LE PAROLE DI CAZZOLA
Il 19 gennaio è in programma l’incontro tra Governo e sindacati per parlare di riforma delle pensioni, Giuliano Cazzola, intervistato da pensioniperutti.it, spiega di rimanere della propria idea “perché non amo creare illusioni a differenza di molti altri: il Governo si è impegnato a fare una riforma organica l’anno prossimo che entrerà in vigore nel 2024. Le linee guida sono state enunciate dal ministro Calderone in Senato, in termini tanto generici che rendono difficile la possibilità di farsi un’idea. Ma è improbabile che il Governo, che ha usato cautela per l’anno in corso, cambi strategia nell’ambito della riforma. Comunque il 19 gennaio iniziano gli incontri a livello tecnico”. “Se in materia di pensioni alla fine tutti i governi – qualunque sia il loro orientamento – finiscono per fare più o meno la stessa politica forse ci sono delle ragioni oggettive”, aggiunge l’ex deputato, facendo quindi capire che ci sono dei partiti che “hanno campato per anni su promesse insostenibili”.
PENSIONI OPZIONE DONNA, I POSSIBILI MARGINI PER CORREGGERE LA RIFORMA
Lo scorso 2 gennaio ad “Agorà” la fondatrice ed amministratrice del Comitato Opzione donna social, Orietta Armiliato, è intervenuta provando a spiegare come la riforma pensioni di “Opzione Donna” dopo l’ultima Manovra 2023 è stata di fatto tramutata in una misura semi-assistenziale. Avendo però ricevuto poco spazio in trasmissione, i colleghi di “Pensioni Tutti” l’hanno intervistata per sentire meglio la sua versione frutto di un rapido scontro a distanza con la parlamentare FdI Chiara Colosimo (membro della Commissione Affari Sociali alla Camera).
«Opzione Donne è divenuta una misura pseudo assistenziale, che premia chi ha un handicap, chi assiste persone con handicap e che prevede uno sconto anagrafico per chi ha avuto/potuto/voluto avere figli», ha sottolineato Armiliato contestando la posizione di Colosimo che in trasmissione aveva sostenuto, «il fatto di premiare le donne in quanto madri non è affatto discriminatorio». La coordinatrice del Comitato Opzione Donna social ha invece ribadito come sul fronte pensioni, «selezionare le donne in base al numero dei figli non é solo discriminatorio ma é profondamente offensivo». Di contro, la stessa Armiliato ha ricordato come dal Governo l’onorevole Rizzetto (FDI) ha comunque fatto sapere che nei prossimi mesi verranno posti alcuni correttivi sulla riforma pensioni contenuta in Manovra, in particolare modo su Opzione Donna. (agg. di Niccolò Magnani)
LE RICHIESTE DI FNP E CISL
Commentando i dati sulle pensioni erogato nella provincia di Fermo, Lanfranco Rocco, Segretario territoriale della Fnp-Cisl, ricorda che in tema di riforma delle pensioni e di tutela del potere d’acquisto dei pensionati “c’è ancora molto da fare. La Fnp, insieme alla Cisl, chiede al Governo l’apertura di un tavolo di confronto per una modifica complessiva del sistema previdenziale, con la quale affrontare le tante questione aperte”. Il sindacalista evidenzia che “oltre a quella della rivalutazione dei trattamenti, segnaliamo la necessità di introdurre maggiore flessibilità in uscita dal mercato del lavoro, di introdurre una pensione di garanzia per i giovani precari e di riconoscere ai fini previdenziali il lavoro di cura svolto dalle donne, specie nei confronti delle persone anziane e non autosufficienti”. Come noto, il 19 gennaio si terrà un incontro tra Governo e sindacati proprio sul tema delle pensioni. Vedremo a quali risultati porterà.
LE PAROLE DI RICOLFI
Luca Ricolfi, intervistato da policymakermag.it, spiega di trovare nella Legge di bilancio una conferma della sua tesi circa il fatto che la difesa dei deboli, uno dei grandi ideali della sinistra, sia di fatto migrato a destra. “La maggior parte delle misure varate è pro fasce deboli: aumento delle pensioni minime, incremento dell’assegno unico, sgravi sulle bollette, carta risparmio spesa, decontribuzione completamente a favore dei lavoratori (e non delle imprese)”, spiega il sociologo, che aggiunge che “quanto alle imprese e ai ceti medio-alti, se si eccettuano le agevolazioni alle società sportive e l’estensione della flat tax delle partite Iva (che in realtà è una misura interclassista), i due interventi più pesanti sono a loro danno: tassa sugli extra-profitti, mancato adeguamento delle pensioni medie e alte”. Dunque, “se un marziano scendesse sulla terra e dovesse indovinare il colore politico del Governo solo in base ai contenuti della Manovra, credo che non esiterebbe a definirla di sinistra”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BRAMBILLA
Alberto Brambilla critica il blocco parziale delle rivalutazioni delle pensioni inserito nella Legge di bilancio, spiegando che “rappresenta una punizione severa per i pensionati che hanno più di quattro volte il trattamento minimo. È inoltre uno schiaffo al merito perché, invece di premiare chi ha meritato la pensione che riceve, si premia chi in 67 anni di vita non è riuscito a pagare nemmeno quindici annidi contributi”. Intervistato da Libero, il Presidente di Itinerari Previdenziali ricorda che “il Governo Draghi, dopo circa vent’anni, aveva ripreso la regola fondamentale del sistema pensionistico italiano che prevede la rivalutazione piena al 100% per gli assegni fino a quattro volte il minimo, poi del 90% tra quattro e cinque volte e del 75% per la quota eccedente”.
LA PERDITA PER I PENSIONATI
Ora il Governo Meloni ha deciso di cambiare tale meccanismo per la rivalutazione, “che rimane piena solo per gli assegni inferiori a quattro volte il minimo per poi scendere al 35% per chi riceve oltre dieci volte il trattamento minimo. Mentre viene fissata al 120% solo per le pensioni sociali o assistenziali. Il problema è che la rivalutazione viene calcolata sull’intero importo, e non sullo scaglione. Credo che ci siano forti profili di incostituzionalità: gran parte di queste pensioni sono contributive e il sistema contributivo prevede una rivalutazione pari al 100% del tasso di inflazione”. Brambilla spiega anche che “ipotizzando un’inflazione al 10%, chi riceve un assegno pari a 8 volte il minimo, ovvero 4.200 euro lordi, prenderà a titolo di rivalutazione il 2,92%. Con un’inflazione del 2%, questi pensionati nei prossimi dieci anni perderanno tra i 13mila euro e i 115 mila euro”.
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