LE RICHIESTE DELLA FILLEA-CGIL

Come riporta l’edizione locale della Nazione, Michele Mattei è stato confermato alla guida della Fillea-Cgil della provincia di Lucca. Il sindacalista ha evidenziato che in tema di riforma delle pensioni, il congresso “ribadisce la necessità di una riforma strutturale del sistema previdenziale, superamento della legge Fornero, introduzione di flessibilità nell’accesso alla pensione a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, garantendo strutturalmente condizioni più favorevoli per l’accesso alla pensione delle categorie più fragili, riconoscendo la diversa gravosità del lavoro. Grazie anche alla Fillea Cgil oggi non solo chi lavora in cava ma anche lavoratori al piano e edili che rientrano in certe caratteristiche possono andare in pensione anticipata. Particolare attenzione è stata dedicata dai delegati all’attività di escavazione, che nel territorio della prov di Lucca è un’attività che va avanti da secoli. Le cave sono luogo di lavoro, fonte di sostentamento per i paesi della montagna e fonte di quella filiera che fortemente abbiamo voluto. L’obiettivo è un rapporto equilibrato tra le esigenze di tutela ambientale e lavoro”.



BRAMBILLA CONTRO LE PENSIONI A 1000 EURO

In un’intervista al Corriere della Sera, Alberto Brambilla torna a criticare la volontà di Forza Italia di portare le pensioni minime a 1.000 euro. “Su 16 milioni di pensionati oltre 7 milioni sono totalmente o parzialmente assistiti dallo Stato e quindi da tutti noi attraverso le tasse che paghiamo. Portare tutte queste pensioni a mille euro costerebbe oltre 36 miliardi l’anno. Con la certezza di prendere mille euro netti al mese, aumenteranno gli evasori e pagheranno quelli che invece hanno il prelievo alla fonte. Perché pagare tasse e contributi tutta la vita per prendere una pensione che, tassata, arriva a poco più di 1.000 euro se, non versando nulla, ne posso prendere mille netti esentasse?”, evidenzia il Presidente di Itinerari Previdenziali, che spiega anche che “la rivalutazione delle pensioni prevista dalla Legge di bilancio ha un effetto punitivo per i pensionati sopra i 2.500 euro di pensione lorda, finendo per colpire quelli che hanno pagato di più in tasse e contributi”.



IL PUNTO INAC-CIA SULLA MANOVRA

Come riporta agricultura.it, Alessandro Mastrocinque evidenzia che la Legge di bilancio “appena varata non contiene quelle misure auspicate a sostegno del welfare e rimanda nuovamente il tema della riforma strutturale delle pensioni. Certamente ha pesato la poca disponibilità di risorse dopo gli aiuti necessari per fronteggiare i rincari energetici”. Per il Presidente del Patronato Inac-Cia, oltre a una Quota 103 che potrà essere utilizzata da pochi italiani, tenuto conto del requisito contributivo di 41 anni, c’è da evidenziare il peggioramento di Opzione donna, “che già aveva poco appeal per le lavoratrici”, mentre la proroga dell’Ape social “mantiene purtroppo il vizio originario e non include i lavoratori autonomi tra i possibili beneficiari”. “Bene, invece, il ritocco delle pensioni minime e la rivalutazioni delle pensioni, anche se alcuni meccanismi applicativi andavano meglio congeniati, visto che alcuni connazionali si vedranno decurtati gli assegni invece che incrementati”, aggiunge Mastrocinque.



LE PENSIONI SUPERANO IL NUMERO DI LAVORATORI

L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre mette in evidenza, come riporta Ansa, che, in base ai dati del 1° gennaio 2022, “anche se di sole 205 mila unità, a livello nazionale il numero delle pensioni erogate agli italiani (pari a 22 milioni e 759 mila assegni) ha superato la platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi (22 milioni 554 mila addetti)”. La situazione appare più squilibrata al Sud, dove le pensioni sono 1.244.000 superiori ai lavoratori. Va anche detto che “il risultato di questa analisi è sicuramente sottodimensionato; in Italia ci sono poco più di un milione e 700 mila occupati che dopo essere andati in pensione continuano, su base volontaria, a esercitare ancora l’attività lavorativa in piena regola”. La causa principale dello squilibrio è “la forte denatalità che, da almeno 30 anni, sta caratterizzando il nostro Paese. Il calo demografico, infatti, ha concorso a ridurre la popolazione in età lavorativa e ad aumentare l’incidenza degli over 65 sulla popolazione complessiva”.

RIFORMA PENSIONI, SBARRA COMMENTA LA MANOVRA

In una lettera alla Stampa, Luigi Sbarra spiega che la Legge di bilancio che ieri è stata approvata definitivamente dal Senato “ha un impianto complessivo decisamente migliorato rispetto al testo iniziale. I contenuti sono coerenti in diverse parti con la piattaforma presentata dalla Cisl”. In particolare, spiega il sindacalista, “è stato importante aver conquistato l’incremento dell’indicizzazione delle pensioni per gli assegni da 4 a 5 volte il trattamento minimo, operazione che garantisce un adeguamento di circa 150 euro al mese per le pensioni con redditi medi”. Il Segretario generale della Cisl non nasconde, però, che è “troppo debole, e di fatto inconsistente, l’intervento su ‘Opzione Donna’”.

IL GENDER GAP PENSIONISTICO

Intanto, come riporta Ansa, dallo studio “Global gender wealth equity 2022” di Wtw, società leader nella consulenza, emerge che “a livello mondiale, le donne arrivano in media alla pensione con appena il 74% del patrimonio rispetto a quello degli uomini, il 76% in Italia e il 77% in Europa” e “che il gap previdenziale tra i generi aumenta con il livello di seniority. Al momento del pensionamento, le donne che ricoprono ruoli di responsabilità e di leadership raggiungono solo il 62% della ricchezza accumulata da pari ruoli maschili. Per i ruoli professionali e tecnici di medio livello, il divario è ancora sostanziale (69%), ma si riduce notevolmente (89%) per i ruoli operativi e di supporto. La stessa tendenza si rispecchia in Italia con le rispettive percentuali: 61% (leadership), 72% (professionisti e tecnici) e 93% (operativi)”.

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