L’EQUILIBRIO NECESSARIO PER LA RIFORMA DELLE PENSIONI

In un articolo sul sito del Sole 24 Ore viene ricordato che “attualmente in Italia ci sono più pensionati che lavoratori. A livello nazionale il numero delle pensioni erogate agli italiani (pari a 22 milioni e 759 mila assegni) ha superato la platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi (22 milioni 554 mila addetti). I dati, che si riferiscono al 1° gennaio 2022, fanno luce su una situazione squilibrata soprattutto nel Mezzogiorno, anche se, in linea di massima, a livello nazionale si registra una controtendenza solo in alcune regioni”. Il quotidiano di Confindustria evidenzia, quindi, che una vera riforma delle pensioni e un piano a lungo termine per il sistema previdenziale “potranno essere, quindi, decise solo attraverso l’aumento del tasso di occupazione, la promozione della parità di genere sul posto di lavoro, la lotta alla precarietà e il rafforzamento del sistema di contribuzione previdenziale. Obiettivi raggiungibili solo con un dialogo aperto tra il Governo, i sindacati ed i cittadini, che punti alla costruzione di un sistema previdenziale equo ed efficace”.



CAZZOLA SUL POSSIBILE RINVIO DELLA RIFORMA PENSIONI NEL 2024

E se la riforma pensioni attesa per il 2023 dovesse “slittare” all’anno prossimo? La previsione viene fatta oggi da Giuliano Cazzola su “Pensioni per tutti” alla vigilia dei nuovi tavoli previsti per i prossimi giorni sul “cantiere” della riforma ‘anti-Fornero’. «Penso che si andrà all’anno prossimo», spiega Cazzola sulla possibilità di una Quota 41 strutturale come auspicato dalla Ministra Calderone, «nel quadro di quella riforma strutturale che per adesso non è alle viste, salvo gli omaggi rituali che ogni tanto vengono fatti per ossequiare i due vitelli d’oro di quota 41 e della c.d. flessibilità allo scopo di tranquillizzare da un lato la Lega, dall’altro i sindacati».



In merito alle modifiche su Opzione Donna il problema, ravvisa l’ex parlamentare sempre a “Pensioni per tutti”, potrebbe riguardare le coperture finanziarie: «A legge di bilancio approvata non è agevole operare al di fuori delle poste assegnate alle varie voci». Si dice che le risorse potrebbero derivare dalla riforma del Reddito di Cittadinanza in quanto il MIA (Misura di Inclusione Attiva, qui l’intervento di oggi di Cazzola sul “Sussidiario”, ndr) dovrebbe prevedere criteri più rigoroso per gli occupabili: «Questo collegamento però rinvierebbe quanto meno a settembre anche l’entrata in vigore della opzione donna revisionata». (agg. di Niccolò Magnani)



LA POSSIBILE SOLUZIONE PER OPZIONE DONNA

Secondo quanto riporta il sito di Repubblica, all’interno del decreto sul Reddito di cittadinanza potrebbe essere inserita una modifica a Opzione donna. L’idea è quella di renderla accessibile a 59 anni senza più i paletti previsti dalla Legge di bilancio (invalidità, caregiver e dipendenti di aziende in stato di crisi o licenziate), che resterebbero invece in vigore per chi volesse invece andare in quiescenza a 58 anni. L’unico ostacolo a questa modifica, evidenzia il quotidiano romano, resta il nodo delle risorse, dato che per il 2023 servirebbero 70-80 milioni di euro, mentre per il 2024 fino a 320 milioni. Dunque, diventa fondamentale il giudizio del ministero dell’Economia e delle Finanze, per capire se ci siano effettivamente risorse a disposizione. Nelle scorse settimane si era parlato anche della possibilità che il ministero del Lavoro mettesse sul piatto risorse proprie, anche se non sarebbero con tutta probabilità sufficienti da sole a coprire le necessità per l’intervento su Opzione donna.

L’ANALISI DI BELLETTI

In un articolo pubblicato su Famiglia Cristiana, Francesco Belletti spiega che le differenze di genere presenti a livello di retribuzioni creano “uno svantaggio ancora peggiore per le donne una volta che si andrà in pensione, perché redditi e retribuzioni più basse e discontinue implicano inevitabilmente contributi previdenziali inferiori, e quindi uno svantaggio  economico per le donne anziane anche rispetto alle pensioni”. Oltretutto, “questo svantaggio previdenziale è strettamente collegato anche ad un fattore specifico, già noto a livello internazionale, che potremmo definire ‘penalizzazione della maternità’”. Infatti, “troppo spesso la maternità contribuisce ad un abbassamento salariale (e contributivo), ad interruzioni nei versamenti e nei salari, e tutto ciò si scaricherà, inevitabilmente, in un ulteriore “svantaggio pensionistico” per le donne–madri”. Per questo, aggiunge il Direttore del Cisf, “ci pare estremamente importante che nelle più recenti proposte di rivisitazione di ‘Opzione donna’ sia stato introdotta la possibilità di anticipare l’età pensionabile in funzione del numero di figli della donna”.

RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI PARODI (FAI)

Roberto Parodi, Segretario Fai – Frontalieri autonomi intemeli, come riporta sanremonews.it, ricorda che “la recente legge di stabilità, pubblicata in gazzetta ufficiale il 16 gennaio, ha detassato le pensioni dei frontalieri del Principato di Monaco con una aliquota sostitutiva al 5%. Riguarda più di 8000 pensionati che potranno notevolmente risparmiare sulle imposte già da quest’anno con l’acconto Irpef. L’acconto Irpef può essere versato con due metodi di calcolo. Il primo, classico, è lo storico il secondo il previsionale. Bisognerà pertanto richiedere il previsionale per potere usufruire la riduzione al 5%”. E Fai “si è rivolta a uno studio di consulenza tributaria per richiedere il parere e il metodo di presentazione in dichiarazione dei redditi”.

LA RICHIESTA DI SUPPLEMENTO DI PENSIONE

Intanto il sito del Patronato Acli ricorda chi è in pensione e continua a lavorare può “integrare i contributi versati successivamente alla data di decorrenza della pensione” attraverso la richiesta di supplemento di pensione, “una prestazione Inps che spetta ai titolari di pensione diretta che continuano a lavorare versando i relativi contributi”. Si può presentare dopo “la prima volta dopo 5 anni dalla data del pensionamento e successivamente, sempre, ogni 5 anni dall’ultimo supplemento, che sommandosi alla pensione già in essere, ne determina un aumento”. Si può anche richiedere il supplemento, “ma solo una volta, dopo due anni dalla data di decorrenza della pensione o dall’ultimo supplemento a condizione che sia stata compiuta l’età pensionabile, (67 anni nel 2023) prevista nella gestione in cui si chiede il supplemento stesso”.

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