E adesso che la Francia ha affidato i malumori di piazza a qualcuno che ha preferito rappresentarli tra cielo e terra, un moderno Spiderman pronto a tessere la sua tela nell’intento di salvare la popolazione e dire a Macron di tornare coi piedi per terra, evitando cioè di costringere fino all’età di 64 anni la popolazione stressata dal nodo pensioni, anche l’Italia si dà da fare e cerca di portare in piazza qualche protesta. Ci prova almeno. E mentre il 1 maggio si fa sempre più vicino, nel belpaese trovano spazio soltanto i leoni da tastiera.
Riforma pensioni 2023: in che modo reagirà l’Italia?
I resistenti all’attuale sistema sono pochi e si ritrovano soprattutto nelle piazze web, quelle di Facebook o di altri social, dove la stragrande maggioranza delle persone cerca di protestare almeno virtualmente per l’assenza di una legge garantista sulle pensioni. A tutala dei loro interessi però non hanno i rappresentanti delle sigle sindacali, ma solo la reale ingerenza di una classe lavoratrice che chiede maggiori tutele, maggiori diritti o almeno la stigmatizzazione degli stessi. Una stigmatizzazione doverosa perché grande è l’aspettativa e il peso del tanto inflazionato articolo 1 della Costituzione e proprio in riferimento a quello, l’assenza di una legge strutturale in un paese come l’Italia stride in maniera indicibile.
E non importa se i rappresentanti sindacali non abbiano deciso fino a questo momento di portare le ragioni della protesta in piazza, nemmeno con l’avvicinarsi del 1 maggio, festa di tutti i lavoratori. Perché in effetti in Italia, ciò che si sta portando alla disintegrazione totale sono esattamente i diritti dei lavoratori. L’ultima riforma voluta dalla destra di Giorgia Meloni, per essere chiari, è una proroga dei contratti a tempo determinato che se prima non potevano essere rinnovati per oltre 12 mesi, adesso possono facilmente essere portati a 24. E dunque non si tratta di un immobilismo sterile, quello dell’attuale esecutivo, quanto di un vero e proprio lavoro per alleggerire il carico fiscale delle aziende, come quello legato al costo del lavoro.
Riforma pensioni 2023: i sindacati tra due fuochi
I rappresentanti delle fasce sindacali, quelli cioè che sotto il dicastero di Orlando cercavano un accordo per una exit a 64 anni, ma che con la Calderone hanno plaudito all’ipotesi di quota 41 per tutti hanno le idee confuse. La soluzione infatti non avrebbe risolto il problema della pensione anticipata che anzi sarebbe divenuta un miraggio, ma avrebbe costretto al lavoro per oltre 10 anni gli attuali lavoratori over 50 che non hanno goduto di una continuità contributiva. I giovani invece sarebbero rimasti al lavoro ben oltre i 75 anni.
E così, sempre in vista del 1 maggio, ci si prepara a uno sciopero generale in Francia, dove i sindacati ancora hanno voce. In Italia invece la prima vera grande protesta dinanzi all’immobilismo preoccupante deve ancora avvenire. In decenni di assenza di una normativa infatti, il 1 maggio ha significato per i lavoratori poco più che una festa di piazza.
Luigi Marattin, rappresentante d’Italia Viva ha recentemente usato la vicenda francese per ricordate agli italiani che l’abbassamento dell’età pensionabile è un miraggio che quello che sta accadendo oltralpe deve far riflettere quanti ancora ingenuamente se lo stiano auspicando. Insomma l’abbassamento dell’età pensionabile non è proprio possibile. Meglio metterselo in testa. In che modo in un’Italia del genere potrà accadere che i sindacati decidano di difendere realmente i diritti dei lavoratori?
Anche se la riforma pensioni dovesse trovare spazio in Gazzetta Ufficiale domani mattina, arriverebbe comunque tardissimo. Sono decenni di malagestione delle politiche del lavoro ad aver messo in ginocchio il sistema previdenziale di ieri e di oggi e, ad ogni buon conto, anche quello di domani.