle pensioni. “Dobbiamo scongiurare che dal primo gennaio del prossimo anno scatti questo odioso scalone di 5 anni della legge Fornero. Serve un tavolo politico urgente con il nuovo governo per giungere a soluzioni condivise e per restituire al sistema pensionistico italiano profili di flessibilità, di equità, di stabilità, di sostenibilità delle regole, di inclusività”, evidenzia il Segretario generale della Cisl. Resta da capire quanto spazio ci sarà per le misure previdenziali nella Legge di bilancio che il Governo dovrà varare tra non molto.
L’ANALISI DI MARINO
Secondo Mauro Marino, “è ovvio che in un Governo di coalizione è necessario attuare delle forme di compromesso, ma se questo discorso può essere accettato quest’anno per il poco tempo che ha il Governo a disposizione prima della Legge di bilancio, per contenere i costi, non può valere per sempre”. L’esperto previdenziale, in un articolo pubblicato su pensionipertutti.it, spiega che “ci aspettiamo, quindi, dal nuovo Esecutivo, un immediato fitto e costruttivo dialogo con le forze sociali e le varie associazioni di categoria, oltre ovviamente alle forze politiche di opposizione, per realizzare e approvare al più tardi entro il primo semestre del 2023 l’agognata legge previdenziale per modificare la rigidità della legge Fornero e dare, finalmente, dopo una vita di lavoro, una giusta e decorosa pensione ai lavoratori italiani”.
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