LE PAROLE DI CAPONE
Paolo Capone spiega che “in vista dell’imminente discussione della Legge di Bilancio in Senato, l’Ugl ritiene essenziale porre l’attenzione sul tema pensioni. In tal senso, Quota 103 rappresenta un primo passo considerati i margini ridotti dell’attuale Manovra finanziaria. L’obiettivo nel medio periodo resta Quota 41, che prevede 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica, in quanto offre a migliaia di persone la possibilità di scelta e favorisce la flessibilità in uscita oltre a incentivare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”. Come riporta Il Giornale d’Italia, secondo il Segretario generale dell’Ugl “superare la Legge Fornero rappresenta il presupposto essenziale per garantire la coesione e la stabilità sociale. Siamo disposti a discutere di nuovi meccanismi che incentivino la flessibilità in uscita e il ricambio generazionale, ma sull’Ape Sociale e Opzione donna forse si poteva essere meno drastici”.
SINDACATI DEI MEDICI CONTRO IL GOVERNO: “SCIOPERO CONTRO LA RIFORMA PENSIONI IN MANOVRA”
Dopo la “triplice” anche i sindacati dei medici contestano la parte della riforma pensioni in Manovra di Bilancio: come però anche la Cgil, le sigle Anaao Assomed e Cimo-Fesmed promettono nuove forme di protesta entro la fine di dicembre. La Manovra del Governo punta a fare cassa sulle pensioni dei medici e dei dirigenti sanitari, che rientrano a pieno titolo in quel 13% di popolazione che contribuisce con le loro tasse al 60% del gettito Irpef», si legge in una nota dei sindacati sanitari.
Le misure inserite nella Finanziaria, dalla Quota 103 rivista all’Ape social fino alla rivalutazione degli assegni, sarebbero addirittura un «inaccettabile attacco ai diritti acquisiti»; in particolare, i sindacati Anaao Assomed e Cimo-Fesmed contestano la rifrazione delle aliquote di rendimento «contributi versati prima del 1996 colpendo quasi il 50% del personale attualmente in servizio con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l’aspettativa di vita media». (agg. di Niccolò Magnani)
LA CRITICA DI BOMBARDIERI
Pierpaolo Bombardieri è molto critico sulle scelte di riforma pensioni fatte dal Governo con la Legge di bilancio, in particolare sulla misura che interviene sul calcolo della pensione di alcuni dipendenti pubblici. “Ai lavoratori bisogna dare certezze, mentre oggi nessuno è sicuro di cosa gli succederà quando andrà in pensione. Cambiare le regole del gioco a scapito di chi si sta avvicinando all’età della pensione è gravissimo, così come è molto grave intaccare diritti acquisiti”, spiega infatti il Segretario generale della Uil in un’intervista alla Stampa, nella quale critica anche la nuova versione di Quota 103, che, “intervenendo sulle finestre d’uscita, comunque allunga i tempi”. Bombardieri evidenzia anche che “ancora una volta non si prevede nulla sulla separazione tra previdenza ed assistenza: tutti parlano di un peso delle pensioni pari al 17% del Pil, senza considerare che almeno 3 punti riguardano costi assistenziali e che pertanto quando si informa a Bruxelles andrebbero quanto meno indicati a parte. E poi non c’è nessuna risposta sulla flessibilità in uscita”.
LE PAROLE DI LANDINI
Come riporta l’Agenzia Dire, secondo il Segretario generale della Cgil Maurizio Landini, la Legge di bilancio “non è quello che serve al Paese, non solo perché non ci sono risposte sui salari ma perché si peggiorano alcuni istituti importanti come le pensioni, su cui si peggiora la riforma Fornero”. Dai dati del Casellario sui pensionati Inps, intanto, emerge, come riporta Ansa, che “le prestazioni del sistema pensionistico italiano vigenti alla fine del 2022 sono 22.772.004, per un ammontare complessivo annuo di 322.233 milioni di euro, che corrisponde a un importo medio per prestazione di 14.150 euro. Rispetto al 2021, il numero di prestazioni è aumentato dello 0,06% e il corrispondente importo complessivo annuo è aumentato del 2,9%”. Inoltre, “il 58% delle pensioni erogate nel 2022 ha un importo mensile inferiore ai 1.000 euro, mentre la quota di pensionati con un reddito da pensione al di sotto di questa soglia scende al 31,9%, per la possibilità di cumulo di più trattamenti pensionistici”.
RIFORMA PENSIONI, LA PERDITA PER ALCUNI DIPENDENTI PUBBLICI
Continua a far discutere la misura contenuta nella Legge di bilancio che interviene con una revisione delle aliquote di rendimento previdenziali per alcune categorie di dipendenti pubblici. Un’analisi della Cgil stima che la “penalizzazione” possa essere di quasi 4.500 euro l’anno per chi ha un retribuzione lorda 30.000 euro l’anno, raggiungendo punte superiori ai 7.000 euro per retribuzioni di 50.000 euro lordi l’anno. In questo secondo caso, considerando l’attesa di vita media e il pensionamento di vecchiaia a 67 anni dal 2024, i mancati introiti supererebbero i 118.000 euro”. Si capisce bene perché, quindi, i sindacati stiano protestando in maniera piuttosto forte contro questo intervento, che potrebbe anche spingere i dipendenti pubblici che possono ad andare in quiescenza prima della fine dell’anno per non subire penalizzazioni.
LE PAROLE DI SBARRA
Anche Luigi Sbarra, Segretario generale della Cisl, intervistato dal Corriere della Sera si mostra abbastanza critico: “Le pensioni sono un diritto sacrosanto delle persone. Sono salario differito. È sbagliato stringere le maglie del sistema a quote, così come ridurre aliquote e rendimenti per i lavoratori pubblici della sanità, degli enti locali, dei medici, della scuola: non possiamo far cassa con chi ha lavorato una vita pagando i contributi”. Sbarra aggiunge poi che “occorre rafforzare e non ridurre le flessibilità in uscita dal mercato del lavoro, risolvere la questione Opzione donna, assicurando anche la piena indicizzazione delle pensioni per quelle che vanno oltre 4 volte l’assegno minimo. Sono persone che hanno versato contributi previdenziali, per anni non hanno visto alcun adeguamento al costo della vita nei propri trattamenti, per di più falcidiati dall’inflazione”.
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