VERSO LA RIFORMA PENSIONI: L’ALLARME DI TRIDICO (INPS) SULLE BABY PENSIONI
All’alba di una nuova riforma pensioni da lanciare e attuare in questo 2023, l’Italia non può permettersi ricorsi alle “logiche” del passato, come ad esempio l’introduzione delle “baby pensioni” (dalla legge del Governo Rumor del 1973) o una spesa previdenziale non più sostenibile dalle casse dello Stato. Se ne è discusso ieri nella sede della Società Dante Alighieri a Roma, alla presentazione del libro “Il lavoro di oggi la pensione di domani. Perché il futuro del Paese passa dall’Inps”, del Presidente Inps Pasquale Tridico scritto assieme al giornalista Enrico Marro. Sono 256mila i beneficiari delle baby pensioni per un costo che attualmente raggiunge i 102 miliardi di euro, ma che sale a 130 miliardi complessivi aggiungendo gli assegni nel frattempo considerati “eliminati” dall’Inps.
Lo spiega il Presidente uscente Tridico nel volume dedicato ai privilegi avvenuti nel passato che non possono non determinare-fissare criteri per la prossima nuova riforma pensioni a 360 gradi: le baby pensioni approvate dal Governo di Centrosinistra nel 1973, «quando ancora ci si cullava nell’illusione di una crescita senza fine, una classe politica miope a non immune da tentazioni clientelari arrivò al punto (governo Rumor, con Dc, Psi, Psdi e Pri)» fu il caso più eclatante di «privilegio pensionistico». Ad oggi, sono ancora 185mila i trattamenti “attivi” con un costo annuale di 2,9 miliardi di euro: Tridico ha spiegato come siano 42 anni l’età media delle donne e 45 quella degli uomini per gli attuali beneficiari della riforma sulle baby pensioni: «in media, un baby pensionato sta usufruendo dell’assegno da 36 anni se donna e da 35 anni se uomo».
ZUPPI (CEI): “RIFORMA BABY PENSIONI, LOGICA NON È STATA SCONFITTA”
Da ultimo – ancora come monito per evitare in futuro una riforma pensioni che non tenga conto del tema “sostenibilità” previdenziale – il Presidente dell’Inps indica che i baby pensionati deceduti in vita hanno goduto del trattamento per 28 anni (29 anni le donne, 26 gli uomini), con gli anni di contribuzione medi che sono stati 22 anni per le ex lavoratrici e 25 anni per gli uomini. «La logica che ha portato all’introduzione delle ‘baby pensioni’ non è stata sconfitta ed è una logica pericolosissima, come quella dei bonus, basata sull’opportunismo»: lo ha denunciato ieri alla conferenza con Tridico il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Matteo Maria Zuppi.
L’arcivescovo di Bologna ha dialogato sul tema della previdenza e della riforma pensioni provando ad alzare lo sguardo verso cosa potrebbe attendere ora nell’immediato futuro i lavoratori in Italia: «L’ascensore sociale – prosegue il Presidente dei vescovi – è rotto nel nostro Paese, oppure, ho l’impressione che funzioni solo per andare giù». Nel corso del dibattito il Presidente Tridico ha sottolineato infine come il poter fissare una soglia ipotetica di salario minimo a 9 euro lordi potrebbe portare il rateo pensionistico di ogni cittadino al 10% più alto, ma con questo «non si pensi che si tratti di una pensione alta perché un salario minimo di 9 euro per 30 anni vuol dire andare in pensione con 750 euro, che non è una pensione alta. Si dovrebbe lavorare 40 anni per avere una pensione sopra i 1000 euro che, con 9 euro lordi, vuol dire 1200 euro netti scarsi al mese. Quindi la vera chiave di volta che può portare a pensioni più alte è solo il lavoro di qualità».