RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI DAMIANO

In un articolo pubblicato sul sito di Ipsoa, Cesare Damiano commenta le scelte di riforma delle pensioni della Legge di bilancio chiedendosi come sia possibile “concepire e strutturare uno ‘strumento unico’ per accompagnare alla pensione lavoratori-contribuenti con caratteristiche così diverse tra loro? Qual è la logica che supporterebbe un tale strumento?”. L’ex ministro del Lavoro ricorda, infatti, che “l’Ape sociale è indirizzata a lavoratori subordinati che abbiano svolto per almeno 6 degli ultimi 7 anni di attività, o per 7 anni nell’ultimo decennio, una mansione particolarmente rischiosa o pesante, che deve far parte dell’elenco aggiornato nel 2022. Inoltre, non si tratta di un anticipo della pensione ma di un assegno-ponte plafonato a 1.500 euro lordi mensili”.



LA DIFFERENZA TRA OPZIONE DONNA E APE SOCIAL

Opzione donna, invece, sottolinea ancora Damiano “riguarda lavoratrici dipendenti e autonome che abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età di almeno 60 anni: una vera e propria pensione tutta calcolata con il metodo contributivo. Ciò al di là del restringimento dei requisiti già operato dall’Esecutivo Meloni lo scorso anno: l’ultima versione di questa misura aveva penalizzato le lavoratrici, mettendo alcuni vincoli ulteriori per poter accedere a questa, peraltro già penalizzante, forma di anticipo pensionistico. È evidente che la differenza strutturale delle platee e delle ragioni per accedere all’anticipo pensionistico rende illogico l’accorpamento in un’unica misura. In parole povere: come si può assimilare un edile a chi deve svolgere lavoro di cura familiare?”.



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