LE PAROLE DI CAPONE
Come riporta 7colli.it, Paolo Capone, Segretario generale dell’Ugl, spiega che “in vista della Legge di Bilancio auspichiamo una riforma previdenziale equa che proroghi gli strumenti attualmente in essere, magari ampliando la platea di coloro che possono accedere all’Ape sociale, rivedendo le regole per l’accesso ad Opzione donna, fermo restando l’obiettivo di legislatura dell’introduzione di Quota 41”. Marcello Pacifico, Presidente nazionale dell’Anief, dopo l’incontro tra il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e i sindacati della scuola sottolinea che “parlando di pensioni, il 50% dei docenti è over 60. Bisogna seriamente parlare del riconoscimento del riscatto gratuito degli anni di formazione. Questo argomento si lega all’altro tema: a 63 anni, posso inserirmi nel progetto di orientamento dei giovani insegnanti? Il tutor concepito dal Pnrr va su questa strada, la scuola dovrebbe andare su questa strada”.
LE SCADENZE NEL MONDO DELLA SCUOLA
Come ricorda orizzontescuola.it, la finestra temporale per presentare domanda di pensionamento dalla scuola “va dal 19 settembre al 23 ottobre 2023 per docenti e ATA. Mentre per i dirigenti scolastici c’è tempo fino al 28 febbraio. Nello specifico, la scadenza riguarda le domande di cessazione per dimissioni volontarie dal servizio o delle istanze di permanenza in servizio, ovvero per raggiungere il minimo contributivo. Entro il 23 ottobre gli interessati hanno la possibilità di revocare le istanze, ritirando, tramite il sistema POLIS, la domanda di cessazione precedentemente inoltrata. Il termine del 23 ottobre 2023 deve essere osservato anche da coloro che, avendo i requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini) e non avendo ancora compiuto il 65° anno di età, chiedono la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale con contestuale attribuzione del trattamento pensionistico, purché ricorrano le condizioni previste dal decreto 29 luglio 1997, n. 331, del Ministro per la Funzione Pubblica”.
LE PAROLE DI PORTA (PD)
Fabio Porta spiega che “la riforma pensionistica non farà parte delle misure programmate all’interno della prossima legge di bilancio per il 2024, che a quanto pare si limiterà a confermare l’esistente – Quota 103, Opzione donna rivisitata e l’Ape sociale – perché il budget previdenziale a disposizione non consentirebbe grosse innovazioni”. Come riporta Aise, il deputato del Pd eletto all’estero evidenzia che “certamente una delle misure più ‘sbandierate’ nel corso dell’ultima campagna elettorale non sarà rispettata, e cioè l’aumento da 600 a 1.000 euro delle pensioni minime”, che “rimane quindi una chimera elettorale e una promessa non mantenuta ed è un peccato perché effettivamente le pensioni minime in Italia sono molto basse e non consentono un tenore di vita appena decente, considerato anche che questo Governo è riuscito a trovare le risorse per specifiche categorie, come gli autonomi e i professionisti, con la flat tax al 15% per redditi fino a 85.000 euro. Vedremo se nel corso di questa legislatura si riuscirà ad aumentare fino ad un importo ragionevole e necessario anche le pensioni minime”.
LA RICHIESTA UILP
Manca poco al varo della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza da parte del Governo, che fungerà da cornice per la Legge di bilancio. Come riporta umbriadomani.it, La Segretaria regionale umbra della Uil Pensionati Elisa Leonardi, evidenzia che “noi chiediamo la piena rivalutazione di tutte le pensioni, un sistema di perequazione più equo con indicatori e un paniere Istat più rappresentativi dei consumi delle persone anziane. Non possono essere sempre loro a pagare”. Tra le misure di riforma delle pensioni contenute nella manovra potrebbe esserci un incentivo alla staffetta generazionale tramite part-time dei pensionandi in cambio dell’assunzione di giovani. “Una nuova norma che si aggiunge a un sistema complesso e pieno di stratificazioni ed eredità di un passato che si fa fatica a dimenticare? Se la proposta diventerà legge, avremo occasione di verificarlo”, sottolinea Carlo Mazzaferro in un articolo pubblicato su lavoce.info.
RIFORMA PENSIONI, L’INCENTIVO PER CHI RINUNCIA A QUOTA 103
Tra le misure di riforma delle pensioni introdotte con la Legge di bilancio varata lo scorso anno vi era anche un incentivo per quei lavoratori che, pur raggiungendo i requisiti per Quota 103, decidono di restare al lavoro. Come ricorda Il Sole 24,Ore, tale incentivo, pari alla contribuzione pensionistica trattenuta a carico del lavoratore, pari a circa il 9%, poteva essere richiesto dal 1° aprile scorso, e “i lavoratori che hanno presentato la domanda di rinuncia dell’accredito contributivo entro il 31 luglio scorso, avendo perfezionato i requisiti di accesso alla pensione entro tale data, hanno facoltà di chiedere che la rinuncia produca effetto a decorrere dalla prima decorrenza utile di Quota 103”. Il quotidiano di Confindustria ricorda che “per i pubblici dipendenti la rinuncia produceva effetti dal 1° agosto 2023”.
LA PRECISAZIONE DELL’INPS
Tramite la circolare 82/2023, l’Inps ha precisato “che il datore di lavoro è tenuto a versare la sola contribuzione a proprio carico, venendo sollevato dal versamento della contribuzione che sarebbe stata trattenuta al lavoratore, poiché quest’ultima è erogata in favore del dipendente, aumentando di fatto l’imponibile fiscale e il netto in busta. La facoltà di rinuncia, attivata dal lavoratore, può formare oggetto di revoca una sola volta da parte dell’interessato e produrrà effetto dal primo giorno del mese successivo. Nelle ipotesi di variazione del datore di lavoro, la scelta di avvalersi dell’incentivo verrà comunicata dall’Inps al nuovo datore, tramite cassetto bidirezionale. L’incentivo cessa di essere corrisposto in caso di rinuncia da parte del lavoratore, al raggiungimento dei requisiti ordinariamente previsti per l’accesso alla pensione di vecchiaia o al conseguimento di una pensione diretta”.
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